Pensioni, Renzi: “Nessuno le toccherà!”, Cassazione: “Contributo di solidarietà vietato”

Pensioni, Renzi: "Nessuno le toccherà!", Cassazione: "Contributo di solidarietà vietato"
Pensioni, Renzi: “Nessuno le toccherà!”, Cassazione: “Contributo di solidarietà vietato”. Nella foto: Matteo Renzi (ANSA/ALESSANDRO DI MEO)

Pensioni: “Nessuno tocca le pensioni retributive”, il primo ministro Matteo Renzi non era mai stato tanto chiaro:

“Chi prende una certa cifra, anche se inferiore rispetto a quanto effettivamente versato, non rischia in alcun modo di vedersela ridotta”.

Renzi lo ha messo nero su bianco in una lettera a un quotidiano e diffusa dalla agenia Ansa:

“Le pensioni,oggi, sono sicure per tutti. Per la prima volta in Italia, dopo anni, si parla di pensioni non per ridurle, ma per aumentarle. Tra intervento sulle pensioni basse e meccanismi per favorire l’anticipo di uscita, sulla previdenza vogliamo mettere più soldi, e non di meno come accaduto in passato”.

Le parole di Renzi si aggiungono alle precise indicazioni delle massime istanze giudiziarie in Italia, la Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione: gli enti previdenziali privatizzati possono “variare gli elementi costitutivi del rapporto obbligatorio che li lega agli assicurati”, ma non possono sottrarsi in parte all’adempimento, riducendo l’ammontare delle prestazioni mediante l’imposizione di contributi di solidarietà”.

Sono parole pesanti come sassi, che rendono ardua una delle mosse che la Riforma Inpgi sta studiando, un contributo di solidarietà sulle pensioni già erogate fino al 20%, come esaurientemente riferisce Daniela Stigliano. Una mossa che equivale a un vero e proprio esproprio proletario che fa ricordare i tempo della Autonomia padovana, di scarso effetto sui conti Inpgi anche se di sicura presa demagogica.

Per il resto, per quanto la nuova riforma INPGI (quella di un anno fa è già stata bocciata dai Ministeri preposti alla previdenza) si preannunci come “veloce, violenta e cattiva”, molti dubitano che passi anche questa volta al vaglio dei tecnici ministeriali in quanto i cambiamenti introdotti potrebbero essere giudicati non sufficienti a riportare in equilibrio i conti delle pensioni dei giornalisti.

Per le pensioni dei giornalisti dal gennaio 2017 arrivano le regole Inps e le misure più “cattive” della manovra Fornero. In qualche caso, persino peggiorate. Contributivo per tutti, età pensionabile a 66 anni e 7 mesi, introduzione dell’aspettativa di vita, flessibilità in uscita a maglie strette e a caro costo, stop alla pensione a qualsiasi età con 40 anni di contributi, nuovi prelievi sulle retribuzioni e una stretta ai contributi figurativi per chi è in cigs o in solidarietà. Certo, qualche mini-salvaguardia è prevista e si ipotizza un triennio di progressivo “assestamento”. Ma l’impianto replica al 90% le norme Inps. E lo scalone c’è da subito. In particolare per le donne, che nello spazio di un mattino passeranno dai 62 ai 64 anni per accedere alla pensione di vecchiaia, dopo altri 12 mesi saliranno in un sol colpo a 65 anni e 7 mesi, per ritrovarsi equiparate definitivamente agli uomini nel 2019, con il requisito di 66 anni e 7 mesi. Poletti e Padoan daranno l’Ok o chiederanno altri sacrifici?

I ministri vigilanti continuano a chiedere, con urgenza, incisivi interventi: calcolo contributivo, inserimento dell’aspettativa di vita e quindi allungamento dell’età pensionabile, revisione di tutte quelle misure di salvaguardia inserite a tutela degli iscritti e non più sostenibili. Nel futuro dei giornalisti, ci saranno pensioni più basse, età pensionabile più alta e una stretta sul welfare; in pratica un graduale allineamento all’Inps. La riforma dell’editoria all’esame del Senato autorizzerà il Governo a ridimensionare l’accesso ai prepensionamenti. Il ruolo del professor Mauro Marè, plenipotenziario del ministro del Lavoro nel Cda dell’Istituto: “Il mio obiettivo è quello di evitare il commissariamento della Fondazione a patto che il Cda accetti la linea dei Ministeri vigilanti”.

Sulla sentenza della Corte Costituzionale che ha salvato il Governo sul contributo di solidarietò, ma solo fino a un certo punto, invito a leggere il commento dell’ Avv. Pietro Frisani.

 

Ecco anche una interessante e chiara massima della Cassazione:

“L’art. 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995 permette agli enti previdenziali privatizzati di variare gli elementi costitutivi del rapporto obbligatorio che li lega agli assicurati, ma non consente agli stessi di sottrarsi in parte all’adempimento, riducendo l’ammontare delle prestazioni mediante l’imposizione di contributi di solidarietà”.

Come è sempre avvenuto in passato, si possono aumentare i contributi a carico delle aziende e dei giornalisti in attività, e si possono modificare le prestazioni. Ma senza alcun effetto retroattivo.

I ministri vigilanti continuano a chiedere, con urgenza, incisivi interventi: calcolo contributivo, inserimento dell’aspettativa di vita e quindi allungamento dell’età pensionabile, revisione di tutte quelle misure di salvaguardia inserite a tutela degli iscritti e non più sostenibili. Nel futuro dei giornalisti, ci saranno pensioni più basse, età pensionabile più alta e una stretta sul welfare; in pratica un graduale allineamento all’Inps. La riforma dell’editoria all’esame del Senato autorizzerà il Governo a ridimensionare l’accesso ai prepensionamenti. Il ruolo del professor Mauro Marè, plenipotenziario del ministro del Lavoro nel Cda dell’Istituto: “Il mio obiettivo è quello di evitare il commissariamento della Fondazione a patto che il Cda accetti la linea dei Ministeri vigilanti”.

I ministri vigilanti continuano a chiedere, con urgenza, incisivi interventi: calcolo contributivo, inserimento dell’aspettativa di vita e quindi allungamento dell’età pensionabile, revisione di tutte quelle misure di salvaguardia inserite a tutela degli iscritti e non più sostenibili. Nel futuro dei giornalisti, ci saranno pensioni più basse, età pensionabile più alta e una stretta sul welfare; in pratica un graduale allineamento all’Inps. La riforma dell’editoria all’esame del Senato autorizzerà il Governo a ridimensionare l’accesso ai prepensionamenti. Il ruolo del professor Mauro Marè, plenipotenziario del ministro del Lavoro nel Cda dell’Istituto: “Il mio obiettivo è quello di evitare il commissariamento della Fondazione a patto che il Cda accetti la linea dei Ministeri vigilanti”.

stituto che esula totalmente dalla loro sfera di autonomia decisionale”.

Un lampo inquietante sul futuro di Inpgi, a conforto delle misure studiate per la Riforma (solidarietà esclusa) viene dalla relazione della Corte dei conti sull’esercizio 2015 Inpgi/1.

“Continua il progressivo peggioramento del saldo della gestione previdenziale e assistenziale (pari a -111,9 milioni, a fronte di -81,6 milioni nel 2014; -51,6 milioni nel 2013; -7,4 milioni nel 2012). Il bilancio tecnico acquisito dall’Istituto nel maggio 2016, che tiene conto della normativa vigente (dell’effetto, cioè, dei soli interventi di riforma approvati dai Ministeri vigilanti), espone una situazione, a giudizio dello stesso attuario, di non solvibilità della gestione, con un patrimonio che si azzera nel 2030 e torna ad essere positivo solo dal 2060.

“Il quadro che emerge dai risultati del 2015 è reso, dunque, ancor più preoccupante dall’andamento prospettico della gestione ed impone agli organi di amministrazione dell’Inpgi di porre responsabilmente in essere ulteriori, severi interventi per rimediare ad una situazione, altrimenti, in modo serio compromessa”.

 

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