Genova, la sinistra rivuole il sindaco. Ecco il candidato. Si presenta così, Ccn un golfino grigio e la barba folta, tutto molto “de sinistra”.
Seduto su uno scomodo tavolo di marmo, solo e senza angeli custodi, l’avvocato Ariel Dello Strologo si è finalmente presentato in pubblico per spiegare la sua sfida per conquistare a Genova. Quella che una volta era la roccaforte rossa. Dove ora sventolano i vessilli di Marco Bucci, il sindaco manager sostenuto dalla destra, ma sopratutto da se stesso.
Ariel Dello Strologo ha cinquantasei anni, tre figli, due ventenni e uno più giovane, una moglie molto esperta di comunicazione. La sua carriera professionale ha avuto inizio nello studio De Andrè, il fratello del mitico “Faber”. Oggi socio legale di Paolo Momigliano, il presidente della Fondazione Carige, dépandances a Roma e Milano,
Il candidato ha spiegato il senso della sua battaglia e accennato al programma che si oppone alla “vision” del suo concorrente.
Il sindaco che grida. Ha costruito in 18 mesi il ponte Morandi crollato, che ha riconnesso la città. E ha fatto sbarcare Esselunga a Genova, dopo decenni di ostracismo “rosso”. Che sta ricoprendo la città di cantieri, opere pubbliche. Ha demolito la più grande costruzione del regime “rosso”, la Diga di Begato, costruita solo nel 1981 dalla giunta di Fulvio Cerofolini, il sindaco socialista lombardiano, stra-alleato dell’allora dominante Pci del 46 per cento nelle elezioni.
Per spiegare quali sono, oltre al suo Pd (iscrizione della prima ora, militanza scarsa) le forze che lo sostengono, Ariel ha tirato fuori di tasca un foglietto. “Scusate, tutte non me le ricordo a memoria”, ha spiegato, leggendo dodici sigle di partiti, partitini, movimenti, movimentini, liste anche con tre soli adepti.
E già ciò dice quanto lunga sia stata la gestazione di questa candidatura, che “bolliva” da anni, che era passata attraverso la forca delle ultime elezioni Regionali di fine 2020. Quando il ministro ligure Andrea Orlando aveva preferito a Dello Strologo un altro candidato, forse più di sinistra, andando però incontro alla sconfitta più severa che la sinistra e il centro sinistra abbiano mai subito in Liguria.
Ora il riscatto della sinistra a Genova è nelle mani di questo tranquillo avvocato.
Già amministratore delegato della Porto Antico Spa (dove l’aveva insediato Adriano Sansa, allora sindaco di Genova, il famoso ex pretore d’assalto dei tempi d’oro), oggi anche presidente della Comunità ebraica.
Salutato da un colossale respiro di sollievo e dagli applausi liberatori di tutto un mondo di sinistra e di vicinanza alla sinistra che da sette anni a Genova vive un po’ come tra le catacombe. Sconfitto più volte, incerto sulla sua presa nell’ex popolo, che era dominato un tempo dalla macchina gioiosa di guerra del Pci, diventato Psd, poi Ds. Infine, dopo la fusione a freddo con la Margherita, Pd.
Ma non solo gli apparitikit del fu Pci, a Genova: il mondo delle fabbriche, degli operai, che non ci sono più.
Delle banchine portuali svuotate di forza lavoro, delle periferie, che oggi guai a chiamarle così. Ma anche quella ampia zona grigia di sinistra moderata, border line con la borghesia illuminata, da anni rincantucciata, silenziata dalla pandemia.
Ma anche dalle sberle elettorali e dalle cavalcate trionfanti della Destra, dove la Triade Bucci, Toti e il presidente del Porto, Paolo Emilio Signorini, hanno fatto tabula rasa del dibattito politico. Dragando finanziamenti, ma soprattutto azzerando spinte anche intellettuali e morali a costruire una vera opposizione.
Nella sua prima apparizione, significativamente nel giardino di Palazzo Rosso, uno dei gioielli genovesi, ex residenza dei grandi benefattori ottocenteschi duchi di Galliera, di fronte al Comune ospitato nell’altro splendido Palazzo Tursi, Dello Strologo ha dimostrato che, finalmente Genova è “contendibile”.
Che, cioè, una battaglia si può fare, dopo questi anni di arretramenti, se non di resa.
Mentre una generazione si ritirava a raccogliere funghi e coltivare verze (si veda l’ex super leader Claudio Burlando). O ingiustamente veniva condannata per le alluvioni (si veda la sventurata Marta Vincenzi, ex sindaco). E l’altra generazione si pensionava, occupandosi di fondazioni Pci o di studi della memoria antica socialcomunista.
E mentre la nuova generazione, composta da un gruppo di bravi ragazzi, cercava di tirare fuori la testa, capitanata dal neo segretario provinciale, Simone D’Angelo. Una specie di Giobbe della trattativa per la pazienza esercitata a coagulare quelle dodici sigle, intorno alla nascente barba di Dello Strologo.
La formula Dello Strologo è il rovescio della “full action”, molto yankee di Bucci e dei suoi giannizzeri.
Genova non è “meravigliosa”, ma “disorientata e frammentata”.
Ha perso negli ultimi cinque anni altri trentamila abitanti, altro che una popolazione di 750 mila che vive e opera in città, secondo il breviario Bucci. Ha almeno 130 mila abitanti, su 550 mila, che vivono oramai sulla soglia della povertà, cui la pandemia ha dato il colpo di grazia.
In questa situazione la politica “smargiassa” di Bucci e C, che predicano parlando di una pioggia di 6 miliardi in arrivo e di un PNRR diventato Piano Marshall e di cantieri e opere pubbliche, che stanno esaltando una trasformazione visibile, va ridotta a zero.
“Io mi batterò prima di tutto per eliminare le diseguaglianze, che non sono solo quelle economiche, ma che sono anche sociali e culturali”, ha sostenuto Dello Strologo, marcando il grande disagio che Genova vive “a occhio nudo”, nella totale sottovalutazione della giunta Bucci “dove da cinque anni, ha insistito, non c’è neppure un assessore ai servizi sociali.”
Di fronte all’attivismo “made in United States” di Bucci e soprattutto del suo superassessore Pietro Piciocchi, Dello Strologo non si scomposto. Nei programmi di Bucci ci sono nuovi Water front, ruspe in azione ovunque, funivie dal Porto Antico al sistema dei Forti sulle alture. E ancora metropolitane e ovovie per il trasporto pubblico nelle valli del Bisagno e del Polcevera. Una ovovia per raggiungere la collina di Erzelli, dove sorge la cittadella hig tech e la futura Università di Ingegneria. E un mega ospedale, già opzionato dal gruppo del San Raffaele di Milano.
Anzi Dello Strologo ha lanciato una nuova soluzione di trasporto pubblico.
Più parsimoniosa, più ecosostenibile. “Il tram ovunque, ha raccontato, è la soluzione. Basta copiare le grandi città europee e anche molte città italiane, dove quel tipo di servizio funziona.”
Sembra la saga dei Nibelunghi: una volta c’erano i tram. Poi li hanno tolti, ora li rivogliono. Ritorno al futuro.
Rispondendo alle, per altro non molto aggressive domande dei giornalisti, e in qualche caso anticipandole, il candidato ha anche “sminato” la prima polemica che poteva defragargli nei piedi.
In quanto avvocato era membro del consiglio di amministrazione di Suberba, un’azienda di depositi petroliferi, che il sindaco Bucci ha annunciato di voler trasferire dalla zona di Multedo a quella di Sampierdarena, in una banchina del terminal di ponte Somalia.
Il trasloco sta suscitando una guerra a Genova con la potente ex delegazione di Sampierdarena, che si oppone al trasferimento di quei depositi.
E così Dello Strologo si è trovato in mezzo al fuoco. “La mia posizione è cambiata: sedevo in quel cda come avvocato dell’azienda. Oggi sono un candidato che fa programmi per la città. Mi sono dimesso da quella carica. Penso che quei depositi vadano trasferiti, ma non vicino a un quartiere cittadino, ma in una area portuale sicura.”
E così il primo affondo del sindaco Bucci, che aveva accusato il suo concorrente di avere cambiato idea e quindi di essere nella condizione di poterla cambiare di nuovo, è stato rintuzzato.
Ma questo è solo l’inizio della battaglia che continuerà per i prossimi mesi
Sarà interessante seguirla, perché arriva dopo un bel lustro di quasi silenzio politico.
Un osservatore attento, anche se molto parziale, delle vicende genovesi, Luca Borzani, ex assessore comunale delle Giunte di Beppe Pericu, storico di professione, presidente di Palazzo Ducale, prima di Luca Bizzarri, ha spiegato che ora la partita è aperta. Anche perché la sinistra si è finalmente unita e rappresenta una coalizione larga, mentre la destra è caduta nel vizio che affliggeva la sinistra: sparare sul quartiere generale.
Ed è vero: da un mese la Lega, alleata in Regione e in Comune, spara alzo zero sopratutto sul presidente Giovanni Toti, compagno d’arme di Bucci. E ne chiede il ridimensionamento in modo continuo e polemico, accusandolo di pensare al suo futuro politico di “centrista”, alleato di Renzi, Calenda e compagnia cantante. E abbandonare la Regione al suo basso profilo, soprattutto nel delicatissimo settore della Sanità.
La questione apre bene il panorama incerto.
Anche se Bucci è fuori da questa polemica, rassicurato da tutti i suoi alleati (a differenza dal sindaco di Savona, PierLuigi Peracchini, già giustiziato sull’altare di questi dissapori), il crak della alleanza monolitica di centro destra è molto forte. E le manovre al centro possono dissanguare l’elettorato fedele a Bucci.
Italia Viva, rappresentata in Liguria da Raffaella Paita, deputata e presidente della Commissione Trasporti, ex pulzella di Claudio Burlado, oggi renziana di ferro, sta per decidere se schierarsi con Bucci, che in passato ha elogiato chiaramente. O se restare nell’alveo del centro sinistra.
Soprattutto oggi che il campione in corsa è un progressista moderato, che non viene dall’album di famiglia più schierato della vecchia sinistra. Né dai movimenti più radicali della nuova “Grande Alleanza”.
Il conto alla rovescia è cominciato e ora si aspetta il primo match diretto tra il sindaco urlante e il candidato soft, che ha in preparazione un suo piano. Bucci sarà obbligato a confrontarsi.
Il manager travolgente, che ha tirato fuori Genova dal cataclisma del ponte crollato, dalle alluvioni, dalle mareggiate e che viaggia ogni giorno sfornando cantieri e nuove opere si troverà davanti la “vision” contrapposta di una città più equa, uguale e sostenibile, dove la gente sarà più protetta.
Insomma miliardi e cantieri contro la lotta alle diseguaglianze. Ma i cantieri e i miliardi trasformati in opere si possono vedere. Mentre la riduzione delle diseguaglianze, il lavoro sull’equità sociale, i servizi alla persona, possono rischiare di essere letti come bla bla.
Ma almeno c’è anche un tram, al quale quel centro sinistra, che finalmente tira su la testa, può attaccarsi e ripartire.