Etna perché no allarme? Perché l’allarme (impossibile) sarebbe respinto

Etna perché no allarme? Perché l'allarme (impossibile) sarebbe stato respinto
Etna perché no allarme? Perché l’allarme (impossibile) sarebbe respinto (foto Ansa)

ROMA – Etna perché no allarme? Perché qualcuno non ha avvertito la popolazione, la gente? La domanda percorre indignata ogni cronaca, ogni ripresa, ogni intervista. E rimbalza la domanda negli articoli di giornale, nelle parole dei conduttori dei Tg, ovviamente sui social. Etna perché no allarme è domanda comune, di massa, appare ovvia e figlia del buon senso. Etna perché no allarme?

Nessuno però a domandarsi: allarme di che, allarme per fare cosa? Allarme alle popolazioni per dire loro di sgomberare  case, paesi e frazioni? E’ questo che si chiede? E di questo che si lamenta l’assenza? Bisognerebbe avere il coraggio e la decenza di dirlo e non in maniera allusiva. Dunque chi corruccia il sopracciglio informativo e civile e chi lamenta di essere stato come sempre lasciato solo voleva un avviso che dicesse: arriva un terremoto, andatevene di casa.

Un avviso impossibile da dare. Impossibile, punto. Non possibile, impossibile. Eppure è ancora e ancora e ancora questo che si chiede, si impetra, si esige ogni volta che c’è un terremoto.

Avviso impossibile e qualora qualcuno lo azzardasse quell’avviso, qualora qualcuno dicesse arriva un terremoto, andatevene di casa, quel qualcuno verrebbe prima non ascoltato e poi linciato dalle genti e dalla stampa se il terremoto non arriva. L’allarme che si lamenta non esserci stato si fosse tradotto in ordine di sgombero sarebbe stato ignorato e respinto dai più.

Ma ormai è d’uso un dibattito pubblico intorno ai terremoti ignorante, irresponsabile, presuntuoso, incontinente. Ignorante perché si ostina ad ignorare che i terremoti non si prevedono. Irresponsabile perché diffonde l’idea di un mondo magico. Presuntuoso perché pontifica e moraleggia su ciò che ignora. Incontinente perché non conosce misura e ritegno alla sua ignoranza, irresponsabilità e presunzione.

Si vuole l’annuncio della scossa che verrà e se ne lamenta l’assenza. Si vuole il giorno e l’ora della scossa. Si vuole il dove e lo si vuole prima. Lo si vuole preciso l’allarme. Preciso e circostanziato. Si vuole l’impossibile dalla scienza. Anzi, non proprio l’impossibile: dalla scienza si vuole quello che si chiede ai santi e cioè la grazia.

Si vuole la salvezza e la protezione da un’autorità superiore. E se la scienza non può, la scienza si organizzi a potere. Dia presagi la scienza. Questo si esige, si impetra, si vuole dalla scienza. quello che si chiede al pendolino, alla palla di vetro, alla trance visionaria e premonitrice. Non a caso le interviste e spesso i titoli sono ricolmi di “salvi per miracolo”, “vivi per miracolo”, è stato un “miracolo”. Il miracolo di una mano e volontà divina che ha preservato dal terremoto (salvo sorvolare sulla circostanza che quella stessa mano e volontà divina qualora si occupasse di terrestri terremoti sarebbe appunto la stessa che li vuole e consente che avvengano).

Si vuole il miracolo di una previsione del terremoto e il relativo annuncio del come e del quando. Ma lo si vuole sempre dopo. Mai prima. Se ad ogni minaccia di eruzione o eruzione in atto seguisse sempre ordine di sgombero case e paesi la gente reagirebbe restando in gran numero in case e paesi. E poi si mangerebbe vivi quelli che li hanno fatti sgomberare se le case non sono cadute.

Si vuole l’impossibile dalla scienza e la cosa sorprende fino a un certo punto in un paese dove contro i terremoti si va ancora in processione con parroco e sindaco alla testa. E dove il premier esibisce in tv il santino di padre Pio che porta sempre nel portafoglio non solo come devozione privata ma come elemento di spirito pubblico.

Ma non basta: la scienza la si mette sotto processo se non fa la grazia, insomma si vuole tagliare la mano all’indovino che ha sbagliato la previsione sul giorno della pioggia o sull’esito della battaglia.

Questo è il dibattito pubblico nell’Italia 2018/2019. Intorno all’Etna e non certo solo intorno all’Etna. I medici devono garantire la guarigione, altrimenti meritano punizione. I prof devono garantire la promozione, altrimenti meritano punizione. Gli investimenti devono garantire guadagni, altrimenti qualcuno va punito. I Tribunali devono garantire sentenze favorevoli, altrimenti sono colpevoli di giustizia negata. Malattia e morte, perché non c’è stato allarme per evitarle? Rischio economico e di impresa e di lavoro, perché non c’è stato allarme per evitarli? Terremoti, perché non c’è stato allarme?

Che a questo scempio e sfregio alla ragione, che a questo rogo della razionalità si prestino da volenterosi fuochisti la politica e l’informazione è il massimo segno dei tempi. Tempi segnati e pervasi da una delle maggiori forze che muovono da sempre il mondo degli umani: la stupidità di se stessa fierissima. Ai giornalisti che baldanzosi vanno per cronache, interviste, e notiziari domandando perché Etna allarme no andrebbe domandato: e voi, perché non le sapete le notizie di domani?

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