ROMA – Giuseppe Turani ha scritto questo articolo anche sul sito Uomini & Business dal titolo “Le paure della Federal Reserve”:
Il giudizio generale è abbastanza unanime sul perché la Fed alla fine ha deciso di non fare niente: c’era, e c’è, la preoccupazione di scatenare un terremoto nell’economia mondiale, che sta avanzando fra mille difficoltà. C’è la Cina, i cui problemi sono evidenti a tutti, ma ci sono anche molti paesi “emergenti” che a causa del crollo delle materie prime navigano in acque non buone. In più c’era, e c’è, il timore di provocare scosse troppo grandi sui mercati finanziari. La partita, però, è solo rinviata. E nemmeno tanto in avanti, visto che ben 13 componenti del Federal open market commitee su 17 sono favorevoli a un aumento entro la fine dell’anno. In sostanza, la Fed ha detto: vi lasciamo ancora qualche mese per organizzarvi, ma poi dovremo decidere.
Ma c’è anche il sospetto che la Fed non sia del tutto sicura del buon andamento dell’economia americana. Rialzare i tassi significava dare un’altra spinta verso l0alto al dollaro e quindi rendere ancora più difficili le esportazioni delle merci americane, cosa che si è ritenuta saggia evitare.
Il rialzo dei tassi Usa quindi non scompare dal tavolo, ma rimane lì, in bella evidenza. E sarà meglio prepararsi.Qui di seguito l’opinione di Marco Vallati, responsabile ricerca e investimenti di Cassa Lombarda
Fed dovish per preoccupazioni internazionaliFATTO
La Fed ha mantenuto i tassi invariati al minimo storico (banda inferiore 0, banda superiore 0,25%) e la sua politica di reinvestimento dei titoli che giungono a scadenza.
DESCRIZIONE
La Fed è in gran parte soddisfatta dell’evoluzione dell’economia interna, che descrive in miglioramento simile al precedente commento di luglio: espansione economica moderata, consumi e investimenti in aumento nonostante il canale estero debole, immobiliare e mercato del lavoro migliorati, inflazione ancora sotto l’obiettivo, ma stavolta evidenziata con le aspettative di mercato in movimento da basse a ulteriormente in riduzione e destinata a rimanere bassa nel breve termine anche se nel medio tornerà a crescere verso il 2%. Tuttavia la Fed ha evidenziato che l’andamento dell’economia mondiale e dei mercati finanziari internazionali possono incidere negativamente sull’attività e creare ulteriore pressione al ribasso sull’inflazione. Ne consegue che la Fed aspetterà ulteriori miglioramenti nel mercato del lavoro e soprattutto la ragionevole convinzione che l’inflazione sia orientata a tornare al 2% per avviare il rialzo dei tassi monitorando anche gli sviluppi internazionali.
INTERPRETAZIONE
Dalla decisione presa e dal commento che l’ha accompagnata, si possono ricavare le seguenti considerazioni negative sulle attese di sviluppo dell’economia:
Se la Fed pensa che l’economia US non può sopportare oggi un aumento dei tassi, forse teme sviluppi dell’economia mondiale particolarmente negativiL’abbassamento da 3,75% a 3,50% del tasso di lungo periodo nelle previsioni dei membri del Fomc denota la stima di un potenziale di crescita economica diminuito.
La presenza di 4 membri del Fomc che nelle proiezioni dei tassi previsti non segnala nessun rialzo nel 2015 rafforza la prima considerazione.A parziale compensazione delle considerazioni illustrate sopra, si possono sottolineare due minori spunti positivi:
– Tra i membri del Fomc, uno (Lacker della Fed di Richmond) era a favore di un rialzo di 25bp già oggi
– Tra i 17 membri del Fomc, 13 propendono ancora per un rialzo entro fine anno.
Dal momento che le prime argomentazioni sono di maggior rilievo, è probabile che la reazione di breve dei mercati sia negativa su borse, commodity e Usd a causa della stima di minore crescita e della sua maggiore incertezza che si ricava dalla indicazioni della Fed. Dalle stesse consegue anche un supporto per i bond dato il prolungamento dell’attesa di bassa inflazione.
Ricordando però che 13 membri del Fomc restano a favore di un rialzo entro fine anno, è probabile che i movimenti del mercato non saranno eclatanti in attesa dello scorrere dei dati macro e delle future decisioni della Fed.