Emanuela Orlandi sparì un anno dopo la morte di Calvi: banda della Magliana o coincidenza? Nuova pista di Nicotri Emanuela Orlandi sparì un anno dopo la morte di Calvi: banda della Magliana o coincidenza? Nuova pista di Nicotri

Emanuela Orlandi sparì un anno dopo la morte di Calvi: banda della Magliana o coincidenza? Nuova pista di Nicotri

Emanuela Orlandi scomparve pochissimi giorni dopo l’anniversario della morte del banchiere Roberto Calvi.

Trovato morto lui a Londra il 18 giugno 1982, sparita lei il 22 giugno 1983: passano un anno e 4 giorni fra queste due date, quella della morte per finta impiccagione del presidente del Banco Ambrosiano e quella della scomparsa della ragazzina figlia di un commesso del Vaticano.

C’è un nesso fra le due date o è solo una coincidenza? Se ci fosse un nesso, troverebbe sostegno una delle tante teorie sulla scomparsa di Emanuela, che la vuole opera della famigerata banda della Magliana. Quel gruppetto di criminali romani, per quanto operante in un ambito strettamente locale (a parte l’incursione milanese di Danilo Abbruciati contro il Banchiere Rosone) e visto dai camorristi napoletani come gregari, un po’ di soldi deve averli fatti.
Vista l’aria che tirava in quei tempi, non è impossibile che abbiano affidato i loro “risparmi” all’Ambrosiano o alla banca vaticana IOR, vedendoli poi evaporare sull’altare polacco della guerra di Papa Wojtyla al comunismo.
Strano però che nessuno dei sostenitori di tale teoria sia mai stato in grado di esibire delle prove, per esempio le ricevute dei versamente bancari, che chiunque depositi soldi in banca si fa rilasciare, o le lettere di patronage, che per esempio Calvi fu in grado di esibire per dimostrare che il fallimento del suo Banco Ambrosiano era in realtà responsabilità dello IOR.
Lo stesso accadde a qualche potentato occulto internazionale, che punì Calvi, snodo di tutte quelle porcherie sacro-finanziarie, uccidendolo in qualche modo a Londra e inscenando una esecuzione rituale che giornalisti impreparati e poliziotti inglesi peggio del peggio presero come suicidio.
In realtà la impiccagione del cadavere di Calvi al ponte di Blackfriars mimava le centinaia di esecuzioni di pirati avvenute sul serio nella zona dei docks. C’è una taverna, Prospct of Whitby, a Wapping, che vanta questo triste passato. I pirati venivano appesi al cappio con l’alta marea che li faceva galleggiare, morendo poi per lenta asfissia mentre l’acqua scendeva (altra teoria: i pirati legati sul fondo del Tamigi asciutto per la bassa marea annegavano via via che l’acqua saliva).
Con la banda della Magliana, al di là della sua attrazione mediatica, si scende di un gradino o due nella gerarchia criminale.
Un po’ approssimativi e pasticcioni (nell’attentatoa Rosone la pistola di Abbruciati si inceppò e fu lui a lasciarci la pelle), potrebbero effettivamente avere preso la Orlandi, figlia di un semplice commesso senza alcun rapporto diretto col Papa, invece della vittima eventualmente designata, come per esempio la figlia del maggiordomo pontificio.
Riferisco di questa “pista” solo per amore di cronaca. Ho appena pubblicato un libro, “Emanuela Orlandi “Il rapimento che non c’è” nel quale smonto le varie teorie che, in questi 40 anni, ci sono state propinate da una serie di personaggi che non definisco con aggettivi per non ingrassare gli avvocati.
Rileggendo il libro e riflettendo su alcuni dettagli, mi sono trovato a oservare alcune coincidenze. Quella delle due date e della possibile partecipazione della banda della Magliana, di cui più volte abbiamo dato conto, è una teoria che non condivido. Nel libro fornisco gli elementi che confortano la mia convinzione negativa.
Resto convinto che la chiave del mistero sia nella conclusione del mio ultimo articolo, una settimana fa:
“La verità però è spesso più banale di quanto un giornalista possa elaborare. Pensate: una adolescente che sogna fama e ricchezza, un imbroglione spregiudicato che promette la gloria nel mondo che fu di celluloide, un approccio stile Weinstein mal subito anche senza MeToo, una reazione violenta per sottrarsi al non gradito abbraccio: può essere un uomo o una donna, il risultato non sempre è una denuncia dopo 20 anni, ci può essere chi ha preferito non correre rischi”.
Chi è? Non voglio denunce per calunnia, ma chi ha seguito con un po’ di attenzione la sequenza o forse meglio la ridda di rivelazioni che ci hanno sommerso in questi 40 anni, una idea se la può fare, come me la sono fatta io.
Ma come è nata storicamente la “pista” o meglio la teoria della banda della Magliana rapitrice di Emanuela? Ce lo spiega lo stesso suo creatore. Vediamo chi e come.
Qui sono contenute le affermazioni a suo tempo scritte da Purgatori sul Corriere della Sera e ribadite quattro anni fa nella puntata della trasmissione “L’aria che tira”, della quale l’URL che ho or ora citato riporta una parte. Il giornale OPEN cita tale parte con le seguenti parole, delle quali ho evidenziato in corsivo neretto quelle più diciamo sorprendenti:
 
“Il giornalista Andrea Purgatori ha raccontato che all’epoca in cui seguiva il caso Orlandi scrisse sul Corriere della Sera di una trattativa tra la ‘ndrangheta – che aveva perso140 miliardi di lire nel crac dell’Ambrosiano – e il Vaticano per recuperarli. La ‘ndrangheta, secondo questa versione, mise in pista quello che viene definito come l’uomo più importante della criminalità a Roma, ovvero Enrico De Pedis. Che si fa portare dove è nascosto il corpo di Emanuela, prende con sé gli effetti personali, e li utilizza per mandare i famosi messaggi e per accreditarsi come il rapitore. Allo scopo di ricattare il Vaticano. Ma, secondo questa ipotesi, senza alcuna connessione con la scomparsa di Orlandi. Che sarebbe invece morta durante un tentativo di stupro da parte di due balordi spacciatori incontrati a piazza Navona. Purgatori ha raccontato che all’epoca il Vaticano si arrabbiò così tanto per l’articolo che il giornale gli tolse l’incarico di scrivere sul caso”.
Da notare che nel video de “L’aria che tira” Purgatori afferma che quanto da lui scritto in quell’articolo non è altro che “quello che è venuto fuori dopo”. Peccato che si tratta di “notizie” che non sono mai “venute fuori”. Così come non è mai “venuto fuori”  né quali siano gli asseriti ”famosi messaggi” che “l’uomo più importante della criminalità a Roma” avrebbe mandato al Vaticano né quando si sarebbe accreditato “come il rapitore” della Orlandi pur senza esserlo mai stato. 
 
Andrea Purgatori è lo stesso Purgatori che l’8 febbraio 1994 sul Corriere della Sera avvalora la notizia che il famoso e asserito “Americano” per le sue telefonate usava un aggeggio “da 007”  che le faceva figurare come partite tutte dall’ambasciata USA di via Veneto. Aggeggio la cui esistenza mi è stata smentita dai magistrati Margherita Gerunda, Domenico Sica, Ilario Martella, Giovanni Malerba e Adele Rando, che si sono man mano occupati della scomparsa di Emanuela Orlandi, e dagli avvocati Massimo Krogh e Gennaro Egidio, legali degli Orlandi. Aggeggio del quale inoltre non ho trovato nessuna traccia quando ho potuto consultare gli atti dell’inchiesta giudiziaria su permesso scritto accordatomi dal presidente del Tribunale di Roma.

 
 
 
 
 
 
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