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Fascismo ed Antifascismo non sono la stessa cosa, la retorica della Destra confonde valori e macerie

Fascismo ed Antifascismo non sono la stessa cosa, ma la Sinistra è debole e la Destra ne vuole approfittare per provare ad affermare la propria egemonia culturale nel Paese.

Vanno lette in questa prospettiva le recenti dichiarazioni della Presidente del Consiglio Meloni sulle Fosse Ardeatine e del Presidente del Senato La Russa sull’attentato dei partigiani a Via Rasella e sulla Costituzione.

La Destra al Governo ha portato con sé anche un’aspirazione culturale che sa di riscatto politico. Esiste tra le righe un sentimento di fastidio contro talune sentenze della Storia. Revanscismo forse non è il termine esatto ma è qualcosa di simile, come se la Destra non riuscisse a condannare definitivamente i mostri del passato alle loro drammatiche responsabilità, una tentazione, talvolta sibillina e talvolta manifesta, di ridimensionare, sdoganare, errori ed orrori.

La questione non è banale, perché il confine tra tentativo di far prevalere un’egemonia culturale, ed il rischio invece  di cibare gli istinti più estremisti e deteriori della società è veramente labile, basta un passo in più e il danno è fatto. 

Ed allora occorre non sottovalutare e farsi una prima domanda: qual è la condizione irrinunciabile per sperare che tutto questo non accada? 

Di risposte se ne possono trovare in abbondanza, ma ce n’è una che forse anticipa le altre, almeno in questo caso: un’egemonia culturale deve avere una visione, altrimenti è altro, melma che scorre.

Seconda domanda: ed il tentativo egemonico della Destra muove da una visione oppure no?

La sensazione è che prevalga un enorme vuoto, la pesante assenza di idee, per il presente e verso il futuro. È la triste litania di un saluto romano scappato dal braccio di qualche esponente di partito distratto, o della mai doma contrapposizione con i valori dell’antifascismo, o delle scorribande nei fatti della Storia utilizzate come tanti Cavalli di Troia. 

Tutto questo deve far pensare. Quando si è ostaggio del passato e privi di una visione, qualsiasi egemonica velleità diventa illusoria, un rapporto asincrono con la realtà e la società alla quale si appartiene. Paradossalmente, nel momento in cui si cerca di egemonizzare, si viene egemonizzati, da predatore a preda, un buco nero che attrae tutto a sé. 

Questo ragionamento è ancor più vero se lo si contestualizza nel panorama europeo ed internazionale, perché il problema di un’egemonia culturale senza visione, evidenzia anche una debolezza che non giova al Governo nell’esercizio delle relazioni con altri Stati, soprattutto quando si deve operare nell’attuale scenario globale. 

Si potrebbe obiettare che questa rappresentazione dei fatti è soggettiva, perché, ciò che per me non è una visione, può invece esserlo per altri. Ma, in questo caso, nel caso italiano, esiste una condizione irrinunciabile dalla quale non si può non prescindere, ovvero la Costituzione. I confini oltre i quali non è permesso andare sono ben determinati dalla nostra Carta. 

È una partita pericolosa quella che sta giocando la Destra su questo fronte. Non è mai una buona idea camminare in precario equilibrio lungo i crinali scivolosi della Storia. L’ambiguità, certi ammicchi, non fanno bene a nessuno, soprattutto quando si vanno a toccare i valori fondanti di una comunità.

Per fortuna che c’è la Sinistra? No.

Anche da questa parte politica l’albero non dà più buoni frutti. Qui una visione c’era, ma ha perso centralità. Incapace di cambiare davanti ai cambiamenti, prova invano a resistere. 

Quale rischio corriamo?

Sicuramente di rimanere schiacciati tra un’egemonia culturale con una visione obsoleta che si difende ed un’egemonia culturale senza visione che prova ad affermarsi. Forse è la peggiore condizione nella quale ritrovarsi, il grande male dei nostri tempi, l’incapacità di immaginare un futuro che si contrappone ad uno sguardo strabico verso il passato.

Quando uno schieramento politico non ha fatto sino in fondo i conti con la Storia sarebbe bene che si affrettasse a farli definitivamente. 

L’assalto al Congresso americano di due anni fa e quello al Congresso nazionale del Brasile nel gennaio del 2023, certificano che nelle profondità  delle grandi democrazie si annida un pericoloso Leviatano. 

Eppure dovrebbe saperlo bene la Presidente del Consiglio, lei, appassionata lettrice del “Il Signore degli Anelli”, quando lo stregone Gandalf entrando nelle miniere di Moria dice che “ci sono cose più antiche e più malvagie degli orchi, nelle profondità della terra”. Ovviamente trattasi dell’universo immaginario fantasy dello scrittore inglese J. R. R. Tolkien, però è un’allegoria che funziona, molto suggestiva.

È facile immaginare che la Destra continuerà con il suo schema. Non è un’operazione di distrazione di massa, c’è coscienza nelle dichiarazioni, una convinzione funesta, solo in alcuni casi provocatoria. 

Il 25 Aprile è passato tra varie polemiche. Il Presidente del Senato è andato a Praga per un omaggio a Palach (Ma il 25 Aprile non è la festa della Liberazione dal nazifascismo?) 

Poi, nel giorno in cui il Presidente Mattarella si è recato ad Auschwitz, il Ministro Lollobrigida ha dichiarato che il calo demografico non si combatte con “la sostituzione etnica” riferendosi al fenomeno immigratorio. Formula agghiacciante se detta in una bar, figuriamoci quando esce dalla bocca di un Ministro della Repubblica. 

Si ha la sensazione che prevalga l’incapacità di astenersi dal pronunciare parole impronunciabili.

Un tema che comunque continua a tenere banco. Anche l’ex Sindaco di Roma Alemanno ha voluto dire la sua: “Non sono antifascista” ha dichiarato, facendo poi confusione tra il 25 Aprile 1945 e le vittime degli Anni di piombo.  

Se questi sono i vagiti della Destra allora diventa tutto molto complicato. Un’egemonia culturale priva di visione non può che essere fallimentare. La retorica della Destra stenta ad essere responsabile davanti alla Storia e alla Costituzione, confonde valori e macerie. Fascismo ed Antifascismo non sono la stessa cosa, un’ovvietà che oggi occorre tristemente riaffermare. C’è un rapporto malato con la memoria, non più utilizzata a testimonianza dei fatti, ma assunta a parte in causa. Si rischia grosso. 

Chi è ossessionato da Moby Dick, la grande balena bianca, prima o poi la trova. 

Marco Benedetto

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