Genova come l’araba fenice grazie a un giovane assessore. Ha demolito il simbolo principale delle mitiche “giunte rosse”, l’alleanza PCI-PSI, che negli anni Ottanta del secolo scorso avevano segnato Genova con la Diga.
Era una immane costruzione di edilizia popolare tirata su a Begato, collina della ultra popolare Valpolcevera. C’erano dentro questa muraglia 700 appartamenti, appunto di edilizia popolare, non un “non luogo”. Peggio, un girone infernale abitativo, una catasta di cemento che saldava la collina proprio come una diga.
Le ruspe del nuovo corso l’hanno sbriciolata, prima pezzo a pezzo, sotto l’occhio soddisfatto di questo quarantenne avvocato, che sta diventando l’astro nascente della politica genovese.
Pietro Piciocchi. Allievo di due giganti della tradizione giuridica di Genova, Victor Uckmar, il fiscalista e Lorenzo Acquarone, l’amministrativista.
Questo avvocato, un pezzo d’uomo, sposato con sei figli che alleva come una tribù, è contemporaneamente l’assessore al Bilancio e ai Lavori Pubblici del Comune di Genova. Vale a dire quello che tiene la cassa da una parte. E dall’altra spende i soldi pubblici per realizzare le grandi opere, che stanno incidendo il territorio della Superba.
Lavora all’ombra, ma oramai neppure troppo, di Marco Bucci, il sindaco manager, ma anche “o scindaco ch’o cria”, il sindaco che urla in dialetto genovese. Anzi ne era il vicesindaco. Ma poi per ragioni di equilibrio nella coalizione di centrodstra, che forma la maggioranza genovese, si è accontentato di fare l’assessore dei due principali centri di potere dell’amministrazione.
“Non sono leghista!”, ti dice con forza, smentendo le voci nate dai suoi primi incarichi giovanili nello staff dell’allora ministro “lumbard” Roberto Maroni. A fianco della ligure Sonia Viale, ex sottosegretaria e ex assessore leghista alla Regione Liguria.
“Mi definisco simpatizzante di centro destra e correrò nella prossima campagna elettorale nella lista del sindaco Bucci”, spiega, prendendo chilometri di distanza dagli schieramenti classici delle forze politiche. Come il suo capo, con il quale ha trovato una sintonia perfetta, dopo inizi difficili.
“Dopo i primi mesi volevo andarmene”, racconta, descrivendo le discussioni con Bucci e i toni alti di quegli scontri iniziali.
Poi i due hanno trovato una sintonia perfetta. Ex boy scout il sindaco e vicino all’Opus Dei il suo superassessore. Che da studente impegnato si è formato nei centri di studio dell’Opera, nelle residenze di preparazione religiosa e lavorativa, allestite in città.
Ha incominciato come trentenne commissario dell’Istituto Brignole, grande opera di assistenza agli anziani, un vero problema genovese, da lui risolto anche rapidamente.
Così il duo Bucci-Piciocchi è diventato la locomotiva di questa amministrazione genovese, che sta preparandosi alla campagna elettorale imminente. Nella quasi sicurezza di vincere contro un centro sinistra che non è ancora in grado di scegliere il candidato sindaco.
“Bucci è l’uomo dell’azione, spiega Piciocchi dal suo ufficio di super assessore, ultimo piano del palazzo Albini, che sta tra la strada dei Re, via Garibaldi e il Paradiso di Giorgio Caproni. la stazione di arrivo dell’ascensore di Castelletto. E io sono quello dell’esecuzione.”
“Ho ereditato come assessore al bilancio situazioni molto difficili, racconta, citando i deficit abissali di Amiu, azienda della raccolta spazzatura. Le difficoltà di Spim l’azienda “immobiliare” del Comune. E Iren la grande potenza energetico elettrica che Genova divide con Torino.
“Abbiamo rotto gli schemi precedenti e creato una squadra forte, tra amministratori e burocrazia, una gran bella squadra e così abbiamo sistemato i conti.” Luccicano un po’ gli occhi al superavvocato, ricordando il buco sanato dell’Amiu, 250 milioni e il bilancio genovese agonizzante sotto un deficit ereditato dagli anni Settanta e Ottanta. A partire dal rosso dell’AMT, l’azienda dei trasporti.
“Avevamo tutta la Fiera del Mare ipotecata, a partire dall’ultimo padiglione costruito, il Jean Nouvel. E ora lì stiamo ricostruendo un intero quartiere con il Water front di Levante…… Oggi le cose vanno meglio.”
Piciocchi fa il modesto, attribuisce molti meriti alla sua squadra, “da cui ho imparato molto”. Poi però si vanta di avere ricostruito un rapporto con Roma e i ministeri, grazie al quale ha riempito il vuoto delle precedenti amministrazioni di sinistra, soprattutto quello creato dal sindaco-marchese Marco Doria.
“A Roma non esistevamo, io ci vado tutte le settimane, anche due volte e oggi questo lavoro è fondamentale, soprattutto ora che avanza il Pnrr.”
L’operazione Fiera del Mare è la più apparente. Con quell’area alla Foce del Bisagno, il torrente che portava solo disgrazie alluvionali in totale rivoluzione. Ma l’assessore-avvocato ritiene che la svolta vera della sua azione sia arrivata quando Bucci, alla fine del 2018, gli affidò prima la delega delle Case Popolari e poi quella dei Lavori pubblici.
“Così sono diventato l’amministratore che tiene la cassaforte, ma anche quello che decide come e dove investire nelle grandi operazioni di lavori pubblici.”
Un segreto, ma non anche un rischio? Piciocchi è un uomo sicuro di sé e della sua azione. Lo vedi muoversi tra un piano e l’altro dei palazzi del potere genovese con rapida efficienza. Ha un ufficio in questo angolo di paradiso della città, quasi sospeso sopra il dedalo dei caruggi, e l’altro nel “Matitone”, il grattacielo a Ponente, che ospita la maggior parte degli uffici comunali.
“Da un punto di vista immobiliare Genova aveva molti problemi, per esempio quello di un eccesso di appartamenti classificati A1, la categoria di lusso. Ne aveva più di Milano, che era un vero paradosso. Sono riuscito a farne declassare un migliaio, facendo un accordo con lo Stato e sbloccando così una partita delicata che gravava sul mercato immobiliare.”
Ma la partita della quale l’uomo nuovo di questa Genova, un po’ dominata dalla figura di Bucci, sindaco, commissario, regista della costruzione rapida del Ponte e inventore del “modello Genova”, è più orgoglioso, resta la demolizione della Diga di Begato.
“Un’operazione di demolizione di 175 mila metri cubi, che è costata 30 milioni, con la quale abbiamo dimostrato che non si può dire mai che non ci sono soldi”, spiega- E ricostruisce la sfida, che ha significato anche ricollocare logisticamente 776 abitanti. E lanciare una nuova idea di edilizia popolare.
La Diga di Begato era opera di Piero Gambacciani, un architetto toscano che ha lasciato segni profondissimi nel territorio genovese. Ha costrueito non solo la Diga, ma anche la Corte Lambruschini, un massiccio centro direzionale nel cuore della città, sconvolgendo il panorama. E anche edificando un quartiere sulle alture di Quarto a Levante.
Gambacciani era l’architetto-ideologo delle giunte socialcomuniste, che inventavano la “città policentrica”.
A quaranta anni di distanza la prima giunta di centro destra, insediata nella ex roccaforte rossa, sta cercando di smantellare pezzo a pezzo quel modello. E così Genova sembra un immenso cantiere di demolizione e ricostruzione.
Agli ordini di Toti, Bucci, della Regione, del Comune e operativamente di questo avvocato, che si vanta anche delle sue esperienze accademiche di professore a contratto alla Bocconi e di paginate intere di pubblicazioni scientifiche in materia giuridico amministrativa, le ruspe sono come truppe mosse su tutto lo scacchiere.
La vena di questa colossale trasformazione urbanistica è cominciata con l’operazione ponte Morandi, agli ordini del sindaco Bucci. Demolizione e ricostruzione in 18 mesi, grazie alle regole del commissariamento.
Piciocchi era l’uomo che nelle ore della tragedia era riuscito a sistemare i cerca 800 abitanti delle case sotto il ponte, abbandonate di corsa nel timore che tutto il ponte crollasse. “E’ stata un’esperienza unica, di alleanza con le persone che dovevamo assistere. In quelle ore difficili ho pregato che credessero in quello che stavamo facendo, racconta l’avvocato con un po’ di commozione, si trattava di trovare soluzioni temporanee, poi definitive. “
Li è cominciato il lavoro di collaborazione con Bucci commissario per il Ponte da rifare. E lì Piciocchi lavora all’ombra di Bucci, gestendo tutte le deleghe dei rapporti con la struttura commissariale.
Ma finito il ponte dei record, ecco che è toccato alla città, in quella che Bucci chiama “la vision” di Genova e che i suoi oppositori gli contestano. Sostenendo che si tratta solo di operazioni con gruppi di potere economico che “entrano” nella città grazie a Bucci e alla sua linea.
Così quelle ruspe stanno spianando il terreno per costruire a Sampierdarena la seconda sede della Esselunga. La catena commerciale non poteva mettere piede a Genova con le giunte di centro sinistra, quando dominavano solo le Coop e la loro Lega.
Così sta per essere ricostruito l’Hennebique, il gigantesco silos, costruito all’inizio del Novecento in mezzo al porto antico e da decenni vuoto e cadente. Così le ruspe abbattono la vecchia Miralanza, stabilimento da 150 mila metri quadri, nel cuore della Valpolcevera. È la ex fabbrica di Calimero, il pulcino nero che “Ava come lava” faceva tornare bianco e pulito nei caroselli anni Sessanta. E preparano lo spazio per un centro polifunzionale, praticamente sotto il nuovo ponte San Giorgio.
E la politica? “Io lavoro per la coalizione, politicamente sono sobrio, non mi riconosco in alcun partito, parteciperò alle elezioni comunali nella lista di Bucci, sono geloso della mia autonomia.
Se proprio devo collocarmi dico che sono simpatizzante del centro-destra, spiega Picciocchi, che, però, poi spiega che dalla politica non vuole assolutamente dipendere.
“Ho 44 anni e mi piacciono le grandi sfide, i grandi progetti – racconta elencando: migliorare le infrastrutture, portare l’Università agli Erzelli (costa 155 milioni, ma i soldi si trovano), realizzare un campus universitario nell’area dell’Albergo dei Poveri, dove nascerà il polo umanistico e si realizzeranno gli studentati. Lo sapete che ci sono il 22 per cento di matricole in più iscritte al nuovo Anno Accademico?”
In questa vision ultra ottimistica del super assessore ci sono altri step (che l’opposizione chiama ancora chiacchiere e non progetti veri). Per esempio una spettacolare cabinovia, che porti i turisti dal porto antico alla muraglia dei grandi forti settecenteschi che fanno da corona alla città. “Leitner e Doppelmayr, due grandi aziende internazionali, si sono già offerte per costruirla, dice Piciocchi. Intanto abbiamo in cassa 70 milioni per collegare i forti con strade e sentieri e rendere fruibile la nostra Muraglia.”
Dalla grande Diga sbriciolata ai Forti sulle colline, nessuno ferma l’avvocato assessore nella sua scalata in verticale.