Uno dei tre medici che ha portato in Italia il Remdesivir, farmaco in pista contro il Coronavirus, è Matteo Bassetti, direttore della Clinica delle Malattie Infettive al Policlinico di san Martino a Genova.
È figlio d’arte, in quanto erede diretto di uno storico infettivologo genovese e italiano, arrivato sotto la Lanterna quasi due anni fa da Udine, con un curriculum di carriera e pubblicazioni alto così, molto mediatico e per questo anche contestato.
Nei giorni in cui il titolo alla borsa di New York della Gilead Science, la società che produce il farmaco antivirale, vola, il virologo superstar Anthony Fauci definisce “positivo” il suo effetto per bloccare il virus.
Bassetti non rivendica meriti speciali per sé e la sua équipe, da sessanta giorni nella front line contro l’epidemia nella corsia del San Martino.
“Conoscevamo quel farmaco – spiega in tutta tranquillità – che era stato usato contro l’ebola e poi in altri casi contro i Coronavirus, anche in casi di epidemia dei cammelli.
“Per questo motivo dopo lo Spallanzani di Roma e insieme a qualche ospedale ticinese, lo abbiamo chiesto all’azienda americana che lo produceva.”
L’iter, incominciato a Genova ai primi di marzo , come sempre in questi casi, non è stato rapidissimo.
Bisognava ottenere il farmaco negli Stati Uniti, chiedere al comitato etico il suo “uso compassionevole”, cioè assolutamente ridotto nei casi e sperimentale.
”Il protocollo per usarlo in una pratica sperimentale non è stato quindi rapido”, aggiunge Bassetti.
“Lo avevo chiesto per trattare 21 pazienti, il progetto è stato approvato per 11 e io ho avuto il tempo di sperimentarlo per tre casi, qualcuno dei pazienti per i quali lo aveva programmato erano deceduti nel frattempo”.
E come è andata per quei tre casi?
“Molto bene in tutti e tre i casi”, risponde l’infettivologo.
E spiega come, in questi casi, in attesa di uno studio più allargato, si parla di “medicina anedottica”, che secondo la scienza e gli scienziati come lui necessita di una sperimentazione maggiore.
Per questo la Clinica di Genova aveva chiesto di poter sperimentare a largo raggio.
Come è noto l’Agenzia per il Farmaco ha autorizzato dieci centri in Italia, ma ha tagliato fuori San Martino, che era stato il primo a chiederlo.
Bassetti ha reagito molto polemicamente, sostenendo anche che la scelta aveva risposto a criteri geopolitici sfavorevoli a Genova e in favore di centri anche molti più piccoli, ma protetti da maggioranze politiche più vicine al governo romano, al Ministro della Salute.
Ne è nata una gran bagarre a Genova, con Bassetti sbattuto in mezzo a un ciclone soprattutto da qualche “colonnello” del Pd locale, che lo accusava di fare politica con i farmaci, insomma di buttarla in politica.
[Alla fine, con qualche giorno di ritardo, è arrivato il congrordine. Anche Genova, informa il Secolo XIX, sarà inclusa.]
Senza capire che attaccare lui significava anche prendersela con l’Università della quale il medico è un professore.
La scelta di esclusione aveva colpito un medico in trincea da due mesi con la sua squadra.
Mentre il suo reparto era sotto la pressione di ricoveri e emergenze massicce e la sua Clinica era diventata in Liguria il cuore della battaglia contro il virus sconosciuto.
Essa probabilmente derivava non solo da una “piccola” battaglia sanitario politica, ma piuttosto dallo scontro economico di grandi aziende farmaceutiche in guerra tra loro sulla frontiera dell’epidemia mondiale.
Inghiottita la delusione per la esclusione, Bassetti preferisce analizzare ancora l’efficacia del Redmesivir.
“Recentemente uno studio dell’autorevolissima rivista New England ne raccomanda l’utilizzo – dice. – So anche che uno studio cinese è sfavorevole e sostiene che il farmaco “non accelera il recupero dei pazienti”.
Ma quest’ ultimo lavoro non è completo e sopratutto non è suffragato da sufficienti trial. “
Il parere critico di Bassetti sulla sentenza arrivata dalla Cina è stato confermato proprio nelle ultime ore dalla rivista Lancet, in un articolo molto secco sulla vicenda: i ricercatori invitano a prendere con le molle i risultati cinesi, appunto per le piccole dimensioni del trial.
Ma quando va usato questo farmaco nel corso della malattia e per quali scopi nella sua evoluzione ancora così misteriosa?
“In una patologia come questa ricorrere al Redmisivir è utile proprio perché partiamo praticamente da zero e i primi risultati sono stati positivi – risponde Bassetti.
“Il tempo di utilizzo, a mio avviso, deve essere il più precoce possibile, all’insorgere dell’infezione per sperare di avere un effetto fausto.
“L’obiettivo è quello di abbassare la carica virale e, quindi, di bloccare il decorso della malattia.
“In una battaglia come questa abbiamo sperimentato e sperimentiamo tanti farmaci,come per esempio l’idrossoclorichina, che purtroppo non ha avuto esiti positivi…….
“Abbiamo usato anche terapie sperimentate contro l’HIV….. in questo momento tutte le terapie che stiamo facendo per i pazienti con Coronavirus sono sperimentali .
Il protocollo regionale è fatto, appunto, anche di farmaci per l’Hiv, come Lopinvir o Ritonavir…..
“Ed è in corso una sperimentazione supportata da Roche su oltre 50 pazienti anche per il Tocilizumab , il farmaco per l’artrite reumatoide, che si è rivelato efficace per ridurre l’infiammazione polmonare, scatenata dal Covid 19. ”
Come dire, lasciateci studiare, lasciateci sperimentare nell’interesse dei pazienti.
Ora anche la Food and Drugs Administration americana è pronta ad autorizzare in emergenza l’uso del farmaco sperimentale Remdesivir.
Anche Anthony Fauci approva dal cratere americano dell’epidemia.
La battaglia iniziale di Matteo Bassetti, insieme allo Spallanzani di Roma, assume una importanza maggiore e le polemiche che lo hanno coinvolto per un suo presunto uso politico della questione Remdesivir appaiono esagerate, fuori tempo rispetto all’emergenza.
Abituato oramai a comparire frequentemente nelle trasmissioni tv di ogni livello, rete e audience, Bassetti è molto deluso di pagare la sua visibilità con questo prezzo di aggressioni politiche.
“Sono tornato a Genova dopo 8 anni a Udine, vincendo il concorso – dice- se immaginavo che la città era diventata così non sarei certo tornato……”
Il prezzo di questa esposizione medica e anche “politica” continua intanto a salire.
Negli ultimi giorni il professore è stato attaccato perché la sua foto è apparsa sui muri di un Hotel Residence, in un elegante quartiere genovese, gestito da sua moglie, come garanzia di una corretta sanificazione degli ambienti preparati a ospitare i pazienti Covid positivi in convalescenza, grazie a un accordo con la Regione.
Si è scatenata una seconda tempesta con l’accusa di uso improprio dell’immagine professionale contro l’infettivologo che, non essendo certo uno con i peli sulla lingua, ha replicato che lui usa “la sua popolarità come meglio crede.”
D’altra parte Bassetti non è uno che tace e se ne sta quieto in corsia: la frontalità davanti all’emergenza dell’epidemia di questo medico , cui i mezzi di comunicazione hanno fatto ricorso massicciamente negli ultimi mesi da ogni parte, è sempre più esplicita.
“Continuare con le chiusure del Paese in questo modo – commenta per esempio- mi sembra un azzardo pericoloso, è come inseguire la pancia della gente, la paura, invece di ragionare bene su come contrastare i contagi e combattere la malattia. L’11 maggio la Francia, che confina con noi a due passi da qua, apre tutto e noi restiamo chiusi……che senso ha?”
Intanto Bassetti il Redmesivir non lo può usare sui suoi pazienti. E pensare che a inizio tempesta, quasi in sintonia con la sua richiesta alla casa americana di spedirglielo, il New Yorker, una delle più autorevoli riviste americane, aveva dedicato a questo farmaco una analisi precisa e stringente.
Insieme al NHC il Remdesivir veniva indicato come il farmaco più efficace nelle ricerche più recenti delle case farmaceutiche americane.
La grande esposizione del clinico infettivologo genovese ha ovviamente suscitato la domanda di una sua possibile candidatura politica, ovviamente nelle fila del centro destra, governato dal potente e molto appariscente presidente Giovanni Toti, alla vigilia di una campagna elettorale “sotto Coronavirus”. “ Me l’hanno chiesto in tanti di entrare in politica _ è la risposta secca_ Non ci penso nemmeno!”