ROMA – Franco Abruzzo ha pubblicato questo articolo anche sul suo blog.
Paolo Serventi Longhi in Facebook scrive che il vertice dell’Inpgi “ha la capacità tecnica e politica, grazie anche alla professionalità dei dirigenti e dei dipendenti dell’Istituto, di affrontare con successo la brutta crisi che stiamo vivendo”. È un atto di fede come è un atto di fede l’affermazione di Andrea Camporese che “il tema di un eventuale passaggio (dell’Inpgi) all’Inps è fantascienza”. Eppure nel 1995 il Governo Dini ha promosso la legge 515 che consentì all’Inpdai – ente privatizzato come l’Inpgi dal dlgs 509/1994 – di tornare pubblico per poi essere assorbito sette anni dopo nell’Inps. Camporese conferma che la situazione dell’Inpgi è pesantissima (ha perso 450 mln nel periodo 2010-2014 ai quali andranno aggiunti presumibilmente altri 100/120 mln del 2015). Il presidente tace sui tagli che il Cda sta preparando (Case di riposo, reversibilità, costi interni, disoccupazione, Cigs, contratti di solidarietà, pensioni). Per quanto riguarda le pensioni in essere il presidente farebbe bene a meditare sulle sentenze della Corte di Cassazione secondo le quali gli assegni non si possono ridurre per via amministrativa. Certo il CdA può cambiare i meccanismi di calcolo delle pensioni future (ripeto delle pensioni future). E poi Camporese con orgoglio afferma che l’Inpgi dà di più dell’Inps (si pensi all’indennità di disoccupazione) e che incassa di meno, rispetto ai parametri Inps, da editori e giornalisti. La festa, però, è finita. L’allineamento all’Inps è un passo obbligatorio quanto doloroso. Prima dell’incorporazione nell’Inps come la storia dell’Inpdai insegna. L’Inpgi, ente sostitutivo dell’Inps, dovrà spiegare come farà a sfuggire al Jobs Act in tema di ammortizzatori sociali. Gli iscritti attendono chiarimenti sulla vera consistenza della riserva quinquennale (gli immobili frattanto hanno perso valore), sulla liquidità dell’ente, sulla consistenza degli affitti, sul numero delle unità sfitte, sull’incidenza dei prepensionamenti con 58 anni di età e 18 anni di contributi (con uno scivolo fino a 5 anni di contributi), sul numero dei silenti (di coloro che, iscritti all’Inpgi/1, non versano da tempo i contributi dopo aver perso il posto di lavoro), sul prestito di 35 mln alla Fieg per pagare in parte l’ex fissa (che per la Fieg significa un debito di 140 milioni verso 1.200 giornalisti), sul valore reale del Fondo immobiliare (1.200 mln contro i 696 mln del costo storico del mattone Inpgi), sulla concessione di stati di crisi troppo generosi, sulle pensioni di anzianità abolite dalla legge Fornero per gli italiani e mantenute dall’Inpgi per chi, tra i giornalisti, ha 57 anni o 62 anni (con 35 anni di contributi nei due casi). Le previsioni occupazionali fanno purtroppo piangere non solo gli attuari. Le pensioni di anzianità, 1.700 circa sulle 6mila pensioni complessive, affossano i conti della Fondazione con un peso crescente, mentre i prepensionamenti sono pagati dallo Stato e dagli editori fino al compimento dei 65 anni per poi ricadere sulle casse dell’ente. La crisi strutturale del comparto editoriale ha minato in maniera irrecuperabile il futuro dell’Inpgi (che è anche una pubblica amministrazione ai sensi del dl 16/2012). Un grande quotidiano prevede tra tre anni di diffondere 150mila copie contro le 650mila del 2003. I ministeri dell’Economia e del Lavoro vigilano e sono al corrente delle enormi difficoltà dell’Istituto previdenziale dei giornalisti. Fra quanto interverranno? E il Parlamento che fa? In diversi ritengono che collocare l’Inpgi nell’Inps sia una soluzione ragionevole da realizzare in fretta prima che la situazione diventi drammatica. Nel frattempo è possibile ottenere uno studio attuariale sull’Inpgi condotto da personalità indipendenti? Dopo il flop di quello del 2012 che assicurava una sostenibilità di 50 anni e che è stato travolto dalla crisi epocale degli anni 2012-2015 che ha tagliato l’occupazione e,quindi, il numero dei contribuenti della Fondazione. Camporese parlava di 3mila posti persi il 16 settembre 2014 e oggi, dopo 7 mesi, parla ancora di 3mila posti persi. Sarà vero?