Franco Abruzzo ha pubblicato questo articolo anche sul suo blog.
La crisi dell’editoria si fa sempre più grave e l’Inpgi, l’Istituto di previdenza dei giornalisti italiani, ne ha sostenuto il peso più grave. I numeri esposti da Raffaele Lorusso, segretario della Fnsi, il sindacato dei giornalisti, parlano chiaro: c’è uno squilibrio di 90 milioni di euro nelle casse dell’Inpgi, di cui
”trenta milioni derivano dagli ammortizzatori sociali, e 20 sono conseguenza dei prepensionamenti, dei mancati versamenti contributivi, visto che i giornalisti mandati a casa non sono stati sostituiti da nuovi assunti”.
La beffa degli editori ai danni dell’Inpgi è ancora più amara, perché non assumono nuovi giornalisti, ma continuano a far lavorare quelli prepensionati, col risparmio dei contributi.
La crisi, tagliando i posti, ha condannato l’Istituto ma ora attenti: non si risolvono i problemi massacrando i pensionati attivi. Lo dico chiaro: noi non ci stiamo.
Come presidente dell’Unpit, l’Unione dei pensionati italiani, rivolgo un appello a Raffaele Lorusso: “La Fnsi contratti con il Governo l’assorbimento dell’Inpgi nell’Inps cone fondo speciale.
Raffaele Lorusso ha di recente affrontato la crisi dell’Inpgi in termini realistici:
“La disponibilità economica del Governo per i prepensionamenti di fatto è esaurita. I soldi pubblici impegnati fino al 2019 con una lista di attesa di 224 giornalisti. Avremmo bisogno di 60 milioni di euro più un terzo pagato dagli editori. Si è arrivati ad uno squilibrio consistente (tra entrate e uscite) della nostra Cassa di previdenza: 90 milioni di euro in meno”.
Poi però Lorusso ha buttato lì una soluzione che costituisce una grave minaccia per i pensionati:
“Bisogna aprire il circuito contrattuale, e portarci dentro più gente possibile. Grazie ad un patto intergenerazionale fra chi è in pensione, chi lavora e chi spera di entrare a lavorare”.
Attenzione. Il patto intergenerazionale non può significare mettere le mani nelle tasche dei pensionati con prelievi, vietati dalla legge e dai giudicati costituzionali. Le pensioni superiori a 91mila euro lordi sono già tassate dalla legge 147/2013 (con prelievi del 6-12-18%) e i soldi vanno all’Inpgi.
Inoltre, ha detto la Corte di Cassazione, “i diritti acquistati e gli importi pensionistici già maturati non possono in nessun caso essere messi in discussione. Le Casse non possono ricorrere ai prelievi di solidarietà, istituto che esula totalmente dalla loro sfera di autonomia decisionale’”.
Per completare il quadro, riporto la notizia della agenzia Ansa sull’intervento di Raffaele Lorusso del 18 aprile 2015:
”Non possiamo chiedere l’intervento pubblico per distruggere occupazione: noi giornalisti dobbiamo richiamare editori e Governo ad assumersi le proprie responsabilità, ad introdurre regole certe, ad esempio i bilanci certificati, per il riconoscimento degli stati di crisi nelle aziende editoriali”.
”La disponibilità economica del Governo per i prepensionamenti – ha ricordato – di fatto è esaurita. C’è stata una corsa degli editori ai prepensionamenti, e i soldi del Governo sono tutti impegnati fino al 2019, con una lista d’attesa di 224 giornalisti, e altri che arriveranno. Questo non è un modo serio di affrontare le situazioni di vere crisi aziendali”.
Un singolo prepensionato ”costa 350 mila euro, e ad oggi – ha aggiunto – solo di soldi pubblici avremmo bisogno di 60 milioni di euro, più un terzo pagato dagli editori”.
Le aziende editoriali dichiarano ‘crisi prospettiche’, per ottenere i prepensionamenti, ma in questo modo, ha aggiunto Lorusso, ”si è arrivati ad uno squilibrio consistente della nostra cassa di previdenza l’Inpgi: 90 milioni di euro in meno”.