Euro svalutato e inflazione per uscire dalla crisi

f.d. roosevelt
Roosevelt: con l’inflazione salvò gli Usa dalla recessione

Tito Boeri ha messo in rete questo tweet:

“Cosa aspetta la Bce per abbassare i tassi? Di quanti altri milioni deve aumentare disoccupazione nella zona euro?”.

Mi chiedo se anche Boeri si sia finalmente convertito al partito della carenza di domanda aggregata nel sistema europeo e comunque sia cerco di capirci meglio su questo urlo di dolore.

Nel loro ultimo lavoro, Chritina e David Romer, scrivono: “When nominal interest rates are at the zero lower bound, expansionary monetary policy can increase output in part by raising expectations of inflation and lowering real interest rates”. Lei è stata l’economista di Obama nei primi anni del suo mandato; qui è sotto esame quanto fu sbagliata la politica monetaria negli Usa negli anni della Grande Depressione, un qualcosa a cui pare avere interesse anche Tito Boeri per i problemi dei nostri giorni.

Traduco: “quando i tassi d’interesse toccano il limite di zero, una politica monetaria espansiva può aumentare il Pil in parte aumentando le aspettative di inflazione e così riducendo i tassi d’interesse reali” (il tasso d’interesse reale è il numero di patate che dovete ridare a scadenza a chi vi presta una patata, prestito che nasce tipicamente dalla voglia di consumare o investire da parte del debitore, voglia che è tanto più grande quanto più basso è, appunto, il tasso d’interesse reale).

Commento:

Non è in effetti facile fare molto con la politica monetaria in tempi di crisi come questi. Sia perché la maggiore disponibilità di liquidità non si tramuta in maggiore offerta di credito da parte delle banche, perché queste hanno paura di prestare, sia perché famiglie ed imprese non hanno nessuna voglia di prendere a prestito, timorose come sono del grigio futuro.

Certo, si potrebbero comunque abbassare i tassi già bassi, come chiede Tito Boeri. Ma anche se la Bc facesse scendere i tassi a zero, lo spazio di manovra per aiutare l’economia sarebbe comunque minimale.

Specie perché quello che conta sono i tassi nominali depurati dell’inflazione attesa. E quest’ultima è … in discesa, vicino alla temutissima deflazione dove i prezzi scendono. Infatti la Bce stima l’inflazione euro scendere dal 2,5% di quest’anno allo 1,6% ed 1,4% rispettivamente nel 2013 e 2014. E siccome quello che dice la Bce influenza le aspettative dei mercati, e i tassi nominali difficilmente potranno scendere di tanto quanto l’inflazione, il paradosso è che ci troviamo con tassi reali in aumento e non in diminuzione. Cosa che preoccupa, specie se teniamo conto che ciò è frutto di una testarda posizione della Bce che nel peggior momento della storia dell’euro pensa bene di annunciare che farà scendere l’inflazione.

A meno che non si faccia come dicono i Romer, non si creino cioè aspettative d’inflazione talmente ampie da generare tassi reali bassi che invitano a domandare di più. Quelle aspettative d’inflazione alte che Roosevelt impose alla Fed e aiutarono a creare ossigeno prezioso per arrestare l’emorragia degli anni 30.

Invece la Bce sta abbassando le aspettative di inflazione. Sì, Però…

In fondo, come diceva Milton Friedman, certo non un pericoloso comunista, “It is my conviction that when push comes to shove the President will always get his way regardless of who is running the Federal Reserve”: “Sono convintissimo che, al dunque, il Presidente degli Stati Uniti otterrà sempre quanto da lui richiesto, indipendentemente da chi è a capo della Federal Reserve”, la banca centrale statunitense. Ed è giusto che sia così, implicitamente diceva, perché riteneva i banchieri centrali troppo vicini agli interessi delle banche e troppo poco a quelli dell’economia più largamente intesa.

Basta che i Governi chiedano, dalla Bce otterranno. Lo facciano in silenzio, come hanno fatto sinora, per non turbare i sonni di chi crede ancora alle favole sull’indipendenza del banchiere centrale.

C’è un altro modo per ottenere lo stesso risultato senza far sembrare troppo palese la capitolazione della Bce. Modalità che in questi giorni Hollande ha gettato come opzione sul tavolo della politica (Monti l’avrebbe mai fatto? Mah…). Un bel deprezzamento dell’ euro per far fronte all’atteggiamento analogo di Stati Uniti e Giappone, così da rispondere al loro opportunismo con altrettanto opportunismo. Così da salvare il nostro export? No. Per due altri motivi.

1. Per mostrare che esiste qualcosa come una Unione europea politica che sa prendere decisioni strategiche altrettanto caparbiamente di Stati Uniti e Giappone.

2. Per reflazionare l’economia europea. Il deprezzamento di tutte le valute principali non aiuterà il nostro export. Però genererà inflazione mondiale. E chi ha più da guadagnarne? Quel Paese che è più in recessione e dove le aspettative sull’inflazione sono più lente a modificarsi e ad allontanarsi dalla deflazione. Esatto, l’area euro.

Non credo che tutti sottoscriverebbe questa mia agenda. Ma è solo la logica conseguenza del venire incontro al grido di dolore del tweet di Boeri.

 

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