Dpcm. Italia tricolore ma arancione al posto del bianco: viva i parrucchieri Dpcm. Italia tricolore ma arancione al posto del bianco: viva i parrucchieri

Dpcm. Italia tricolore ma arancione al posto del bianco: viva i parrucchieri

Chiamiamola come più ci aggrada: scontro, disputa, braccio di ferro, divisione di idee, conflitto, guerriglia.

Comunque sia, è finito questo lungo ed estenuante contrasto fra Stato e regioni. In nottata, il premier Giuseppe Conte ha firmato il nuovo Dpcm. Che rende e renderà (fino al 3 dicembre) l’Italia diversa. Rossa, arancione, verde a seconda della pericolosità del virus. Sarà il ministro della salute Roberto Speranza a dare il voto ed a decidere chi dovrà abbassare la saracinesca senza se e senza ma.

E chi, invece, potrà in un certo qual modo muoversi all’interno del territorio. I giochi del dpcm (se così possiamo definirli) sembrano però fatti. Il cartellino rosso va alla Lombardia, al Piemonte e alla Calabria. Le prime due regioni per il numero dei contagiati. La terza perché negli ospedali la rianimazione è già oltre il livello di guardia. A ruota, ma con le stesse limitazioni, Alto Adige e Valle d’Aosta .

Immediatamente dopo, con il colore arancione, la Puglia, la Sicilia e forse la Liguria e il Veneto. Mentre Campania e Lazio, per il momento, si salvano. La Capitale non è a rischio e là dove “lavorano” parlamentari. E, perché no, il vertice del Vaticano, rimane tutto come prima.

Il coprifuoco del dpcm non vede eccezioni. Da giovedì in poi, nessuno potrà uscire di casa dalle dieci di sera alle cinque de mattino. Tranne che per motivi urgentissimi. I parrucchieri e gli estetisti sono salvi, mentre sono sospesi i concorsi pubblici, anche quello della scuola su cui si era innestata una violenta polemica.

Fine della telenovela per gli aspiranti docenti. E ennesima sconfitta per il ministro Lucia Azzolina. Che prima aveva dato il via al concorso. E poi lo aveva difeso a spada tratta quando molti esponenti del governo. E gran parte delle forze politiche spingevano per sospenderlo.

Ecco dunque l’Italia con cui dovremo vivere da giovedì in avanti. Un fatto è certo. La diaspora fra Stato centrale e periferia avrà un break. Ma questo non significa che tutto filerà via liscio anche nel prossimo futuro. Le regioni non si fidano più del premier. Considerano che Roma se ne sia lavato le mani. E abbia passato il cerino ai governatori.

Saranno loro nelle zone rosse, arancioni e verdi a prendere quei provvedimenti antipopolari che non gioveranno a quanti guidano il territorio. Gli ospedali sono sull’orlo del collasso. Le terapie intensive soffrono. E si teme che presto Ppossano essere al di là del limite. Molti esercizi pubblici saranno costretti a chiudere definitivamente. Perché le casse sono vuote e i proprietari non sanno come pagare i loro dipendenti.

Insomma, tutto il Paese sembra vivere nel limbo in attesa di tempi migliori. Al contrario il virus non si ferma. I contagi hanno continuato a crescere (ieri sono stati 28244 con 353 morti). E’ quest’ultimo dato a preoccupare gli operatori sanitari e a gettare nel panico l’opinione pubblica. Il Covid19 non arretra e non è sul viale del tramonto come qualcuno affermava durante l’estate con eccessivo ottimismo.

Il governo e soprattutto il presidente del consiglio si augurano che questo mese di grandi ristrettezze possa dare i risultati sperati. Guai se non fosse così. La popolarità del premier, già in forte discesa, subirebbe un altro colpo e andrebbe in crisi l’intero esecutivo. La speranza è che questo non avvenga per il bene del Paese. Ma sono in molti a chiedersi: come si potrà gestire il potere quando nell’Italia di oggi 15 regioni su 20 sono in mano al centro destra e quindi all’opposizione?

Però, è noto, in politica tutto può accadere e non si possono fare previsioni.

 

 

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