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Dopo Altavilla, se pensiamo di nascondere la follia voltandoci, siamo noi i folli, la follia è tra noi dentro noi

Altavilla, una storia di follia che ci porta indietro di mille anni. Come può uno scoglio arginare il Male. Per Lucio Battisti, uno dei poeti più sensibili della musica italiana, era il mare, quello delle emozioni, la cosa difficile da arginare. I fatti di Altavilla, gli esorcisti che hanno torturato ed ucciso una donna e due bambini innocenti, possono con certezza iscriversi a questo enorme disagio, che come bombe innescate è sotto la superficie della nostra società.

E poi, all’improvviso, con piccoli segnali che non riusciamo a gestire, la bomba che è dentro di loro, i folli, accanto a noi, le vittime, deflagra come un’atomica dell’anima. La nostra società sta galleggiando su un mare di disagio, il male mentale. Che vive sotto il pelo dell’acqua della nostra indifferenza, dei sensi di colpa, della mancanza di cura, personale, familiare, sociale. La nostra società rifiuta, rimuove il disagio mentale.

Prima, a cavallo di Ottocento e Novecento, mettevamo i diversi, i disturbati disturbanti, i folli, nei residui manicomiali. Li facevamo sparire, come difetti di produzione della specie. Poi in Italia la legge Basaglia ha cancellato l’istituzionalizzazione. Ma con cosa, con quale enorme investimento in servizi l’abbiamo sostituita? Con poco, molto poco, con dei missionari della salute psichica, come quelli immortalati in Mission di Roland Joffè, nell’Amazzonia del Male mentale. Ma i residui manicomiali non sono scomparsi, vanno solo ad esaurimento.

Se qualcuno vuole vedere cosa abbiamo nascosto, quante vite abbiamo cancellato, basta recarsi al Papa Giovanni XXIII, sulle Serre calabresi, o al Don Uva di Bisceglie, dove sono scoppiati scandali. Troverete ancora centinai di folli, di persone malate irrecuperabili forse, che vivono lì da decenni, sepolte da una società che li ha rifiutati. 

Ad Agrigento, davanti ad un panorama tra i più belli del mondo, quello della Valle dei templi, c’è l’ex manicomio della città, oggi sede dell’Asp agrigentina. Sul frontone neoclassico campeggia una frase. Qua non tutti ci sono non tutti lo sono. Non tutte le persone che sono folli sono qua, e non tutti quelli reputati tali sono veramente folli. Frase molto pirandelliana, che ci dice che se pensiamo di nascondere, circoscrivere la follia, per rassicurarci voltandoci dall’altro lato, siamo noi i folli. La follia è tra noi, dentro di noi. Bisogna solo averne consapevolezza.

Marco Benedetto

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