Covid e Regioni mettono in ginocchio l'Italia, ma va avanti da mezzo secolo. Nella foto Conte e Zingaretti Covid e Regioni mettono in ginocchio l'Italia, ma va avanti da mezzo secolo. Nella foto Conte e Zingaretti

Covid e Regioni mettono in ginocchio l’Italia, ma va avanti da mezzo secolo

“Non è il Covid che sta mettendo in ginocchio l’Italia”. Per Ernesto Galli della Loggia non c’è solo il coronavirus.

Sono il Covid e le Regioni, il micidiale intreccio delle due cose”. Per Ernesto Galli della Loggia si deve tornare alla Costituzione, “quella in vigore dal 1948 al 2001. Prima cioè che una decisione sciagurata spingesse la Sinistra a modificare l’ordinamento della Repubblica. Assegnando alle Regioni una somma di poteri che ne hanno fatto un virtuale contropotere dello Stato centrale”.

Non c’è dubbio, giudizio severo ma che apre una discussione ineludibile.

Il normale ed auspicabile rapporto dialettico tra Istituzioni è altra cosa rispetto allo scontro in atto tra Stato e Regioni causato dal covid.

Emerge oggi con evidenza una stortura che impedisce al sistema di funzionare.

Galli della Loggia pone la questione dalla prospettiva costituzionale. E scrive che

“i padri costituenti previdero l’esistenza di una struttura regionale ma saggiamente ne limitarono la portata a un ambito rigorosamente amministrativo. Secondo quello che era stato l’auspicio delle forze democratiche fin dall’Unità”.

Ed aggiunge che le politiche di decentramento dal 1970 in poi, hanno prodotto

“un rilevantissimo passaggio di competenze alle Regioni stesse. O la possibilità data loro di partecipare in una serie di decisioni del governo centrale”.

“Un ordinamento regionale così marcatamente autonomistico” prosegue Galli della Loggia “ha rilanciato a dismisura un dato storico della Penisola: il localismo. Che in Italia non è tanto il legittimo orgoglio delle proprie origini e dei suoi luoghi, un lodevole sentimento di affetto per entrambi e per la propria comunità. Ma tende subito a divenire qualcos’altro. Una meschina diffidenza per tutto ciò che non è più grande, la presunzione di saper far meglio da soli”.

Effettivamente è questa la sensazione che emerge dalla lettura delle cronache quotidiane. È maturato cioè un sentimento nel quale la dimensione locale e quella nazionale divergono. Galli della Loggia scrive, sempre nel medesimo articolo, di

“virtuale frantumazione del nostro sistema politico in una molteplicità di subsistemi politici regionali. Ognuno deciso a fare da sé, soprattutto ognuno diretta emanazione di un ras locale”.

Per Galli della Loggia la disgregazione delle strutture di partito,

“dotate di una più o meno effettiva capacità di direzione. La cui esistenza valeva ad assicurare non solo una certa omogeneità d’indirizzo del partito stesso nell’intero Paese. Ma anche un vaglio e una cernita da parte del centro dei gruppi dirigenti locali”, ha favorito la “frantumazione regionalistica”.

Non solo. La presenza di

“una compagine di governo dotata a vario titolo di una qualche autorevolezza. Vuoi per la forza politica della sua maggioranza. Vuoi per la personalità del presidente del Consiglio e di almeno una parte dei ministri” avrebbe rappresentato, in questo senso, un valido ostacolo.

Nemmeno tanto velatamente Galli della Loggia tira in ballo il Pd:

“Emblematica in questo senso è stata la parabola del Partito democratico. Che in un certo senso era l’erede dell’intera tradizione partitica nazionale”.

Ma ce n’è anche per il Governo Conte, e gli altri che l’hanno preceduto.

“Ormai sono anni infatti che per mille ragioni il governo centrale italiano sta perdendo forza e capacità di direzione. Sta vedendo scemare ogni giorno il suo controllo sull’operato delle proprie amministrazioni. E sulla vita reale del Paese. Ormai sono anni che da esso e dai suoi uomini non viene più alcuna idea generale, alcuna iniziativa di respiro, alcun impulso significativo. Che la sua leadership va riducendosi a nulla”.

“Ma fino a quando, questa è la domanda, fino a quando tutto ciò può durare?”

si chiede in chiusura di editoriale Galli della Loggia.

Da qualsiasi prospettiva la si guardi, e comunque la si pensi, il tema c’è tutto.

Non è ora il tempo per aprire una discussione, le emergenze sono altre, ma sarà importante non perdere memoria di quel che sta succedendo.

Arriverà il giorno nel quale saranno maturate le condizioni per entrare nel merito della questione. Ed allora la politica, ma non solo, sarà chiamata a confrontarsi con questo problema.

Certo, il dibattito si porterà dietro anche altri temi, complicando e di molto il groviglio delle contrapposizioni.

Ma del resto, è altresì evidente, che il nodo da sciogliere non è solo quello delle competenze tra Stato e Regioni.

Sarebbe un errore irreparabile impostare un ragionamento esclusivamente sul rapporto giuridico tra un Dpcm ed una ordinanza regionale. Il nodo è anche, e soprattutto, politico.

Emerge ormai in modo chiaro e drammatico una difficoltà alla quale gli attuali partiti e movimenti non sono riusciti a dare soluzione. Ovvero, la formazione della classe dirigente.

Staremo a vedere.

Per adesso salviamo in memoria questo editoriale di Ernesto Galli della Loggia. Materiale utile per cominciare a formarsi un’idea.

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