Genova verso le elezioni “sbanda”: per il Pdl da Vinacci a Vinai

 

genova
Genova (Lapresse)

GENOVA – Con tutto il rispetto per gli interessati, il passo è quello degli ubriachi. A due mesi e sei giorni dalla ipotetica data del primo turno elettorale amministrativo la Destra genovese, forse galvanizzata dall’ipotesi di conquistare dopo quaranta anni il Comune, si muove come in preda a una sbornia politica dall’altissimo tasso alcolico. E non solo perchè gli ultimi candidati in lizza si chiamano Giancarlo Vinacci e Pierluigi Vinai, ma perché i passi di approccio al lancio della candidatura dell’aspirante sindaco sbandano come quelli di un ubriaco.

Pierluigi Vinai, 45 anni, membro dell’Opus Dei, sposato con quattro figli, superprotetto dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, vice presidente della potente Fondazione Carige ( azionista di maggioranza della banca Carige) si era presentato, poi si era ritirato, si è inchinato a baciare tutti gli anelli di cardinali e vescovi possibili, sparendo nei corridoi e nelle sacrestie ed ora riappare sul limitare della candidatura, spinto anche dal suo ex padrino, l’onorevole “a sua insaputa”, Claudio Scajola. Lo ha rilanciato, tra schivate, graffiate, vendette, minacce e dimissioni in un Pdl allo disfacimento, la rinuncia di Giancarlo Vinacci, 54 anni, ad di Maximaa, società di intermediazione finanziaria e immobiliare, un genovese che ha fatto fortuna a Milano, un perfetto Carneade fino a cinque giorni fa, scoperto dai rivali di Scajola, il senatore Luigi Grillo spezzino ed ex sottosegretario e oggi presidente della Commissione Trasporti e da Sandro Biasotti, deputato, ex governatore della Liguria, nell’unica parentesi di destra in Liguria dalla fondazione della Regione, anno 1970. Vinacci con il suo sorriso da manager di successo, passato da Mediobanca a Mediolanum, zeneise de Milan, figlio di un fiaschettiere dei caruggi genovesi (nomen Homen), era stato sbattuto in pista direttamente in braccio a Silvio Berlusconi dal Biasotti in persona. “Ecco il candidato che ci può far vincere contro il comunista Marco Doria”_ gli aveva detto soddisfatto l’ex Governatore. E Berlusconi affabile si era intrattenuto tra Palazzo Chigi e Palazzo Grazioli con il pimpante manager. Salvo poi chiedere al suo fido, o ex fido, Scajola che aveva incontrato a pranzo: “Vinacci, ma chi è costui?”. Scajola e nessun altro lo sapeva e così con Scajola furibondo per non essere stato informato prima, quasi come quando l’ineffabile Biasotti, da presidente della Regione nel 2000 gli aveva nascosto il comma di una legge che cancellava da Cornigliano l’Ilva, la fabbrica dell’acciaio ex Italsider, oggi della famiglia Riva, tra Genova e Roma è incominciata una sararabanda, appunto da ubriachi.

Il Pdl stava già incassando il rifiuto di illustri personaggi interpellati all’ultimo momento e presi un po’ a casaccio nella hit parade genovese: l’amministratore delegato del Genoa Alex Zarbano, preziosissimo manager di Enrico Preziosi, il presidente dell’Ordine dei Medici Enrico Bartolini, l’imprenditore Franco Gattorno, il superavvocato Gianno Gerbi e prima ancora l’ultimo erede della famiglia Costa, Beppe il padrone dell’Acquario genovese, terminalista e con molte mani in pasta nelle stanze del potere genovese: dalla Fondazione Cultura a Confindustria Genova. Tutti invitati al “concorso di bellezza” della candidatura e tutti un po’ dubbiosi, ma poi fermi a rifiutare la fascia della miss. Al giochino della scelta, organizzato dai due tronconi della Pdl, spaccata tra Imperia e Genova-Spezia e anche nel cuore di Genova, con figure un po’ di secondo piano a menare la danza, partecipavano in seconda fila i fedelissimi o ex fedelissimi, quasi tutti in fuga della Pdl, ex Forza Italia, ex chissa cosa, come appunto il suddetto Pierluigi Vinai, anche lui fino a qualche anno fa un Carneade, ex giovane impiegato della Dc, conquistato da Forza Italia e dall’Opus Dei, diventato l’uomo cerniera tra il Vaticano, dove dominava il cardinale Tarcisio Bertone e la politica negli anni splendenti di Claudio Scajola, del quale era diventato una sorta di scudiero in grisaglia scura. Il concorso di bellezza va per forza rievocato perchè la consigliere regionale Raffaella della Bianca, biondina di acciaio, si era anch’essa proposta come candidato, fino a schiantarsi di fronte alle distanze prese nei suoi confronti. Altro che concorso la Della Bianca è uscita dal partito e ora si propone come animatrice di una lista civica. Magari per correre con un’altra fascia? Questa fibrillazione permanente, alimentata dalle diaspore scajolane, sempre più vicino a Casini, sempre più pronto a capeggiare la grande fuga dalla Pdl di quaranta deputati e dieci senatori (notizia anticipata un anno fa da Blitzquotidiano) e dalla confusione genovese, è diventato un parossismo quando il Pd genovese e ligure si è schiantato nelle Primarie, elidendo la sindaco uscente Marta Vincenzi e la sua sfidante, Roberta Pinotti e presentando al concorso di bellezza niente meno che il marchese diseredato Marco Doria, professore di sangue blu ma di bandiera politica sempre rossa o meglio arancione per la sua vicinanza al Sel. “Una occasione così non ci capita più” _ hanno pensato a Destra, dimenticandosi che la scelta era meglio farla un po’ prima. Genova è una città complessa, piena di macerie, difficile da conquistare e poi il galeone di Marco Doria aveva preso il largo bene, conquistando anche larghi e imprevisti strati di quella borghesia moderata che doveva essere il bottino elettorale della Destra. E poi, ancora, c’era un altro concorrente in fuga, colui che nella pancia della Pdl viene considerato un traditore, il senatore Enrico Musso, passato due anni fa dalla Pdl al gruppo misto, già opzionato dal Terzo Polo, malgrado i dubbi della Chiesa e del cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo genovese, presidente Cei, interlocutore preferito della politica italiana in evoluzione. Insomma, in prima fila nel concorso di bellezza, che è diventata la corsa a palazzo Tursi, sede del Comune genovese, nella strada, via Garibaldi, dove spicca come patrimonio dell’Unesco anche la magione dei Doria, c’erano già l’ex marchese e l’ex enfant prodige di Scajola-Berlusconi, trasmigrato per grande delusione verso il centro liberale. Nell’affannoso tentativo di recupero, con sbandate un po’ ubriache, la sfida Vinai-Vinacci, cioè l’apparato di partito contro l’esterno si è complicata per un tentativo della Curia genovese di frapporsi nella sfida, sussurrando a Casini e Scajola qualche perplessità sul laicismo di Musso e sul comunismo di Doria. Dai caruggi genovesi, dove si erge la cattedrale di san Lorenzo, sarebbe partito un doppio siluro verso i galeoni di Musso e Doria in una clamorosa interferenza tra Stato e Chiesa, che mai si era vista a Genova, neppure quando il cardinale era il campione dei tradizionalisti, il cardinale- Principe, Giuseppe Siri e i leaders politici, gente come Paolo Emilio Taviani, e i sindaci Vittorio Pertusio, Augusto Pedullà sicuramente cattolici, ma anche Gelasio Adamoli, comunista. Ma quelli erano altri tempi di muro a muro ideologico e un uomo tutto d’un pezzo come Siri poteva solo offendersi perchè nella sua Genova si varava il primo centro sinistra comunale della storia italiana nel 1961, ma con una sfilza di assessori democristiani, pronti baciare l’anello e a inchinarsi, come oggi fa Vinai. Inoltre la presunta interferenza è stata sicuramente un po’ enfatizzata dal patatrac di tutti i partiti, dal vuoto della politica e quindi dalla possibilità di “forze esterne” di far sentire il proprio pensiero. La Vincenzi non era certo cattolica e il suo predecessore Giuseppe Pericu non un baciapile, anzi e tutti i sindaci precedenti dagli anni Settanta in avanti sono sempre stati socialisti, laici anche materialistici storici. E allora? Possibile che l’eccitazione della Chiesa genovese sia stata così forte da mettersi in mezzo alle due candidature più quadrate? A pensare male si fa peccato ma qualche volta ci si azzecca e così le soffiate della Curia potrebbero essere state suggerite da alcune grandi questioni che galleggiano nella città dolente, dove il grande ospedale cattolico, il Galliera, di cui il cardinale è istituzionalmente presidente, deve essere ricostruito, con tutti i permessi del Comune e dove l’altro ospedale-chiave, il Gaslini dei bambini. Di cui sempre il cardinale è presidente della relativa Fondazione, deve essere rilanciato in una competition spinta con il Bambin Gesù di Roma, dove regna il cardinale Tarcisio Bertone con i suoi manager come Giuseppe Profiti, ex dirigente in regione a Genova.

Che ci azzecca questa storia ospedaliera con il concorso di bellezza? Ci azzecca, perchè i cosidetti poteri forti, quelli che stanno molto vicino alla Chiesa e ai suoi ospedali (presidente del Gaslini è Vincenzo Lorenzelli, un forte rappresentate dell’Opus Dei, già rettore del Campus biomedico a Roma, già presidente della Fondazione Carige) trovano sicuramente più sponde in un candidato come Pierluigi Vinai, anche lui, appunto Opus dei, che nei laici e laicisti Musso e Doria. C’è da sbandare molto a seguire questo percorso difficile, che i concorrenti stanno per affrontare. Quello che è sicuro è che, uscito il Pd di scena con l’eliminazione in semifinale delle sue zarine Vincenzi e Pinotti, per la prima volta la battaglia di Genova è aperta e si combatte per terra e per mare. Sbronze a parte.

Gestione cookie