Pensionati zero tutele, abbandonati da Pd, Pdl, sindacati: reazione ferma urge

 Pensionati zero tutele, abbandonati da Pd, Pdl, sindacati: reazione ferma urge
Enrico Letta: guerra ai pensionati

Pensioni decurtate, pensioni bloccate: è necessaria una ferma reazione della categoria. Sono milioni di voti, finora dispersi tra partiti che li hanno traditi. La verità è che i pensionati non godono di alcun privilegio né di alcuna tutela. I partiti li hanno abbandonati, in primis Pd e Pdl. Per non parlare dei sindcati, Cgil in testa, che campano sulle tessere dei pensionati e poi non fanno nulla per tutelarli.

E quelli che hanno le pensioni più alte, le hanno dopo avere lavorato dai trentacinque ai quaranta anni e, a volte, anche di più, pagando contributi elevatissimi, superiori al trenta per cento delle loro retribuzioni. Gli altri, quelli delle “pensioni da fame” in molti casi non ne hanno proprio pagati, in altri hanno smesso di lavorare molto presto. Nessuno ricorda mai che su 20 milioni di pensionati solo 12,5 hanno più di 65 anni. Gli altri sono tutti baby pensionati o comunque privilegiati il cui onere lo Stato ha scaricato sulla gestione pensionistica di chi ha pagato e che ora il Governo Letta vorrebbe far pagare una seconda volta, privandoli dei loro diritti.

Riporto qui di seguito l’articolo di Ettore Nardi, dal sito moderatiriformisti.it.

Anche la legge di stabilità contiene norme contro i pensionati. Il blocco della perequazione sulle pensioni è stato prorogato, con piccole rettifiche sulla soglia e sulle modalità di applicazione motivate solo dalla preoccupazione di evitare ricorsi all’autorità giudiziaria, ricorsi che, comunque, sicuramente ci saranno, in quanto la categoria è stanca di subire in silenzio prevaricazioni e iniquità.

Continua l’opera di spoliazione dei pensionati e di violazione del loro diritto a un equo trattamento previdenziale, nonostante tale diritto sia garantito dalla Carta costituzionale.

Purtroppo, anche questo governo dimostra di non avere il coraggio di affrontare i veri nodi che impediscono di riequilibrare i conti pubblici e, quindi, scarica l’onere della crisi sulle fasce più deboli, fra le quali i pensionati rappresentano il bersaglio preferito, sia perché colpirli è facile, sia perché, essendo una categoria molto vasta, consentono di rastrellare cospicue risorse.

Siamo consapevoli che la crisi non è finita e che é necessaria una politica di rigore se si vuole rilanciare lo sviluppo. Ma accanto al rigore serve equità.

Rigore significa che bisogna fare sacrifici. Equità che i sacrifici vanno fatti da chi ha di più e, soprattutto, da chi ha saccheggiato in passato le casse dello Stato.

E a questo riguardo c’è solo l’imbarazzo della scelta. Solo da evasione fiscale e corruzione si potrebbero recuperare duecento miliardi l’anno. Ci sono settecentotrenta miliardi di evasione già scoperti e iscritti a ruolo che, per motivi non noti, non vengono incassati.

Ci sono beni confiscati alle mafie per decine di miliardi che non vengono gestiti con criteri manageriali e valorizzati o addirittura vengono abbandonati all’incuria e al degrado. Siamo in ritardo di anni nella stipula di un accordo con la Svizzera per recuperare gettito dalla platea degli esportatori di capitali, accordo che altri Paesi europei hanno già concluso, nonostante non abbiano le nostre pressanti esigenze economiche e finanziarie. Si potrebbero ridiscutere i termini del condono di Tremonti che ha consentito ad evasori ed esportatori di capitali di sanare la loro situazione verso il fisco con un ridicolo contributo del cinque per cento.

Invece di avviare azioni concrete in queste direzioni viene scatenata una nuova guerra contro i pensionati, raffigurati come dei volgari approfittatori.

Per preparare il terreno è stata avviata una campagna scandalistica su una decina di assegni d’oro insinuando la suggestione che quella situazione riguardasse un ampio numero di pensionati. I quali, invece, hanno assegni da fame e, comunque, assolutamente insufficienti ad assicurare un tenore di vita accettabile e comparabile con quello che avrebbero dovuto garantire i contributi versati.

La verità è che i pensionati, tranne quelle poche decine, non godono di nessun privilegio. Hanno lavorato dai trentacinque ai quaranta anni e, a volte, anche di più, pagando contributi elevatissimi, superiori al trenta per cento delle loro retribuzioni. Se quei contributi fossero stati amministrati con professionalità o almeno con la diligenza del buon padre di famiglia, l’INPS e gli altri Enti previdenziali avrebbero un patrimonio enorme.

Basti considerare quale è stato, negli ultimi cinquanta anni, il tasso di rivalutazione degli immobili, attività in cui erano e sono investiti gran parte dei fondi previdenziali, per trarre conclusioni inconfutabili sulla congruità degli assegni di pensione rispetto ai contributi pagati.

Purtroppo, il patrimonio degli enti che gestiscono la previdenza è stato amministrato in modo clientelare, mediante locazioni e vendite a prezzi di favore ai componenti di lobbies e caste e agli amici degli amici, sottraendo valore ai lavoratori e ai pensionati.

Gli approfittatori non sono i pensionati, sono tutti quelli che hanno occupato a sbafo le case degli Istituti previdenziali o le hanno acquistate a un terzo del loro prezzo di mercato. E responsabili di questo scempio sono stati tutti gli amministratori e politici che hanno dettato le regole del gioco a favore di furbetti di varia origine e confraternita.

Il danno è per tutta la comunità nazionale. Ma le vittime dirette sono i pensionati che hanno subìto una rapina che dura da sessanta anni, in quanto quei beni erano stati acquistati con i loro contributi e servivano da garanzia per il pagamento delle loro pensioni.

Il livello dei trattamenti previdenziali, però, è talmente basso che, nonostante le scelleratezze commesse, nonostante il trasferimento degli oneri dell’assistenza dalla fiscalità generale alla previdenza, i conti dell’INPS sono stati sempre in equilibrio e lo sarebbero ancora oggi dopo la fusione con l’INPDAP, se lo Stato provvedesse a pagare i contributi per i propri dipendenti, facendo fronte a un suo primario obbligo giuridico, politico e morale.

La nuova stretta sulle pensioni, che è tra l’altro palesemente incostituzionale, non ha alcuna giustificazione, né sul piano politico, né su quello economico, né su quello sociale.

Ma, ora la misura è colma. Se perfino il Corriere della Sera ha dedicato un articolo di fondo al problema significa che anche i circoli dirigenti temono, o si aspettano a seconda dei casi, una reazione ferma da parte dei pensionati. Reazione che deve essere immediata e decisa. Solo così sarà possibile evitare questa continua spoliazione che dura da anni.

I pensionati hanno il dovere, oltreché il diritto, di reagire con azioni concrete sul piano politico e su quello giuridico al fine di porre un argine alle prevaricazioni esercitate nei loro confronti, prescindendo dalle Confederazioni sindacali che hanno sempre brillato per disinteresse e distacco, nonostante le adesioni di massa di cui hanno, da tempo immemorabile, beneficiato da parte della categoria.

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