A Genova bolle la ribellione, la burla dei ministri evoca Balilla e i ganci dei portuali

di Franco Manzitti
Pubblicato il 22 Settembre 2018 - 07:30 OLTRE 6 MESI FA
Genova, burla dei ministri in visita e bolle la ribellione

A Genova bolle la ribellione, la burla dei ministri evoca Balilla e i ganci dei portuali

GENOVA – Fino a quando non scatteranno i geni dei genovesi e, ricordando la loro storia profonda di rivolte e liberazioni, non si ribelleranno al minuetto che si sta ballando intorno al ponte maledetto e crollato, che il governo stenta a decidere di ricostruire?

Il tanto sbandierato Decreto Genova, che il premier Giuseppe Conte prima e poi il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli sono venuti, nell’arco di cinque giorni, a mostrare, rispettivamente davanti alla folla di Piazza De Ferrari e tra gli sfollati della “zona rossa”, non è ancora stato firmato. Il nome del commissario speciale con i superpoteri non è stato né indicato, né scelto. Si susseguono le riunioni, i vertici tra i governanti di Roma e i vertici delle istituzioni genovesi, il presidente della Regione Giovanni Toti, confermato per 11 mesi commissario all’emergenza e Marco Bucci, il sindaco, con il vice ministro genovese, il leghista Edoardo Rixi, a fare da cuscinetto tra i romani e i genovesi. Ad ogni fine riunione Toti, sempre più teso, spiega che non si può perdere un’ora prima dell’inizio dei lavori, ma oramai l’annuncio è diventato una litania, a Roma, a Genova, sotto il ponte, nell’ultima riunione in Prefettura, all’inaugurazione del Salone Nautico. E i giorni scivolano e le settimane scivolano e oramai siamo a quaranta giorni del crollo….

I sensori, che dovevano dire quando gli sfollati potevano andare a recuperare quel che si può trasportare dalla loro casa sotto il ponte, ci metteranno un mese o due a dare un responso di stabilità. Intanto arriverà l’autunno, l’inverno, le piogge e gli sventurati sono fuori casa, ospitati o sistemati nell’unica operazione perfettamente efficiente che sia stata compiuta dal Comune, il più efficace a soccorrere. Le polemiche incominciano a inasprirsi sulla questione chiave, che è quella della revoca della concessione a Autostrade, perseguita da Di Maio e Toninelli, con insistente e martellante pervicacia, come se fosse il fatto risolutivo.

Alla revoca si innestano le procedure di rimborso per i danneggiati, gli inviti perentori a versare queste somme entro trenta giorni, ma anche le le immancabili contro deduzioni, i ricorsi che gli avvocati migliori del foro italiano sono stati chiamati a preparare da Autostrade spa.

E allora la pazienza dei genovesi incomincia a diventare rabbia e non si tratta solo dei danneggiati diretti da questa immane tragedia, ma un po’ di tutta la città, che non esce dalla atmosfera luttuosa in cui l’ha precipitata il crollo del 14 agosto.

Oramai si contano con cifre sempre più preoccupanti i danni subiti dai diversi settori dell’economia genovese. Non c’è solo il porto, “sale” di Genova con i suoi traffici, fino a ieri in salita e con il suo grande indotto, che perde il 35 per cento di gettito fiscale nell’ultimo mese, con i grandi liners mondiali che incominciano a dirottare le navi su altri porti, ma tutte le attività si riducono e, se si ci si può consolare con la 58 esima edizione del Salone Nautico, che sventola le sue vele e testimonia il rilancio del settore della Nautica, il resto frena e intorno ai mozziconi di quel ponte spezzato che domina la Valpocevera si avvitano tutte le speranze di una prospettiva di uscita dall’emergenza.

Il sindaco Bucci si danna con i suoi tecnici e l’esercito dei comunali per alleviare le difficoltà, ma lotta contro una mobilità urbana ultra collassata. In settimana è dovuta intervenire la polizia nella stazione del metrò di Brin sull’unica linea genovese che arriva alla soglia del ponte, nel quartiere-confine di Certosa. Troppa folla, troppi rischi per una infrastruttura che era considerata secondaria e ora è essenziale ma sovraccarica .

Con grande entusiasmo è stata inaugurata la Strada Superba, una via alternativa, costruita in meno di un mese nelle aree dello stabilimento Ilva, per far scorrere il traffico dei mezzi pesanti diretti ai terminal portuali di Sampierdarena, tremila al giorno almeno, e per toglierli dal traffico urbano, che è alla canna del gas ogni giorno e non è ancora piovuto.

Peccato che il ponte, che serve a entrare su questa strada, sia stato dichiarato inagibile per i mezzi più pesanti di 7 tonnellate. Dovrà essere rinforzato, ci vorranno due mesi e nel frattempo su quella pista possono passare solo Tir vuoti o mezzi più leggeri.

Insomma Genova combatte con i mezzi che ha, con le soluzioni che mette in campo l’attivismo h24 di questo sindaco manager che si è trovato in mezzo a una tempesta forza nove e del commissario Toti, che governa anche la Regione e che è non è certo amato dai ministri pentastellati, concordi nello stoppare la sua candidatura a commissario alla ricostruzione. Così i commissari saranno due, uno all’emergenza e l’altro al ponte, se si decideranno a nominarlo.

Toninelli nella sua visita a Genova per inaugurare il Salone Nautico ha dato chiari segnali dell’atteggiamento pentastellato sui tempi e i modi della ricostruzione. Arrivato a Genova, ha prima di tutto visitato gli sfollati, facendo aspettare per un’ora la cerimonia di inaugurazione del Salone, ha risventolato il Decreto Genova ( che non è ancora pronto per la firma), insistendo sulle agevolazioni sui fondi, sui risarcimenti, sulle misure per aiutare l’economia genovese a risollevarsi dalla botta, sulle 500 assunzioni negli enti locali. Sul ponte e sulla sua ricostruzione ha solo spezzato una lancia per il progetto pubblicato sul blog di Beppe Grillo, dove compare il disegno di una colossale infrastruttura, una costruzione immensa con spazi anche sopra le campate per passeggiate pedonali, una immensa gabbia lunga un chilometro e duecento metri, una colossale diga che spezzerebbe la valle in due L’architetto che firma questo colosso è Stefano Giavazzi.

La sua idea è di “riqualificare l’intera area”, non solo ricostruire il ponte, inglobandolo e non demolendo. Si prevede di rinforzarlo e di ampliarlo, in una nuova “visione dell’abitare”, creando gallerie commerciali, piste ciclabili, spazi per il pubblico. E in mezzo, ovviamente, le corsie dell’autostrada. Sarebbe una specie di nuovo pezzo di città orizzontale e realizzerebbe, appunto, una nuova “macchina dell’abitare. Quanto tempo ci vorrebbe per costruire questo super ponte non è dato sapere. Si capisce, invece, che è un progetto antitetico rispetto a quello di Renzo Piano, per altro amico di Grillo.

I genovesi hanno subito commentato che se la strada fosse questa per rifare il Morandi, sarebbe come distendere il Biscione, grande costruzione di edilizia popolare edificata negli anni Sessanta sulle alture della Valbisagno, una specie di mostro urbanistico. Toninelli ha spiegato bene che la visione grillina è quella di un “ponte” dove si può anche socializzare, probabilmente passeggiando a cento metri di altezza sulla pista costruita sul tetto…andando in bicicletta e facendo shopping. Un delirio.

Poi a Genova è arrivato anche Matteo Salvini, ministro dell’Interno, in maglietta bianca di ordinanza per il Salone ( ma che cosa ha uno staff che lo veste per ogni visita?) e ha usato toni meno polemici con le Autostrade, spiegando che Genova “non cerca vendette” e che ci sono già nomi di candidati per il commissario, ma che lui non li svela. “Deve essere uno veloce, in gamba, efficiente e fortunato…non lo invidio.”

Per Salvini in versione Salone Nautico Genova e l’Italia hanno bisogno di molte infrastrutture, ponti, autostrade, Terzo valico…Chissà cosa ne pensa Di Maio con la sua decrescita felice… e il niet alle grandi opere pubbliche. Sul palcoscenico disastrato di Genova ora le due visioni sono platealmente contrapposte.

Grillo ha, intanto, definito il progetto pubblicizzato nel suo blog “ a dir poco geniale”.Genova, in realtà, ha bisogno di ben altro e sopratutto di decisioni rapide, che non sembrano arrivare.

La città incomincia a muoversi, organizza petizioni trasversali, raccolta di firme con iniziative slegate da partiti e movimenti ufficiali, organizza dibattiti in cui si confrontano anche personaggi importanti di Genova, ex sindaci, ex presidenti del Porto. In una lettera pubblicata da “Il Secolo XIX” e inviata a tutte le autorità costituite, dal presidente Conte fino alle istituzioni locali, con le firme dell’ex sindaco Beppe Pericu, per dieci anni al governo della città, dell’ex direttore del Secolo XIX ed ex senatore Carlo Rognoni, di Roberto Speciale, già euro deputato e segretario regionale del Pci, di Giuliano Gallanti, per dieci anni presidente del porto e presidente dell’Associazione internazionale dei Porti, di Bruno Giontoni, già presidente di Coop Liguria si sintetizza l’emergenza, mettendo al primo punto la ricostruzione rapida del ponte e l’invito secco “perchè la cattiva politica non intralci la ricostruzione del ponte”. La cattiva politica è anche quella lenta?

Ora è atteso per lunedì il presidente della Repubblica Mattarella, che anche lui verrà a visitare il Salone, simbolo della ricostruzione auspicata, ma sicuramente andrà sotto il ponte e incontrerà una delegazione di sfollati e magari si recherà a trovare i feriti rimasti ancora in ospedale. Non farà una passerella propagandistica, come quella dei ministri gialloverdi, con o senza maglietta, ma sicuramente percepirà il clima genovese che sta diventando pesante.

E allora anche alla luce di queste mobilitazioni, se si cercano geni genovesi, il dna di questo popolo oggi sofferente, di gente pratica anche un po’ sobria, ma essenziale, decisa nel difendere la propria identità nei momenti giusti, si trovano diversi momenti nei quali la ribellione, la reazione è scattata nella pancia profonda della città contro gli invasori, contro il nemico, ma anche contro chi stava in qualche modo ingannando la popolazione, trattandola da sottoposta, giocando sulla sua passività, sulle sue sopite reazioni.

E’ facile ricordare, nel lontano 1746 il ragazzo Balilla, Giovanni Battista Perasso, che lanciò il sasso contro le truppe austro piemontesi, che occupavano Genova e la vessavano con il loro esercito. Da quel sasso, dall’invito in dialetto “Che l’inse?”, “che incominci”… e dalla rivolta conseguente, partì una liberazione. La stessa che il 25 aprile 1945 i genovesi conquistarono da soli, primi e unici nella guerra di Liberazione a cacciare senza l’aiuto degli alleati, i tedeschi dalle loro strade, dalle loro piazze.

Nel famoso 30 giugno del 1960 fu sui ganci dei camalli genovesi che si schiantò il tentativo di una svolta a destra del governo del paese e lì cadde il governo Tambroni, quando il congresso del Msi era stato organizzato proprio a Genova, capitale dell’anti fascismo. La piazza genovese per i lunghi anni Settanta e Ottanta è stata la prima a opporsi, di fronte alle decisioni dei governi che la classe operaia rifiutava. Come un seme di ribellione, di rivolta, magari in questi ultimi casi ideologicamente pilotato, in altre occasioni no, ha sempre serpeggiato nell’anima di questo popolo un po’ chiuso, orograficamnente forgiato dallo stare stretto tra la montagna e quel mare Mediterraneo delle tre religioni, delle scorribande,oggi della immigrazione incontrollabile, abituato a difendersi e contrattaccare, coprendosi le spalle, lanciando le sue flotte per i mari, ma utilizzando il suo territorio avaro di spazio, le sue strade, il suo ombelico di vicoli, di caruggi, la ragnatela misteriosa del suo centro storico. Genovesi, genta diversa, come diceva Dante, ma gente capace improvvisamente di farsi valere, sfidando chiunque. Oggi, in tempi tanto diversi, quel seme, quel gene, quel Dna pulsano ancora e non ci sarebbe da stupirsi se una troppo lunga attesa sotto quel ponte maledetto li scatenasse ancora.