Banca Carige, ultimo fulmine su una Genova devastata da temporali autorigeneranti

di Franco Manzitti
Pubblicato il 28 Ottobre 2014 - 06:35 OLTRE 6 MESI FA
Banca Carige, ultimo fulmine su una Genova devastata da temporali autorigeneranti

Banca Carige, ultimo fulmine su una Genova devastata da temporali autorigeneranti

GENOVA – Anche questo potrebbe essere considerato un temporale autorigenerante, di quelli che scaricano fulmini a raffica e restano sempre lì sopra, nel cielo nero di Genova, ex Superba. Ma il fulmine, che una domenica di fine ottobre la Bce pianta nel cuore finanziario della città, sul tetto al quattordicesimo piano della sede Carige, la banca-mamma dei genovesi, l’istituzione-madre di un apparato economico finanziario fondato nei secoli dei secoli, fa più rumore di quelli alluvionali del 7 e 8 ottobre 2014, perchè colpisce una tradizione a prova non di fulmine, ma di bomba atomica.

Genova è ancora velata del fango trascinato dal Bisagno e scossa dalle polemiche che da due settimane divorano le istituzioni, i partiti politici, i leader azzoppati, come il sindaco Marco Doria e il presidente della Regione Claudio Burlando, incerta sui rimborsi, paralizzata sulla ripartenza del suo disastro idrogeologico. Ma la ferita finanziaria con la censura Bce, che la colpisce insieme al Monte dei Paschi, uniche due banche italiane punite, va più a fondo dell’acqua limacciosa delle esondazioni, degli straripamenti, del fango spalmato ovunque.

Addio Cassa di Risparmio, oggi Carige, addio al suo primato, bruciato in un anno solo tra il 2012 e il 2013, di banca non scalabile-blindata dalla sua Fondazione che ne possedeva il 43 per cento e ora andrà a averne in tasca non più del 5%, addio alla sua patrimonializzazione record degli anni 2010 2011, svuotata, dopo,il crak del titolo in Borsa, dal primo aumento di capitale del 2014 di 800 milioni di euro e ora pronta alla trasfusione attraverso Mediobanca per altri 650, anticamera quasi certa di una scalata che non si sa da che punto cardinale arriverà, ma che è sicuramente pronta.

Non basta vendere finalmente le assicurazioni, la vera zavorra da decenni della Carige, che finalmente il nuovo managment sta piazzando al gruppo Apollo, fondo Usa, che si inghiottirà Carige Assicurazioni e Carige Vita, al prezzo di 300 milioni, per un comparto iscritto a bilancio a 270, che andrebbero a incidere a bilancio per un patrimonio di 100 milioni.

Hanno voglia le fonti della banca a tranquilizzare sulla solidità della Carige, che è finita sotto censura solo per gli stress test ipotizzati da Bce. Le attività di bilancio (Aqr) sono state considerate solide, le mosse del nuovo cda avrebbero messo al sicuro il patrimonio “dimagrito”. Ma la botta della domenica ha steso in borsa il titolo fino al meno 37 per cento, fino all’intervento della Consob che ha bloccato il patatrac.

Titolo sospeso e una parte della città con il fiato sospeso. Ieri l’alluvione con la sua scia di fango e purtroppo di morte, ora la conferma della tempesta perfetta della battaglia finanziariaa che da un anno e mezzo ha capovolto il destino della Carige e con esso la certezza granitica di una larga parte del risparmio genovese e ligure. Quella banca, un anno esatto prima che il temporale autorigenerante si piazzasse sul suo grattacielo, si era sdoppiata in Carige Italia per separare la gestione del “fuori Liguria”, un gigante della raccolta e dell’attività bancaria, cresciuto a dismisura sotto la guida funambolica di Giovanni Berneschi, il doge, il presidente amministratore, l’uomo che sembrava il deus ex machina dei destini genovesi e che le ispezioni a ripetizione di Bankitalia, con i rapporti catastrofici prima e poi le inchieste della magistratura, hanno trasformato nel diavolo.

Oggi Berneschi è libero dopo una lunga detenzione agli arresti domiciliari, intervallato dal carcere, ma si è trasformato in un fantasma come ex doge, mentre come imputato deve difendersi da accuse durissime, assolutamente imprevedibili per chi lo ha conosciuto e frequentato, per chi ci ha trattato.

Eccolo il temporale autorigenerante che ha fatto saltare l’ex doge dalla sua poltrona in quell’ufficio al quattordicesimo piano del grattacielo Carige, prima togliendogli il bastone del comando del colosso bancario, poi nella seconda fase della tempesta, facendolo arrestare sotto una valanga di accuse per avere compiuto misfatti inenarrabili attraverso le società assicurative della Carige, manovrate come strumento per comprare e rivendere a prezzi decuplicati immobili e altri beni, trasferendo all’estero decine di milioni di euro, con la complicità di soci, amici, professionisti.

Quel temporale ha svelato che l’uomo-banca, quello che, salito ai vertici dal grado di fattorino, era diventato l’interlocutore principale per ogni operazione economico-politico-sociale-culturale della città, era, invece una specie di Paperon dei Paperoni segreto, capace di accumulare illecitamente un patrimonio nel quale non tuffarsi, come faceva l’eroe di Walt Disney, ma costruire una fortuna destinata a cosa?

I più vicini a lui, i più sorpresi, sostengono che la mira fosse quella di comprarsi la banca intera di cui era socio minoritario al 6%, che lui aveva sviluppato, trasformandola nella sesta per patrimonializzazione in italia, facendola passare da settanta a settecento sportelli, acquisendo altre banche, come quel goiellino milanese della banca d’affari Ponti (che ora servirà alla ricapitalizzazione), portando i dipendenti del Gruppo a 3500, il più potente datore di lavoro della Regione.

Illazioni di sabbia e accuse che, per quanto gli è stato possibile, Berneschi ha respinto come schizzi di fango, ma della sua difesa, che si immagina monumentale e molto prescrittiva, non si ha ancora traccia precisa perchè fin’ora l’ex doge si è dovuto proteggere dai temporali autorigenerati che lo hanno schiantato e solo da un mese è fisicamente un uomo libero. Libero processualmente, ma inchiodato da un destino micidiale: la sua agibilità nella città è praticamente impossibile tanto grande è stata ed è la pubblicità negativa che lo ha circondato e lo sta circondando.

Era il più potente ed ora è un uomo solo, che neppure la famiglia può aalleviare molto perchè la vicenda giudiziaria ha anche svelato la difficoltà dei rapporti con il figlio, uno dei suoi accusatori più virulenti, ancorchè da lui beneficiato e con la nuora coimputata e che, sempre secondo quelle accuse, lui usava nelle operazioni proibite che gli sono contestate con montagne di documenti dalla Procura della Repubblica di Genova.

Ma il temporale Berneschi è solo quello iniziale di una vicenda che ha steso al suolo anche la Fondazione Carige, la principale azionista della fu banca-mamma e da quello si generò l’altro temporale con fulmini e saette, che costrinse il presidente Flavio Repetto, il notissimo imprenditore dolciario, Elah, Dufour, Novi, Baratti &Co a lasciare la poltrona dalla quale pensava di governare i destini della banca di cui deteneva, appunto, il 43%, garantendone, durante la grande crisi incominciata nel 2008, l’autonomia e la base ligure.