ROMA – Santo Della Volpe ha pubblicato questo articolo anche su Articolo 21 col titolo “Diffamazione: meglio nessuna nuova legge che una pessima legge”.
La legge sulla Diffamazione a mezzo stampa in discussione alla Camera dei Deputati ,dopo le modifiche introdotte al Senato, appare sempre di più una legge bavaglio, che limita le libertà costituzionali sancite dall’Articolo 21 della Carta fondativa della nostra Repubblica. Non solo perché sulle Querele Temerarie si è introdotto un articolo che apre una breccia ,ma che alla fine sembra solo un palliativo; il vero problema è che impedisce, di fatto, la rettifica ragionata: Nella legge in discussione si introduce l’obbligo di pubblicazione della rettifica inviata da chi si ritiene diffamato senza possibilità di risposta da parte del giornalista e/o della testata. Un fatto che trasforma i giornali in possibili gazzette di presunti diffamati (mafiosi o potenti di turno) che possono obbligare i giornali, ai sensi di questa legge (se venisse così approvata), prendendosi anche una pagina intera di giornale, senza possibilità di sintesi o di risposta da parte del giornalista. Una chiara limitazione della libertà di stampa che si fonda sulla necessaria scelta del giornalista sulla discrezionalità per la pubblicazione di una notizia, se la ritiene tale o se pensa che non sia pubblicabile. Non solo: Per le testate online va fatto “non oltre due giorni”, “con la stessa metodologia, visibilità e rilevanza”. Se non si rettifica entra in scena il giudice che “irroga la sanzione amministrativa”, avverte il prefetto e pure l’ordine professionale. Il quale sospende fino a sei mesi. Ma se la notizia e’ vera o poi risulta vera , il giornale o sito web o tg deve comunque pubblicare la rettifica? Non e’ chiaro e soprattutto si mette solo l’organo di informazione in condizione di dover dimostrare la verita’ di un fatto , come se scrivere una inchiesta o un articolo di denuncia giornalistica significasse andare immediatamente sul banco degli imputati. Inoltre oltre alla rettifica e alla richiesta di aggiornare le informazioni, l’interessato “può chiedere l’eliminazione, dai siti internet e dai motori di ricerca, dei contenuti diffamatori o dei dati personali”. Addirittura, secondo il testo al senato, l’interessato può chiedere al giudice “di ordinare la rimozione delle immagini e dei dati ovvero di inibirne l’ulteriore diffusione”. Un errore madornale perche’ e’ profondamente sbagliato trattare il diritto all’oblio come Diffamazione: non solo solo due cose diverse, ma cosi facendo si introduce la facolta’ concreta di chiedere la rimozione di un articolo o blog saltando l’iter giudiziario.
Per di più, alle testate online si impongono tempi molto ristretti per la rettifica: entro due ore. Sono termini davvero molto gravosi e in certi casi ingestibili, impediscono ,ad esempio, il controllo della notizia.
Come ha detto il senatore Pd, Felice Casson “di positivo, nel ddl, c’è che finalmente viene cancellata la previsione del carcere per i giornalisti…”. Il carcere non c’è più, ma ci sono le multe. Normalmente fino a 10mila euro. Ma fino a 50mila “se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto falso, la cui diffusione sia avvenuta con la consapevolezza della sua falsità“. Rispondono anche, “a titolo di colpa”, il direttore o il vice direttore responsabile. “La pena è in ogni caso ridotta di un terzo“. Ma i due rispondono pure “nei casi di scritti o di diffusioni non firmati”. Come dire: il carcere non c’è più ma la mannaia sul capo,pendente con 50mila euro di multa, resta. Allora meglio restare come ora. Tanto più che il pericolo di multa si accompagna ancora con l’uso delle Querele Temerarie: ribadiamo che e’ necessario togliere questo pericolo in sede di causa civile, che pende sul lavoro dei giornalisti italiani che vogliono far luce su corruzione, mafie e malaffare italiano. Al Senato c’e’ spazio per introdurre di nuovo questa deterrenza, anche in sede civile, magari incominciando subito a prevedere una forte deterrenza dentro la riforma del Codice Civile che il Parlamento deve discutere su input del governo: Anche perche’ nel testo in discussione al senato, e’ solo introdotta una forma blanda di deterrenza in sede penale . E poi la cifra decisa dal legislatore in questa nuova legge sulla Diffamazione , va da 1000 a 10000 Euro : e’ troppo bassa per essere una vera deterrenza. Andrebbe alzata almeno arrivando “da 3000 a 30000 Euro”.
Avevamo così’ proposto, come gruppo di lavoro dello Sportello contro le Querele Temerarie, l’ aggiunta di un comma alla legge che prevedeva la possibilità’ per il giudice della sezione civile del tribunale, di condannare il querelante ad un risarcimento che andasse ,in percentuale, dal 10 al 50% della cifra inizialmente richiesta al querelato ,nel caso sia dimostrata la manifesta infondatezza della querela e risarcimento connesso, inizialmente richiesto. In questo modo diminuirebbero, secondo gli esperti civilisti, le ” tentazioni ” di ricorrere alla richiesta di risarcimento per impedire articoli scomodi. Ma alla camera l’emendamento che prevedeva espressamente un “Controrisarcimento” del 50% del querelante a favore del giornalista ingiustamente querelato , era stato fatto ritirare a forza dai partiti dell’opposizione, spalleggiati da alcuni dissidenti della maggioranza. Alla Commissione giustizia del Senato non sembra neanche essere approdato alla discussione. Ora chiediamo che sia introdotto nella riforma del Codice Civile. Almeno questo.Intanto però la legge sulla Diffamazione, così com’è ora in discussione non va proprio: a nulla sembrano esser serviti incontri, audizioni, convegni e dibattiti.
E allora diciamo con chiarezza che piuttosto che una nuova legge peggiorativa ,resti quella attuale, la legge 47 del 1948, nata nel dopoguerra, sicuramente vecchia, ma almeno basata sui principi costituzionali allora “freschi” di stampa e di introduzione nella vita politica della Repubblica, sulla base di una vera cultura dello stato di diritto.Per essere ancora più chiari : si tolga il carcere dalla vecchia legge e si lasci tutto il resto dell’impianto della legge del 1948 ( e successive modifiche), così com’è: lasciando ai giornalisti la necessaria autoregolamentazione. Ma questa volta , che sia veramente una vera autoriforma, promossa e gestita dall’Ordine dei Giornalisti. Si riporti a galla il Giurì, facciamolo noi giornalisti. Perché, da parte nostra va affrontata da subito una discussione per cambiare, migliorare e rafforzare l’Ordine dei giornalisti, per riformarne il ruolo in senso deontologico, eliminandone gli aspetti più vecchi e desueti.
E’ l’altro aspetto della riforma della Diffamazione che noi dobbiamo esser capaci di offrire alla Pubblica Opinione, in difesa della dignità dei cittadini’ e delle garanzie costituzionali della nostra Societa’.: il diritto dei cittadini ad essere informati correttamente e senza diffamazione si deve coniugare con il diritto- dovere dei giornalisti ad informare senza alcun condizionamento , in piena libertà di coscienza ,nel rispetto della propria deontologia professionale.
Ma senza bavagli e senza usare questa legge sulla Diffamazione per chiudere la bocca ai giornalisti che debbono e vogliono fare informazione libera e inchieste senza pregiudizi o mannaie pendenti
sul capo.
Altrimenti, lo ripetiamo di nuovo, tanto vale lasciare la legge attuale ,togliere solo il carcere ed introdurre in sede civile, la deterrenza per le querele temerarie sul modello anglosassone.