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Pensioni. Giornalisti in allarme: qualcuno le vuole tagliare, Inpgi non può

di Marco Benedetto |16 Aprile 2015 15:47

 

Pensioni giornalisti: tagli, qualcuno li vuole, ma l’Inpgi non può, sostiene Franco Abruzzo.

MILANO – Pensioni dei giornalisti. Pensionati in agitazione perché alcuni consiglieri dell’Inpgi, l’istituto di previdenza della categoria, vorrebbero tagliare le pensioni in atto. La cosa fa scandalo perché è illegale, ma le prove di forza tentano sempre. Franco Abruzzo ha pubblicato questo articolo anche sul suo blog. L’emozione è forte e le prime righe sono tutte in maiuscolo per sottolineare lo scandalo.

È FUOCO AMICO SUI GIORNALISTI. L’INPGI SI INVENTA POTERI PARLAMENTARI E STUDIA COME TAGLIARE GLI ASSEGNI DEI GIORNALISTI AL POSTO DI CANCELLARE (COME IMPONE LA “LEGGE FORNERO”) LE PENSIONI DI ANZIANITÀ, CHE HANNO MANDATO A PICCO IL BILANCIO DELL’ENTE, E DI CHIEDERE AL GOVERNO DI ACCOLLARSI GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI (CIGS, CONTRATTI DI SOLIDARIETÀ, INDENNITÀ DI DISOCCUPAZIONE, PAGAMENTO DEL TFR IN CASO DI FALLIMENTO DELLE CASE EDITRICI), CHE PER I LAVORATORI NON GIORNALISTI GRAVANO SULLA FISCALITÀ GENERALE.

Come è sempre avvenuto in passato, si possono aumentare i contributi a carico delle aziende e dei giornalisti in attività, e si possono modificare le prestazioni riducendole. Ma senza alcun effetto retroattivo dice la Corte di Cassazione:

“I diritti acquistati e gli importi pensionistici già maturati non possono in nessun caso essere messi in discussione. Le Casse non possono ricorrere ai prelievi di solidarietà, istituto che esula totalmente dalla loro sfera di autonomia decisionale”.

Negli ambienti giornalistici milanesi e romani continuano a circolare con insistenza voci su provvedimenti del Cda dell’Inpgi diretti a tagliare stipendi e pensioni con il ricorso al varo di contributi di solidarietà. La notizia ormai è di pubblico dominio dopo l’articolo del 12 aprile. Se ne parla nelle redazioni e anche nelle sedi sindacali (come la Fnsi). Ne ha accennato Gigi Ronsisvalle, storico dirigente della Fnsi, in un dibattito sulla rete.

Eppure meno di tre anni fa, il 20 novembre 2012, il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha comunicato all’Inpgi l’approvazione del Bilancio tecnico attuariale redatto nel settembre precedente, con cui l’Istituto – alla luce di quanto richiesto all’art. 24 (comma 24) del Decreto Legge n. 201/2011- aveva tracciato un quadro prospettico rassicurante dei propri conti per i prossimi cinquant’anni. Sia per quanto riguarda la Gestione principale che per la Gestione separata.

Erano previsioni sbagliate e gonfiate?

Oggi, però, praticamente è fuoco amico sui giornalisti, proprio nel giorno in cui il Governo annuncia in Parlamento che non toccherà le pensioni superiori ai 2mila euro lordi mensili. L’Inpgi in sostanza si inventa poteri parlamentari e studia come imporre prelievi di solidarietà sugli assegni dei cronisti in attività (dal 18 al 26% sulla parte eccedente i 100mila euro lordi annui) e in quiescenza al posto di cancellare le pensioni di anzianità, che hanno mandato a picco il bilancio dell’ente, e di chiedere al Governo di accollarsi gli ammortizzatori sociali (Cigs, contratti di solidarietà, indennità di disoccupazione, pagamento del tfr in caso di fallimento delle case editrici), che per tutti i lavoratori non giornalisti gravano sulla fiscalità generale. Come é sempre avvenuto in passato, si possono anche aumentare i contributi a carico delle aziende e dei giornalisti in attività, e si possono modificare le prestazioni riducendole. Ma senza alcun effetto retroattivo.

Le difficoltà dell’ente sono collegate anche alle pensioni di anzianità, che si possono conquistare a 57 anni di età con 35 anni di contributi, ma con un abbattimento permanente dal 5 al 20 per cento. Queste pensioni (incentivate dagli editori su vasta scala) hanno messo e mettono oggi in crisi i conti della Fondazione. La legge Fornero, che ha abrogato le pensioni di anzianità, non si applica alle Casse privatizzate nel 1994: per quanto tempo ancora?

All’Inpgi, ente sostitutivo dell’Inps, il Governo potrebbe imporre, anche con la nomina di un commissario ad acta, il recepimento delle clausole della legge Fornero. Alcuni dati fanno riflettere: le pensioni di anzianità, tra il 2007 e il 2013, sono passate da 795 a 1.632, mentre i prepensionamenti da 354 a 964. Sono dati della Corte dei Conti.

Appare opportuno che i consiglieri dell’Istituto procedano in fretta ad un’attenta rilettura del coordinato disposto dell’articolo 13 dello Statuto dell’Inpgi e dell’art. 3 del Decreto Legislativo n. 509/1994 nonché dei giudicati costituzionali e della giurisprudenza della Cassazione sul punto. Secondo una traduzione meditata di tali norme si può dire che per l’Inpgi/1, – unica Cassa per legge sostitutiva dell’Inps – la delibera di modifica del Regolamento inerente le forme previdenziali e assistenziali gestite dall’Istituto in favore dei giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti (titolari di un rapporto di lavoro subordinato di natura giornalistica), può essere adottata solo sulla base delle determinazioni definite dalla contrattazione collettiva nazionale Fieg/Fnsi e portata all’approvazione dei Ministeri vigilanti (LAVORO ed ECONOMIA). Ciò significa che sulle pensioni in essere della gestione principale dell’Inpgi (o Inpgi/1) il CdA dell’Inpgi non può assolutamente intervenire per via amministrativa, perché è materia del tutto estranea alla contrattazione collettiva nazionale.

Non si possono introdurre prelievi sulle pensioni come alcuni stravaganti e impreparati consiglieri dell’Inpgi hanno proposto a titolo di ipotesi (0,1% sugli assegni fino a 10mila euro; 1% sugli assegni fino a 30mila euro; 2% sugli assegni da 31 a 60mila euro; 4% sugli assegni da 61 a 91mila euro, mentre gli assegni superiori a 91 mila euro subiscono, ex legge 147/2013, prelievi del 6, 12 e 18 per cento). Il divieto per il CdA dell’Inpgi di introdurre prelievi è peraltro in linea con quanto sentenziato recentemente per ben due volte di seguito dalla Cassazione civile.

Pertanto invito chi di dovere a meditare molto attentamente sul da farsi e a rispettare leggi, regolamenti e la Costituzione.

 

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