“Crescita no e riforme nemmeno: 2014 buttato”. Giuseppe Turani

di Giuseppe Turani
Pubblicato il 17 Luglio 2014 - 14:14 OLTRE 6 MESI FA
"Crescita no e riforme nemmeno: 2014 buttato". Giuseppe Turani

“Crescita no e riforme nemmeno: 2014 buttato”. Giuseppe Turani (foto LaPresse)

ROMA –  Crescita significativa non ci sarà, riforme probabilmente neppure. Con queste premesse il 2014 rischia un altro anno buttato via. E’ il duro commento di Giuseppe Turani all’azione di governo. Commento pubblicato sul sito “Uomini e Business”. 

Scrive Turani:

 

Questo 2014 rischia di essere un altro anno buttato via. Difficile che ci sia una crescita significativa. E, forse, non sin vedranno nemmeno le riforme. In più la scena politica è agitata come non mai. Tutti aspettano gli aiuti di Bruxelles per rilanciare l’economia (problema chiave dell’Italia), ma si sa già che arriverà (se arriverà) poco e tardi. Per il resto si fanno polemiche su questo e su quello (compresa la questione delle preferenze nella nuova legge elettorale).

Per la verità, la politica italiana in questo momento ricorda l’immagine di quell’allegro signore che, dopo una serata passata al pub, invece di puntare dritto verso cada, continua a girare intorno allo stesso lampione, chiedendosi dove mai sia finita la sua abitazione.

La politica italiana sa benissimo che qui i problemi chiave sono le troppe tasse e una spesa pubblica che è troppo elevata e che nessuno (sembra) riesce a governare.

La politica, che ha sempre paura di alienarsi il favore popolare, ha evitato di affrontare di petto la questione e ha preferito lavorare di lima e in modo morbido, dando la caccia agli sprechi.

Ma i risultati non si sono visti e non si vedranno. Lo abbiamo già scritto un centinaio di volte, ma bisogna ripetersi: la questione della spesa pubblica non è contabile (o non solo), ma è politica. Nel senso che lo Stato deve ridurre un po’ il suo perimetro d’azione. Deve diventare insomma più leggero.

I modi sarebbero tanti. Ad esempio si potrebbero mettere sotto controllo le Regioni, che ormai si muovono come stati nello Stato (hanno anche rappresentanze all’estero). Poi si potrebbe fare qualche riflessione sulle nostre forze militari: siamo un paese in crisi, perché abbiamo missioni militari in venti paesi? Non siamo mica i poliziotti del mondo. Non riusciamo nemmeno a catturare i ladri di casa nostra.

Poi si potrebbe cercare di capire se così tante università (quasi cento) servano davvero allo sviluppo del paese o se non siano un pretesto per distribuire stipendi a professori, assistenti e bidelli. E, naturalmente, titoli di studio inutili.

Infine siamo sicuri che tutta quella carta che gira per gli uffici pubblici e le banche (e le compagnie di assicurazione) sia indispensabile? Non credo proprio.

Per “cambiare verso” davvero ci vuole molto coraggio. E bisogna anche mettere in conto che, dopo, si può essere mandati a casa. Alla gente non piace essere tirata fuori dalle proprie illusioni.