Tra le cose vere, anzi verissime, che come collettività viviamo, pienamente viviamo, senza però volercele dire c’è la droga. Anzi l’uso, il ricorso, il consumo, anzi ancora l’uso e costume della droga. Leggo ad incipit di un servizio giornalistico che annuncia una produzione Rai (“Vivere non è un gioco da ragazzi”) una frase che è insieme del giornalista e di Claudio Bisio e che ci strofina sulla faccia la realtà.
Droga, cioè sballo ricreativo
La frase è appunto: “Droga come sballo ricreativo, pubblicamente stigmatizzato ma socialmente accettato”. Ed è questo in effetti l’uso e costume di massa, di popolo, di gente, di élites, di cinema, teatro, letteratura, televisione, di vita reale. La droga come mezzo per lo sballo ricreativo è presente, quasi onnipresente in ogni segmento sociale, anagrafico, culturale. Lo sballo ricreativo è nel costume sociale più che legittimo, quasi anzi dovuto, quasi un diritto. Un po’ come la “realizzazione dei propri sogni” e “sii sempre te stesso” senza star poi lì a vedere quali sogni siano e chi e cosa sia quel “te stesso” da realizzare. Lo sballo ricreativo ci spetta, il senso e la pratica comune coincidono al riguardo. E però la, chiamiamola pubblica coscienza, si è messa d’accordo anche su una pubblica e condivisa e colossale menzogna, quella he declina: sballo ricreativo sì, droga no. Lo sballo ricreativo, con le sue droghe propedeutiche, lo viviamo in ogni luogo, ogni sera, in ogni ambiente e ad ogni età. Con accettata naturalezza. E con altrettanta naturalezza condanniamo, perseguiamo, stigmatizziamo come disvalore l’uso delle droghe.
Raccontiamocela giusta…
Presuntuoso oltre che arduo prescrivere, giudicare, sentenziare quale sia l’uso e costume “giusto” riguardo allo sballo ricreativo. Però potremmo almeno raccontarcela giusta, giusta non nel senso di come deve essere ma nel senso di come è davvero che stanno le cose. Ma raccontarcela giusta, cioè almeno vera, è uno degli usi e costumi più dismessi e negletti. Se ne trova traccia, ormai quasi antica, solo in qualche libro.