Giorgia Meloni, leader dei Fratelli d’Italia, incalzata da me nella qualità di presidente dell’Unione nazionale pensionati per l’Italia –Unp@it, ha rilanciato la posta chiedendo che anche i vitalizi dei parlamentari, maturati entro il dicembre 2011, siano calcolati con il metodo contributivo e che abbiano un tetto di 5 mila euro lordi (3.100 euro netti).
D’Alema, Fini, Veltroni con centinaia di ex deputati e senatori tremano all’idea di essere ridotti in povertà nella vecchiaia. Ed è già partita la controffensiva per “calmare” la Meloni e farla ragionare, perché il contributivo porta più soldi ai magistrati, agli avvocati dello Stato, gli alti burocrati della Pa, agli ufficiali generali, ai manager, ai primari e ai giornalisti in pensione, mentre deprime gli assegni di impiegati e operai.
Il ricalcolo riguarderebbe tutti i pensionati, non solo quelli che percepiscono dai 2.500 euro in sù nel rispetto del principio-cardine dell’uguaglianza di trattamento (art 3 Cost).
L’idea è in ogni caso demenziale. Lo Stato e le altre amministrazioni pubbliche (Inps e Casse) dovrebbero assumere migliaia di ragionieri e di dottori in economia per fare le pulci alle rendite di almeno 16,7 milioni di cittadini.
E poi Tar e Corte dei conti sarebbero invase da migliaia di ricorsi. Ho chiesto che l’Inps e le Casse diano ai loro iscritti le “carte” per potersi tutelare, sottolineando che la difesa è un diritto inviolabile della persona.
Giorgia Meloni, come giornalista professionista, ha il diritto di chiedere (ex art. 31 della legge 300/1970) i contributi figurativi all’Inpgi per tutto il periodo di mandato parlamentare. Franco Abruzzo ha chiesto a Giorgia Meloni “di dire agli italiani se ha rinunciato o no ai contributi figurativi dell’Inpgi che potrebbero garantirle la seconda pensione a spese dei giornalisti”. Sul punto io ho aggiunto: “E’ la volta buona che il Parlamento affronti il tema dell’articolo 31 della legge 300/1970 (Statuto dei Lavoratori). E’ assurdo che parlamentari e consiglieri regionali abbiano il vitalizio e poi anche la seconda pensione garantita dai versamenti dei cittadini iscritti all’Inps e alle Casse. E’ un lusso discriminatorio. Deve vincere il principio di “una testa una pensione o un vitalizio)”.
Giorgia Meloni, come i suoi colleghi deputati eletti prima del 2012, ha il vitalizio calcolato (dal 2006 al 2011) con il sistema retributivo (al quale nessuno rinuncia e per il quale nessuno fino a ieri ha chiesto il ricalcolo secondo il metodo contributivo).
Due pesi e due misure rispetto ai cittadini comuni. Fantastico esempio di uguaglianza di trattamento! Il nuovo sistema di calcolo contributivo si applica integralmente ai deputati eletti dopo il 1° gennaio 2012, mentre per i deputati in carica, nonché per i parlamentari già cessati dal mandato e successivamente rieletti, si applica un sistema pro rata, determinato dalla somma della quota di assegno vitalizio definitivamente maturato alla data del 31 dicembre 2011 (con il sistema retributivo, ndr), e di una quota corrispondente all’incremento contributivo riferito agli ulteriori anni di mandato parlamentare esercitato.
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