Emanuela Orlandi 40 anni dopo, commissione parlamentare di inchiesta inutile e costosa ma serve per i giornali, i titoli fanno sempre comodo Emanuela Orlandi 40 anni dopo, commissione parlamentare di inchiesta inutile e costosa ma serve per i giornali, i titoli fanno sempre comodo

Emanuela Orlandi 40 anni dopo, commissione parlamentare di inchiesta inutile e costosa ma serve per i giornali

Emanuela Orlandi 40 anni dopo. Non c’è due senza tre.

Ecco infatti che, sulla scorta della decisione presa il 10 gennaio dal promotore di giustizia vaticano di aprire un’indagine sulla scomparsa di Emanuela Orlandi – a dire il vero anticipata da analoga decisione presa il 10 aprile di tre anni fa  – il deputato del PD Roberto Morassut, il senatore di Azione Carlo Calenda e la deputata del M5S Stefania Ascari hanno lanciato anche loro la proposta di un’inchiesta parlamentare che faccia luce sul mistero delle scomparse di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori.

I tre parlamentari, ai quali si sono aggiunti altri colleghi, sono arrivati terzi, cioè per ora ultimi, perché il primo a portare in Parlamento il tema della scomparsa della Orlandi è stato Walter Veltroni, che, nel gennaio 2012, insieme con i colleghi Alessandro Maran, Sena Amici, Roberto Giachetti, Marco Beltrandi e Maria Coscia, presentò una rumorosa interrogazione parlamentare, causa di un successivo battibecco a marzo con l’allora ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri.

Qualche anno più tardi il senatore Vincenzo Santangelo del M5S promise sul suo profilo Facebook che, se fosse stato rieletto, avrebbe fatto istituire un’apposita commissione d’inchiesta parlamentare sul caso Orlandi. La promessa è stata fatta il 13 agosto 2017, cioè stranamente in piena caldana estiva e annesse vacanze. Dopodiché Santangelo è stato rieletto (collegio di Trapani) ed è anche diventato sottosegretario del Ministero dei Rapporti con il Parlamento e della Democrazia Diretta (che, a parte le chiacchiere roboanti, nessuno ha mai saputo cosa fosse), ma sull’argomento ha preferito far calare il silenzio. 

Ultimi, ma i più ambiziosi. Il nuovo terzetto parlamentare infatti rilancia alzando la posta: nell’apposita conferenza stampa ha annunciato che vuole 

“una commissione d’inchiesta bicamerale che faccia chiarezza una volta per tutte su alcuni dei grandi misteri italiani. Dalla scomparsa nel 1983 delle due quindicenni Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, sparita il 7 maggio 1983, fino all’omicidio ancora irrisolto di Simonetta Cesaroni il 7 agosto 1990 in via Poma a Roma”. 

Verrebbe da chiedersi: e la massa di altri omicidi irrisolti? Tutti ignorati perché non utili per fare e farsi pubblicità? Qualcuno deve però aver avvertito i tre parlamentari che il delitto Cesaroni con i misteri Orlandi e Gregori non c’entra assolutamente nulla. E così il 23 marzo 2023 in Parlamento, al momento della presentazione e votazione per la creazione della commissione, il nome di Simonetta Cesaroni non viene fatto da nessuno. 

L’intervento più ambizioso, ma morto in partenza, è stato quello di Calenda, il quale, suggestionato dalla miniserie Vatican girl di Netflix, già a novembre intimava: 

“E’ oramai chiaro che il Vaticano sa perfettamente cosa è accaduto a questa povera ragazza di 15 anni. È dovere dello Stato italiano pretendere la verità. Il grado di protervia e arroganza delle gerarchie vaticane, anche davanti a prove documentali che attestano il coinvolgimento della Santa sede, è inaccettabile. Siamo uno Stato laico, non una comunità di vassalli della chiesa».

A parte il fatto che lo Stato italiano non può imporre nulla allo Stato vaticano, semmai può solo chiedere, Calenda tra l’altro ignora che ci sono state già richieste da parte italiana e risposte da parte vaticana. Il Vaticano permise persino, come abbiamo visto, che per le indagini sul mistero Orlandi la polizia italiana installasse nel suo centralino telefonico una apposita linea di ascolto con turni del personale della nostra polizia. 

Dai discorsi dei parlamentari che hanno illustrato le motivazioni del progetto della commissione emerge che le loro conoscenze sono ferme a una serie di piste già rivelatesi tutte infondate. Il caso Orlandi come il centro di pressoché qualsiasi intrigo politico e malavitoso degli anni Ottanta. Esclusa in partenza la pista più ovvia e purtroppo normale nei casi di scomparsa di minorenni – vale a dire, la pista del giro di amici di parenti e familiari, che è poi quella indicata con chiarezza nel 2002 da Gennaro Egidio, l’avvocato storico degli Orlandi – viene invece rilanciata la pista della pedofilia nel clero e in Vaticano.

Anche se nessuno tra quelli che sostengono questa tesi è riuscito, negli anni, a portare a sostegno una qualche prova. Fermo restando che la pista della pedofilia  è solo scandalistica e fuorviante perché i rapporti sessuali con chi ha compiuto i 14 anni di età – Emanuela ne aveva quindici e mezzo – non rientrano neppure di striscio nella definizione anche giudiziaria di pedofilia. 

Insomma, manco a farlo apposta, le rivendicazioni portate avanti dalla commissione, votata il 23 marzo alla camera all’unanimità con 245 sì e nessun voto contrario, ma non pochi assenti, si presentano come una riedizione del peggio del peggio di quanto prodotto in quattro decenni dal giornalismo cartaceo e televisivo. E il carattere pubblico delle sedute, con possibilità di eventuali sedute segrete, induce a pensare che saremo sommersi da un nuovo tsunami di notizie fasulle, continuando sostanzialmente quello che è stato ormai ridotto da tempo all’Emanuela Orlandi Show. 

La scomparsa di Emanuela e quella della sua quasi coetanea Mirella Gregori – come sempre trattata da semplice ruota di scorta, tant’è che il dossier preparato dalla commissione le dedica pochissimo spazio – vengono ritenute collegate tra loro nonostante che già nel dicembre 1997 la sentenza istruttoria del magistrato Adele Rando, accogliendo le richieste del sostituto procuratore generale Giovanni Malerba, abbia chiarito che i due casi oltre a non essere dei rapimenti politici non sono neppure tra loro collegati.

Ipotesi, quella dei rapimenti, politici o no, che è stata esclusa dallo stesso Gennaro Egidio, nel corso dei colloqui che ho avuto con lui nel 2002 e la cui registrazione con annessa trascrizione, ho consegnato di mia iniziativa nel febbraio 2012 ai magistrati Giancarlo Capaldo e Simona Maisto.

Calenda e gli altri parlamentari evidentemente non ricordano che con il Vaticano restarono lettera morta i mandati di cattura emessi il 20 febbraio 1987 dalla magistratura milanese nei confronti del vescovo Paul Marcinkus, all’epoca presidente dello IOR, e per Luigi Mennini e Pellegrino De Strobel, alti dirigenti della banca vaticana rimasta invischiata nello scandalo del crack dell’Ambrosiano.

Gli ultimi due si rifugiarono in Vaticano, mentre il primo era protetto dal passaporto diplomatico. La nostra Cassazione tagliò la testa al toro, sentenziando che lo IOR in quanto organo centrale della Chiesa è al di fuori della giurisdizione italiana. Perciò le richieste di estradizione non vennero eseguite e i mandati di cattura sparirono. Se fosse vero quello che molti sostengono, e cioè che la scomparsa di Emanuela sia dovuta ai maneggi nello IOR e dintorni, non si vede che spazi di manovra la bicamerale potrebbe avere con la banca vaticana. 

La commissione parlamentare è previsto che sia formata da 20 deputati e 20 senatori. In totale, 40 parlamentari. Chissà se almeno uno oserà chiedere a Pietro Orlandi come mai il vescovo Francesco Saverio Salerno, titolare di incarichi prestigiosi anche a carattere economico in Vaticano, parlando al telefono con una avvocatessa sua amica e con la propria nipote abbia detto di avere saputo dallo stesso Pietro che, quando lavorava allo IOR “portava soldi sporchi nei giornali”. Soldi sporchi: che significa di preciso? 

Sulla proposta di commissione bicamerale dovrà votare anche il senato. Non si sa ancora quando, ma l’esito appare scontato.

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