Perché ce l’hanno tutti coi pensionati che riscuotono oltre 90 mila euro, definiti, con una certa faciloneria, “d’oro”?, ha chiesto Goffredo Pistelli di Italia Oggi a Franco Abruzzo, che ha risposto:
“Quali pensioni d’oro? Ho 74 anni, sono andato in pensione dopo 41 anni di lavoro, ho iniziato appena dopo la maturità classica. Poi mi sono laureato in Scienze politiche, mi sono fatto un culo tanto. Prendo più di 90mila euro perché mi pagavano bene. Difendo tutte le pensioni costruite col lavoro, versando contributi d’oro”.
Ce ne sono di meno eque, dunque?
“Certo, non difendo certo gli assegni fra 21 e 91mila euro al mese, 509 persone, dei boiardi di Stato e non solo, o almeno per quelle costruite con contributi regalati.(Per quelle costruite con il lavoro, vale il mio ragionamento garantista). Non quelle date ai dirigenti e quadri di partito da una legge voluta, ai tempi, dal vicesegretario del Psi, Giovanni Mosca. Non difendo le pensioni baby introdotte da Mariano Rumor, di cui abbiamo ricordato il quarantennale, e che pesano per 7,5 miliardi all’anno nei conti dell’Inps. Non sto dalla parte degli assegni per gli ex-parlamentari, che costano ai contribuenti 13 milioni di euro al mese”.
L’elenco dei privilegi, lei dice, sarebbe lungo, prima di prendersela con certi pensionati…
“Non c’è solo questo. Ci sono i 400 miliardi di sommerso che, se li mettessimo nel Pil, ci trasformerebbero nella seconda economia continentale, con l’indebitamento che scenderebbe al 97% sullo stesso Pil. Ci sono evasori fiscali per 280 miliardi, di cui 180 di Irpef e 100 di Iva; ci sono le quattro mafie nazionali, che “valgono” da 400-500 miliardi all’anno con le loro attività economiche illecite. Ci aspettiamo un battaglia senza soste contro queste realtà amare sconvolgenti….invece niente… ma l’attacco c’è ed è solo contro i pensionati”.
E voi pensionati “over 90mila”, di tasse invece ne avete pagate, come dite spesso…
“E ne paghiamo: arriviamo all’aliquota marginale del 43,5%. Tra l’altro, oltre a una questione di equità c’è anche un tema di sostenibilità : se lo Stato toglie a noi per dare, che so, a chi ha solo 500 euro al mese di pensione, sappia che perderà gettito fiscale, perché quei pensionati al minimo non pagheranno Irpef. […] Chiedo il rispetto del principio-cardine dell’uguaglianza economica compresa nell’articolo 3. Paghiamo tutti: pensionati e cittadini attivi. Le tasse devono essere universali, cioè colpire tutti a parità di reddito”.
Però c’è il tema del metodo retributivo con cui la sua e le altre pensioni sono state calcolate. I vostri assegni sono stati conteggiati sugli stipendi degli ultimi 10 anni, anziché sui contributi effettivamente versati durate l’intera vita lavorativa. Non pare troppo equo…
“Rifacciamo pure i calcoli, anche se, come ha detto l’ex-viceministro Stefano Fassina, non ci sarebbe più negli archivi la documentazione per farli. Secondo l’autorevolissimo Michele Carugi, con riferimento ai sistemi di calcolo del (defunto) sistema retributivo, la regola “dell’80 %”, derivante dal coefficiente 2 per ogni anno di anzianità, valeva fino a redditi di 43.000 euro lordi annui. Oltre tale limite il coefficiente decresceva e da 80.000 euro in poi diventava 0,9″.
Risultato?
“Le pensioni più alte, guarda caso proprio quelle che ora si definiscono d’oro, erano penalizzate e in molti casi (circa il 3%) davano rendimenti inferiori ai contributi. Per questo andrebbe fatta per tutte una verifica contributiva prima di toccarle, ma è proprio ciò che sindacati e populisti dei vari schieramenti non vogliono fare perché le pensioni da ritoccare dal punto di vista dei contributi sarebbero quelle medie e basse”.
“Perché Enrico Letta, che non è uno sprovveduto, ha riproposto un prelievo che la Corte costituzionale ha già bocciato con la sentenza 116/2013? Parlo del provvedimento del Governo Berlusconi entrato in vigore nell’agosto 2011…”.
“Sarà così anche questa volta, non dubito, perché la Corte costituzionale ha una straordinaria coerenza sul tema dell’uguaglianza economica. Ed è noto che anche Giorgio Napolitano avesse mandato un missus a Montecitorio, segnalando che i commi della legge di stabilità sulle pensioni rischiavano la censura dell’incostituzionalità…”.
Però poi ha promulgato…
“Che doveva fare? Mandare il Paese all’esercizio provvisorio? I mercati ci avrebbero fatto a pezzi. Sa quante norme di dubbia costituzionalità sia lui che Carlo Azeglio Ciampi hanno dovuto mandar giù? Poi la Consulta ha sanato i ripetuti vulnus”.
Letta ce l’ha con voi, dite, ma se c’è uno che, già durante le primarie dello scorso anno, aveva promesso di volersene infischiare dei diritti acquisiti, quello è Matteo Renzi…
“Tre anni fa Letta fu il primo firmatario di un’apprezzabile e condivisibile proposta di legge per abolire i vitalizi dei parlamentari. Il documento è però rimasto lettera morta, restando chiuso nei cassetti di Montecitorio senza neppure essere stato mai esaminato dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera finendo così in un cestino. Ci si attendeva ora che da premier l’onorevole Letta, coerentemente con quanto aveva ipotizzato il 21 dicembre 2010, ripresentasse questa sua proposta come iniziativa dell’Esecutivo e quindi con ben altra valenza, ma soprattutto con ottime chances di veder trasformata in legge la sua proposta”.
E invece?
“Purtroppo, almeno per il momento, queste aspettative sono andate deluse. Letta viene da una tradizione di sinistra democristiana, che ha teorizzato con don Dossetti l’alleanza con i comunisti. Questa tradizione, che nel 1976 rappresentava il 75% degli Italiani, oggi, nel Pd, raggiunge appena il 29,5%….”
Sembra, però, prudente su Renzi…
“Renzi è un nemico dei pensionati, l’ho scritto e lo ridico. Tempo fa un collega, di tradizione socialista come me, aveva scritto su Facebook che i socialisti dovevano sostenere Renzi alle ultime primarie. Sono intervenuto per dire che i pensionati socialisti non l’avrebbero fatto giammai. E poi, mi scusi, ma le pare possibile teorizzare che i diritti acquisiti non contano? Se c’è un principio cardine del diritto è che le leggi nuove regolano il futuro e non il passato, non possono essere retroattive. Ma come, tu, Stato, mi mandi in pensione con un trattamento definito dalla normativa in vigore nel 2001 e oggi, che sono rincoglionito e che non mi fa lavorare più nessuno, mi dici che cambi quelle regole e che mi tagli l’assegno?
Due parole sul movimento dei pensionati:
“Il nostro è un movimento che vuol far pressione sulla politica, che vuole dare una coscienza sociale ai pensionati (i quali non sono un “volgo che nome non ha”…come diceva Manzoni degli italiani dei secoli bui) e fare un’azione culturale nel Paese, ma abbiamo raccolto poche migliaia di adesioni qualificate e ci bastano. Sono magistrati, manager, medici, avvocati dello Stato, alti funzionari della Pa, ufficiali delle Forze armate, giornalisti, professionisti di diversa estrazione. Però questa non è solo una battaglia dei pensionati di oggi ma anche una battaglia a favore dei pensionati di domani: se passa la linea delle 7 mozioni e delle 6 proposte di legge le pensioni diventeranno il bancomat della politica”.
I commenti sono chiusi.