Emanuela Orlandi e i gesuiti, quei misteri tra 1981 e 1983..

Emanuela Orlandi e i gesuiti, quei misteri tra 1981 e 1983..
Emanuela Orlandi e i gesuiti, quei misteri tra 1981 e 1983. Una nuova teoria di Antonio Goglia

MILANO – Emanuela Orlandi e i Gesuiti, che  collegamenti ci sono fra la scomparsa di una adolescente che domina la cronaca nera da 33 anni e il potentissimo ordine da cui proviene l’attuale Papa, Francesco?

L’articolo di Antonio Goglia è preceduto da una premessa di Pino Nicotri.

L’ex carabiniere Antonio Goglia mi ha inviato un suo nuovo scritto che a suo avviso spiega perché e per opera di chi sarebbe avvenuto l’ormai mitico e mitologico “rapimento  di Emanuela Orlandi”. Non condivido neppure una parola di quanto scritto da Goglia, e considero anche questa sua nuova fatica letteraria un volo pindarico. La cui attendibilità appare traballante anche per alcune affermazioni specifiche:
– dire che l’attentato del 1981 alla vita di Papa Wojtyla “fu notoriamente organizzato all’ interno del Vaticano” è un’affermazione affascinante, ma NON è supportata da nessuna prova e indizio degno di tale nome;
– scrivere che Papa Luciani quando morì “era intento a leggere L’imitazione di Cristo” significa ignorare quanto è emerso da ricerche accurate, e cioè che le monache addette al servizio del pontefice quando scoprirono che era morto spostarono alcuni oggetti sul comodino affianco al letto di Luciani e gli misero tra le mani il libro “L’imitazione di Cristo” per dare una pennellata di santità ed edificazione a quella che era invece una morte sopraggiunta nel sonno, una morte cioè per così dire banale. Tutte le insinuazioni, le illazioni e i sospetti riguardo la possibilità che Luciano sia stato ucciso sono nate da quell’improvvida decisione di alterare la scena;
–  Riguardo la morte di padre Arrupe, scrivere “Stando a fonti degne di credito” senza però citarne neppure una non conferisce certo autorevolezza e credibilità al testo.

Nonostante tutto ciò, credo valga la pena leggere il nuovo articolo di Goglia, se non altro per l’impegno profuso nel cercare collegamenti anche se purtroppo solo per deduzione.
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di Antonio Goglia

 Nonostante diverse inchieste siano state condotte, i mirabili accadimenti che videro coinvolto il Vaticano durante i primi anni ottanta sono rimasti avvolti nel mistero. Il “provvidenziale” decesso di Albino Luciani, il ferimento del Pontefice avvenuto il 13 maggio 1981, il ritrovamento del cadavere del banchiere Roberto Calvi appeso sotto la campata del ponte dei Frati Neri a Londra il 17 giugno 1982 e la sparizione della “cittadina vaticana” Emanuela Orlandi avvenuta il 22 giugno 1983.  Quattro eventi epocali, quattro avvenimenti rimasti privi di una spiegazione oltre quella apparente.

Di Albino Luciani si registrò il decesso dipendente da un infarto acuto del miocardio e si diede grande risonanza al fatto che la morte era sopraggiunta mentre il Pontefice era intento a leggere “L’ imitazione di Cristo”, il testo caro a Ignazio da Loyola fondatore della Compagnia di Gesù; il ferimento di Karol Woytjla, Papa Giovanni Paolo II, rimasto il “gesto di un folle” non riconducibile a nessun reale mandante; la morte del banchiere Calvi ritenuta da molti, addirittura, un suicidio (Sic!), avvenuto però in un luogo evocativo: il ponte dei Frati Neri; ed, infine, la scomparsa della “cittadina vaticana” Emanuela Orlandi: trentadue anni di silenzi e depistaggi. Un caso che in tanti vorrebbero ricondurre a problematiche adolescenziali.  Per ciascuno di questi fatti si potrebbe parlare di comode semplificazioni o di uso indiscriminato del rasoio di Occam.  Gli eventi citati possono essere inquadrati nello scenario del furioso conflitto tra la Santa Sede e la Compagnia di Gesù sotto il generalato del padre Pedro Arrupe, durato formalmente dal 1965 al 1983, risalendo la sua esautorazione all’ autunno del 1981.

Durante la XXXII Congregazione Generale (1974 – 1975) convocata per stabilire le grandi linee del rinnovamento dei gesuiti alla luce del Concilio Vaticano II,  la Compagnia di Gesù compì la “scelta decisiva” di …… “impegnarsi sotto il vessillo della Croce, nella battaglia per la fede, e la lotta, che essa include, per la giustizia (…) vedendo in tale scelta l’ elemento centrale che definisce, nel nostro tempo, l’ identità dei gesuiti nel loro essere e nel loro operare”.

Infatti, spiega la XXXII Congregazione Generale …. “la missione della Compagnia di Gesù oggi è il servizio della fede, di cui la promozione della giustizia costituisce un’ esigenza assoluta”, come si evince dal fondamentale Decreto 4, “La nostra missione oggi: diaconia della fede e promozione della giustizia”.

Questa “scelta decisiva” della “lotta per la giustizia” sta all’ origine di tutte le altre che la Compagnia avrebbe compiuto negli anni successivi. Essa fu il frutto di un lungo discernimento compiuto per dare una risposta alla missione che Paolo VI aveva affidato ai gesuiti: combattere l’ ateismo contemporaneo. Infatti, aveva spiegato il Papa ai gesuiti della XXXI Congregazione Generale, il 7 maggio 1965,  …. “l’ ateismo è voler fare a meno di Dio. Si manifesta in forma diverse, ma tutte egualmente funeste: c’è l’ ateismo di coloro che affermano che Dio non c’è o che non è possibile conoscerlo, ed è l’ ateismo culturale. C’é poi l’ ateismo di coloro che tutto ripongono nel piacere e che vivono senza Cristo, senza speranza nella promessa e senza Dio in questo mondo, ed è l’ ateismo pratico dei comportamenti e del costume”….

Quindi Paolo VI aggiungeva…“alla Compagnia di Gesù Noi affidiamo il mandato di resistere vigorosamente con forza congiunte all’ ateismo (…) combattano perciò i figli di Ignazio con rinnovato valore questa buona battaglia (…) si diano dunque all’ investigazione, alla pubblicazione di scritti, discutano tra di loro, preparino specialisti (…) innalzino preghiere”… Il Papa così concludeva: …“e affinché con più slancio e alacrità vi dedichiate a quest’ impresa, tenete presente che questo compito non lo avete scelto di vostra iniziativa, ma vi è stato dato dalla Chiesa, dal Sommo Pontefice”… (Discorso ai padri della XXXI Congregazione Generale 1965 – 1966).

La risposta della Compagnia giunse a maturazione con la “scelta decisiva” della Congregazione Generale XXXII (1974 – 1975) : … “il cammino verso la fede e il cammino verso la giustizia sono inseparabili (…) fede e giustizia sono indivise nel Vangelo”.

Da quel momento i gesuiti hanno intensificato il loro impegno evangelico, fino all’ effusione del sangue, al sacrificio ed al martirio, contro tutte le forme di violenza e di ingiustizia ritenute altrettante manifestazioni dell’ ateismo contemporaneo.

Questa apertura missionaria provocò equivoci, ambiguità ed imprudenze da parte di non pochi gesuiti che interpretarono in senso sociologico – politico la “promozione della giustizia”: moltissimi gesuiti si diedero all’ impegno politico aderendo a posizioni marxiste estremiste. Questo nuovo spirito che animava la Compagnia di Gesù produsse una sorta di arruolamento generale rivolto a tutti i gesuiti, una chiamata alle armi per combattere le forze dell’ ingiustizia rappresentate in particolare dai regimi dittatoriali centro – sud americani.

Durante la XXXII Congregazione Generale dei gesuiti (1974 – 1975) fu sottoposta all’ approvazione dell’ assemblea l’ estensione del c.d. Decreto 4 “circa missiones”, sull’ impegno del gesuita per la promozione della giustizia, a tutta la Compagnia di Gesù contravvenendo alle indicazioni del Pontefice Paolo VI e del Segretario di Stato Cardinale J.M. Villot.  Il Decreto 4 avrebbe autorizzato, e di fatto autorizzò, tutti i gesuiti a combattere nel senso letterale della parola in nome della giustizia. Il Pontefice Paolo VI, che aveva percepito la pericolosità di questo orientamento,  incaricò il Cardinale Villot di rammentare ai padri congregati il divieto assoluto di discutere l’ argomento inerente il Decreto 4 .  Il documento fu, invece, discusso e approvato a larghissima maggioranza, la lettera del Cardinale Villot era stata tenuta nascosta ai congregati per volere del Generale Pedro Arrupe. La reprimenda del papa fu incisiva, ma per i gesuiti il decreto era passato. Divennero milizia marxista in nome della Croce.  La natura sacerdotale dell’ intero corpo apostolico della Compagnia era messa in discussione.

La figura del Padre Arrupe assunse in questo processo una posizione estremamente rilevante poiché aveva impresso un’ accelerazione al cambiamento in senso progressista. Arrupe fu accusato, inoltre, di mancanza di chiarezza e di energia nel governo dell’ Ordine, le sue linee guida furono interpretate in quegli anni come una sorta di “liberi tutti”.  Fu soprattutto sul fronte dell’ impegno teologico politico che il “liberi tutti” divenne devastante: per un ordine così costituzionalmente impegnato nell’ evangelizzazione dei paesi lontani e poveri, l’ adesione alla Teologia della Liberazione fu assolutamente inevitabile.

Può essere utile richiamare a questo punto una considerazione dell’ illustre gesuita e teologo tedesco Karl Rahner che rappresenta efficacemente l’ adesione della Compagnia alla Teologia della Liberazione:  «Che i poveri debbano essere trattati in maniera più decente; che non sia lecito opprimere i deboli; che in America Latina vi siano tremende ingiustizie sociali: su questi e simili dati, cristiani e marxisti possono benissimo trovarsi d’accordo. Là dove la povera gente viene sfruttata, il marxista e il cristiano devono lottare insieme per l’eliminazione di un simile sfruttamento.»

Il problema politico – sociale divenne assolutamente centrale soprattutto relativamente al Centro e al Sud America dove la Compagnia di Gesù era fortemente coinvolta in esperienze nelle fabbriche, nella guerriglia, nelle vicende dei preti operai, nell’ analisi marxista ed in scelte politiche e di vita che nulla avevano a che fare con il sacerdozio e la vita religiosa.  Chiarito questo punto fondamentale, deceduto Paolo VI, che pure aveva sanzionato la Compagnia di Gesù per certe “fughe in avanti”, l’ elezione di Albino Luciani fu percepita da alcuni come un’ indesiderabile rappresentanza proprio della Chiesa dei poveri, inopportuna in quel momento storico. L’ ex Patriarca di Venezia era intento nella lettura de “L’ imitazione di Cristo”, testo carissimo ad Ignazio di Loyola, quando venne sorpreso dalla morte. Come un’ allusione, un avvertimento proprio alla Compagnia di Gesù. Un’ allusione che si ripeterà in occasione del ritrovamento di un altro cadavere, quello del banchiere Roberto Calvi impiccato sotto il ponte dei “Frati Neri”, i gesuiti appunto.

Con l’ elezione di Karol Woytjla lo scontro divenne acerrimo. Il papato era schierato al fianco degli USA, la Compagnia combatteva, letteralmente, sul fronte opposto con gravissime perdite.  Nella primavera del 1981, la Compagnia di Gesù era in subbuglio, le denunzie che piovevano sul generalato erano tante e tremende: si andava dai conventi, dove si viveva come in albergo, alle università, dove i sacerdoti insegnanti avevano assunto un atteggiamento laicale. Il giornale dei gesuiti di Newark, negli USA, pubblicò poesie blasfeme sulla Madonna. In questo clima maturò l’ idea di attentare alla vita del Pontefice polacco (Iustum Necar Reges Impios).

L’ attentato eseguito materialmente dal turco Mehmet Alì Agca fu notoriamente organizzato all’ interno del Vaticano ed è rimasto sostanzialmente impunito o, meglio, gestito secondo una sorta di “domestic jurisdiction”.  L’ attentato ebbe luogo il 13 maggio 1981, il Pontefice rimase presso il Policlinico “Gemelli” durante i successivi tre mesi, ne uscirà soltanto il 14 agosto.

Per il Vaticano, secondo chi scrive, la responsabilità dell’ attentato fu ben presto chiara stando a quanto si verificò in seguito. Arrupe, ad ogni modo direttamente incolpevole, era partito per un lungo viaggio intercontinentale alcuni giorni dopo l’ attentato, al suo ritorno, il 7 agosto 1981, non appena sceso dall’ aereo fu condotto presso la casa generalizia dei gesuiti, sita in Borgo Santo Spirito in Roma.  Le cronache raccontano la vicenda diversamente, riferendo di un ictus, ma è lecito ritenere che si sia trattato di un escamotage utile a ridurre la portata dei successivi eventi e ad evitare reazioni scomposte nella comunità gesuita.  Nello stesso senso induce a ritenere il fatto che dell’ asserito malore del Papa nero, del generale dei gesuiti, non vi è alcuna traccia sul quotidiano “L’ Osservatore Romano”, organo di stampa della Santa Sede, che non diede alcuna notizia del fatto.

Stando a fonti degne di credito, padre Arrupe fu visitato soltanto nel dicembre del 1981, ben quattro mesi dopo il suo rientro, dal Dottor Robert White, un neurochirurgo statunitense, e da alcuni colleghi italiani. I sanitari mediante un dopscan rilevarono la stenosi (ostruzione) parziale della carotide interna quale causa dell’ attacco ischemico (e non emorragico che produce sintomi e conseguenze più eclatanti) che aveva colpito il padre Arrupe decidendo, infine, di non intervenire chirurgicamente.  Nell’ oscuramento di Arrupe, fa propendere per un’ interpretazione diversa da quella della disabilità fisica anche un’ altra circostanza: Arrupe fu sempre cosciente e poté designare un suo vicario. Si trattava di Vincent O’ Keefe (Societas Jesu), uno statunitense ardente ultraprogressista, “libero pensatore del momento” secondo il senatore Giulio Andreotti. O’ Keefe non era gradito al Vaticano: Woytjla non ne apprezzava lo stile personale e l’ impostazione di governo, lo ritenva inadeguato alla carica di Generale e lo considerava pericoloso continuatore dell’ opera di Arrupe. Per la cronaca O’ Keefe fu presidente della Fordham University, l’ università gesuita di New York.

Martedì 6 ottobre 1981, il Segretario di Stato Agostino Casaroli si portò presso la residenza di Borgo S. Spirito per notificare ad Arrupe una comunicazione del Papa Giovanni paolo II relativa alla sua esautorazione ed alla nomina di un delegato pontificio che … “mi rappresenti più da vicino nella Compagnia, che si occupi della preparazione della Congregazione generale che bisognerà convocare al momento opportuno e che insieme, in mio nome, abbia la sovrintendenza del governo della Compagnia, fino all’ elezione del nuovo preposito generale. A tal fine, nomino mio delegato per la Compagnia di Gesù il padre Paolo Dezza (Societas Jesu) e dispongo che sia aiutato dal padre Joseph Pittau (S.J.)”…

Si trattava di due esponenti dell’ ala conservatrice dei gesuiti chiamati a riformare l’ Ordine. Nello stesso tempo Giovanni paolo II aveva inteso evitare la celebrazione di una Congregazione Generale che avrebbe visto una vastissima rappresentatività culturale e geografica di gesuiti discutere di problemi ritenuti troppo scottanti per l’ intera chiesa cattolica: America latina, rapporti con il marxismo, ruolo della donna nella Chiesa, celibato dei preti.  La Compagnia era stata commissariata. Un evento gravissimo e senza precedenti.  Risulta che l’ Arcivescovo Carlo Maria Martini, Arcivescovo di Milano, anch’ egli gesuita, e l’ Arcivescovo Ballestrero, Arcivescovo di Torino, un carmelitano, intervennero per sconsigliare al Pontefice l’ adozione del severo provvedimento. L’ interpretazione generale della stampa fu quella che il Papa stesse rimuovendo Pedro Arrupe.

Il settimanale internazionale di notizie cattoliche, il “Tablet” di Londra, commentò che questa decisione era stata un brutale insulto nei confronti del generale. Nell’ Ordine la notizia ebbe l’ effetto di una bomba, paragonabile a quella della soppressione della Compagnia da parte di Clemente XIV nel 1733: il 27 ottobre 1983, dalla Repubblica Federale Tedesca, 18 gesuiti, tra i quali il già citato teologo Karl Rahner, inviarono una lettera di protesta al Papa: …  “l’ esperienza della Storia ha dimostrato che anche il Papa può sbagliare (…) il Pontefice nutre sfiducia nei confronti dell’ Ordine, come è evidente nel tacere le vere ragioni della Sua oscura decisione (…) la decisione di Sua  Santità si discosta tanto dalla forma di agire della Santa Sede con la Compagnia di Gesù da suscitare, in non pochi di noi, notevoli problemi di coscienza (…) Santo Padre! Ci lasci scegliere il nostro futuro Superiore Generale (…).

A partire dal giorno della sua destituzione di fatto, ma non de jure, Arrupe continuò a ricevere visite da tutto il mondo.  Come già detto p. Paolo Dezza, ottantenne, già antagonista di Arrupe nelle precedenti elezioni del Generale, era il capofila dei conservatori dentro la Compagnia di Gesù.  Il delegato pontificio apportò modifiche radicali a quelli che egli stesso definì “indirizzi spirituali”, prorogando il periodo di formazione dei novizi ed affrontando profondamente problematiche dottrinali e di disciplina religiosa.  L’ 8 dicembre del 1982 il Pontefice, ritenendo sufficiente la punizione inflitta ai gesuiti e completata l’ opera di restaurazione della Compagnia, autorizzò la convocazione della XXXIII Congregazione Generale durante la quale i gesuiti avrebbero potuto nuovamente scegliere autonomamente il loro massimo esponente.  All’ atto della sua nomina, nell’ ottobre del 1981, Dezza aveva accennato al fatto che la Congregazione generale dovesse tenersi dopo la pubblicazione del nuovo Codice di Diritto Canonico per il fatto che alcuni adeguamenti avrebbero potuto rendersi necessari alla legislazione della Compagnia di Gesù. In particolare, si riferiva alle norme contenute nel Decreto 4 sull’ impegno, la missione del gesuita per la promozione della giustizia, formale adesione alla Teologia della Liberazione, approvato a larghissima maggioranza nel corso della XXXII Congregazione Generale.

In effetti, il Codice di Diritto Canonico fu definitivamente approvato nel gennaio del 1983 ed entrò in vigore soltanto nel novembre 1983. Durante queste periodo successivo alla promulgazione del Codice di Diritto Canonico tutte le costituzioni degli Ordini religiosi dovettero essere riesaminate, modificate o confermate.  La Costituzione della Compagnia di Gesù richiese un impegno particolarmente intenso proprio per gli “adeguamenti” che richiedeva. Adeguamenti fortemente contrastati dalla fronda gesuita più oltranzista che non desiderava che alcuna modifica venisse apportata al Decreto 4 “circa missiones” che aveva formalizzato la “Scelta Decisiva” della Compagnia di Gesù.

E’ in questa fase che si verifica il sequestro e la definitiva sparizione della giovane “cittadina vaticana” Emanuela Orlandi e la conseguente richiesta di scarcerazione del turco Alì Agca, un atto di clemenza che avrebbe avuto, tra le altre cose, un vastissimo valore propagandistico. La Congregazione Generale si tenne nell’ ottobre 1983, Pedro Arrupe presentò le sue dimissioni venendo definitivamente eclissato, anche, de jure dopo essere stato esautorato de facto. La Compagnia “addomesticata” elesse quale Generale l’ olandese Kolvenbach. Nel novembre il Codice di Diritto Canonico poté entrare finalmente in vigore.

Si chiudeva così un periodo denso di eventi le cui vere cause furono tenute nascoste all’ opinione pubblica mondiale

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