Fiat, auto e Marchionne: un successo finanziario, ma tagliando gli investimenti la quota di mercato cala

mauro coppini
Mauro Coppini

Bene i conti Fiat. Grazie soprattutto a trattori, macchine movimento terra e veicoli industriali. E così si capisce, e forse ora lo capisce anche Marchionne, perché sul finire degli anni 70 si sono accorpati settori diversi in una holding, contando sulla loro anticiclicità rispetto all’auto. Se i conti della trimestrale fossero stati presentati dopo la divisione dell’azienda in due comparti distinti forse sarebbero stati accolti con minore entusiasmo.

Ma anche il risultato dell’auto è sorprendente. Certo gioca a suo favore il mercato brasiliano dove i guadagni per Fiat provengono da quel ciclo virtuoso che si è instaurato grazie alla leadeersheep di prodotto e alla provvidenziale rivalutazione della moneta locale.

Ma c’è anche dell’altro. La sostanziale tenuta finanziaria dell’auto è ottenuta a prezzo di una accresciuta fragilità delle componenti industriali e commerciali. In altre parole è frutto dell’azzeramento degli investimenti nel 2009 e nel 2010.

Il risultato è stato il conseguente congelamento del rinnovo della gamma prodotto che ha determinato una vertiginosa perdita di competitività. In Italia la marca Fiat è ormai al di sotto del 20% e in Europa, se si esclude il risultato italiano è poco al di sopra del 3%. Sempre in Europa la Lancia è crollata a settembre di quasi il 4%. Ed intanto la nuova Panda slitta alla primavera del 2012.

Il problema è che anche per l’auto comincia a soffiare il vento della ripresa e farsi trovare privi di prodotti in grado di approfittarne potrebbe produrre risultati catastrofici.

Perché se è facile perdere quote di mercato è davvero difficile recuperarle. Lo dimostra il caso Alfa romeo. Pur con il lancio di due nuovi modelli, la Mito e la Giulietta, appartenti a due segmenti particolarmente vivaci, la quota di Alfa Romeo in Europa ne ha beneficiato solo marginalmente, passando dalllo 0.6 del 2009 allo 0.8 del 2010.

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