“Rivolemo le canzonette, aridatece Sanremo”, direbbero i romani. Ma il ritornello è sempre lo stesso: anche a Napoli, Milano, Torino, Firenze.
C’è voglia di risentire “Grazie dei fiori”, “Vola colomba”, “Vecchio scarpone”, “Buongiorno tristezza” e magari la voce del mai dimenticato conduttore Nunzio Filogamo. (“signore e signori buona sera ovunque voi siate”. Lo ricordate?)
Anche se 13 milioni e mezzo di italiani lo hanno seguito in diretta tv,i è stanchi delle passerelle, delle pubblicità occulte, degli ospiti che non hanno nulla a che fare con la musica.
In Italia, si è già malati di protagonismo, per una comparsata in tv si darebbe l’anima, lo dimostrano i vari talk-show ai quali si fa a gara per partecipare. Così accade oggigiorno per un festival che non ha più nulla a che fare con una rassegna canora.
Chi canta non ha importanza: pure se il suo motivo è brutto, chi se ne frega, l’importante è l’audience, vale a dire quell’importante numero del gradimento che è l’unico a dettare legge l’indomani.
Così la Rai si piega a tutto o quasi pur di dimostrare che la ragione è dalla sua parte. In questo modo, il festival è andato scomparendo di anno in anno fino a diventare una vetrina politica piuttosto che una gara in cui vince il motivo più bello ed orecchiabile.
Si dice che quello odierno è un festival sovranista, un aggettivo che non piace molto ad alcuni settori della nostra politica. Allora, si corre ai ripari e pur di dimostrare che l’accusa è falsa si ricorre a “Bella ciao”, diventato un inno della sinistra.
Cantato a squarciagola da chi dovrebbe solo presentare la rassegna. Si sostiene che la pubblicità è l’anima del commercio ed è vero; di conseguenza sul palco del festival si possono chiamare anche gli agricoltori in lotta accompagnati magari da una o più mucche.
Alla ribalta, ecco i comici che possono strappare una risata ad un pubblico che all’uscita dal teatro deve combattere con il bilancio familiare; oppure invitare un personaggio d’oltre oceano che attrae perché conosciuto alla grande platea.
Canta? Assolutamente no. Si è mai interessato di musica? Nemmeno a pensarci. Ed allora che ci fa a Sanremo e cioè ad un meeting che qualcuno ancora oggi si intestardisce a definire un festival della canzone?
Non c’è dubbio che i tempi cambino: il 2024 non può essere paragonato agli anni cinquanta. E’ vero che il panorama musicale, come quello italiano, ha subìto un profondo mutamento.
Per dirla in parole semplici: Natalino Otto ed Ernesto Bonino non hanno nulla a che fare con Loredana Bertè o con Giorgia.
Si, ma la musica è musica, non ha nessuna parentela con altri show. Ed è questa l’accusa che una parte del pubblico fa agli autori di oggi.
Sbagliato quindi definirlo un festival della canzone, quando la canzone ha uno spazio quasi inutile rispetto ai contorni che hanno una importanza ben diversa.
Ha un sapore politico l’appuntamento annuale che ha come vetrina uno dei luoghi più apprezzati del nostro turismo?
Se vogliamo essere bugiardi diremo di no, ma la verità è ben diversa, altrimenti non si spiegherebbe la “task-force” che Viale Mazzini impegna per questa rassegna.
Si fa tutto con il bilancino del manuale Cencelli. Lo rammentate? Era quello che riguardava la spartizione delle cariche politiche rispetto ai voti che si erano guadagnati. Una percentuale di poltrone in più a chi aveva vinto, le briciole a chi aveva perso.
Ecco la ragione per la quale nei giorni di Sanremo, il sesto piano del “palazzo con il cavallo” è vuoto. I big sono tutti in riviera perché non ci si fida dei rivali politici.
Ragione per la quale, tutto passa attraverso un filo magico che non ha nulla a che fare con la musica.
Se tu inviti un personaggio che fa occhiolino alla sinistra, per la par condicio ce ne deve essere un altro caro alla destra. Gli agricoltori da che parte stanno? E’ un interrogativo molto difficile da decifrare così si trova una via di mezzo che non dispiaccia a nessuno.
Stando così le cose, qualcuno (non pochi in verità) si chiedono: dove è finito il festival di una volta con protagonisti Nilla Pizzi, Achille Togliani, Claudio Villa e tanti altri?
Non c’è più, è stato rottamato. In genere nelle rottamazioni qualcosa si guadagna: uno sconto, un optional. Per Sanremo, invece, l’iter e i conseguenti vantaggi non ci sono stati.
E allora, eccoci al dunque: una rassegna che non ha più nulla a che fare con la musica. I motivi non hanno successo, durano lo spazio di un mattino, poi scompaiono. Ecco perché siamo i nostalgici di un tempo che fu: aridatece Pippo Baudo.