Madonna della Guardia e San Giorgio non si toccano,un prete sfida Genova, come reagirà il nuovo vescovo?
Alla cerimonia per benedire il nuovo Ponte san Giorgio, vanto di Genova, c’era lui. Davanti aveva tutte le autorità possibili e immaginabili dello Stato, dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, alla presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia, al premier Giuseppe Conte e ai suoi ministri, compreso l’ex pentastellato Toninelli.
Lui si è presentato con il suo saio da francescano conventuale, il cordone intorno ai fianchi. E solo la zucchetta violacea in testa per far capire che era lui l’arcivescovo.
Padre Marco Tasca, ex superiore generale dei francescani conventuali, trentaduesimo successore di san Francesco, già amministratore di Assisi e delle sue opere, da due mesi neppure arcivescovo di Genova, ha uno stile diverso.
Diverso dai suoi predecessori. Dall’ultimo, il cardinale superimpettito e elegantissimo, Angelo Bagnasco, sempre in porpora e gemelli ai polsi.
Dall’irruento Tarcisio Bertone, poi diventato segretario di Stato Vaticano.
Sopratutto dal cardinale -principe Giuseppe Siri il due volte papa mancato.
Tasca non abita neppure nell’appartamento curiale nel palazzo all’ombra della cattedrale di san Lorenzo. Dove, tra corridoi pieni di grandi affreschi e dei ritratti dei suoi predecessori, cappelle riservate e grandi saloni sprofonda la storia della Chiesa genovese.
Ha scelto il convento dei suoi frati francescani sulla collina di Albaro, una piccola camera con un letto spartano, un tavolo di lavoro e un comodino.
Scende improvvisamente a dire Messa in uno degli altari laterali di questa chiesa, appartata rispetto al centro cittadino.
E fa visite inattese nelle parrocchie genovesi, senza preannunci e messaggi. Arriva con il suo saio, senza scorte e chiede di celebrare tra lo sconcerto dei fedeli, abituati a ben altro cerimoniale.
Padre Tasca finora ha concesso una sola intervista al giornale della città. Senza roboanti annunci o grandi novità. Se non il suo non protagonismo.
Un solo messaggio ha fatto trapelare per una Diocesi che sta assistendo un po’ stupita ma silenziosa, a questo nuovo pastore. Dopo il 13 anni di Bagnasco. Dopo la folgorante meteora di Tarcisio Bertone. E gli altri arcivescovi che avevano sempre il tono dei principi della Chiesa.
E non è perché lui probabilmente non sarà in futuro cardinale, con le nuove geografie disegnate per il sacro Collegio da papa Francesco.
Così è il suo carattere di veneto gioviale, allegro, ma molto deciso. Soprattutto nell’osservare lo stile del papa che lo ha scelto per Genova. Ha raccomandato ai suoi preti di non scegliere il protagonismo, l’esibizionismo.
Ma di concentrarsi nel lavoro parrocchiale, affidando a queste comunità un ruolo centrale nella vita diocesana. Tasca ha scelto uno stile Santa Marta per la sua organizzazione di vita. E vorrebbe che il suo gregge lo imitasse con atteggiamenti non altisonanti e concentrati nel lavoro comune, nella preghiera collegiale.
Certo, questa è stata la Chiesa di don Andrea Gallo, “il prete da marciapiede”, come si definiva. Di don Antonio Balletto, il prete dei libri, l’intellettuale raffinato con grande coscienza civico politica. Di don Gianni Baget Bozzo, il prete adorante la Madonna. Ma anche i socialisti, Craxi. E infine, perfino eurodeputato sotto la bandiera di Berlusconi.
Tutti fari che si accendevano con grande luce nella città di Genova e oltre. Diventando protagonisti non certo solo della vita ecclesiale, ma di quella civile e politica.
Oggi i tempi sono cambiati molto e di questi preti showman ne sono rimasti pochi anche a Genova.
C’è, però, l’indescrivibile don Paolo Farinella, parroco della chiesa di san Giorgio, un gioiellino dei caruggi genovesi. Prete dalle posizioni sconcertanti.
Capace di chiudere i portoni della sua chiesa a Natale per protestare contro le feste troppo consumiste. Di scrivere nei suoi articoli, pubblicati da Repubblica edizione ligure, di avere molti dubbi nella sua fede. Di attaccare il suo cardinale di turno, quando c’era.
Farinella recentemente si è di nuovo scagliato contro la Madonna della Guardia, la protettrice della città, cui è dedicato un popolarissimo Santuario sulle alture genovesi.
Ha sostenuto che la devozione per lei è il frutto di una colossale truffa ai danni dei fedeli, per indurli a versare oboli e a concentrarsi su quel Santuario. Dimenticando le vere opere di bene.
Inoltre per lui la Madonna è – testualmente nel suo ultimo articolo– “una ragazza madre palestinese.”
Un vero cavallo di battaglia quello della Madonna della Guardia per questo prete. Un prete che ha anche avuto nella sua vicenda religiosa grande impegno teologico, con anni di studio a Gerusalemme.
Ma che oggi preferisce intervenire a martello anche nella politica terrena. Tranciando giudizi. Tifando per leader e candidati. Impalcandosi a opinionista illustre con i suoi commenti su “Il Fatto Quotidiano”. A Farinella piace dissacrare, smitizzare, essere, appunto, protagonista.
Recentemente non ha solo cercato ancora di demolire la devozione per la Madonna della Guardia. Ha pure sparato su san Giorgio, un mito genovese, cui è stato intitolato il nuovo ponte sulla Valpolcevera.
Sostenendo che, come la Guardia, questo mito è una forzatura storica, la storia del drago e tutto il resto.
Per ora padre Tasca non si cura di questi esibizionismi. Ne di queste sparate, che l’indole di Farinella suggerisce a getto continuo. Probabilmente nell’illusione di essere il successore di don Andrea Gallo.
Lui sì che era popolare. Ma lo era anche per un impegno autentico tra gli “ultimi”, nel mondo della droga, tra le prostitute, tra i diversi, tra i più bisognosi .
Di questo prete, che abitualmente trasforma la sua Messa in un comizio politico, Bagnasco non si era mai occupato. Probabilmente per non trasformare un esibizionista in un perseguitato della Curia, elevandone la statura.
E’ probabile che il nuovo arcivescovo si comporterà nello stesso modo, malgrado il monito a non trasformare il servizio sacerdotale in una esibizione continua.
Oppure inviterà nella sua “Santa Marta genovese” il prete scomodo, togliendogli indirettamente anche gli argomenti contro la pomposità e le opulenze della Chiesa nei suoi vertici gerarchici.
Per quanto riguarda la Madonna della Guardia, uno dei primi luoghi visitati da padre Tasca, appena giunto a Genova, anche in questo caso senza annunci e messaggi, ma con una semplice gita privata, ignaro perfino il rettore del Santuario, a fine mese la festa tradizionale lo vedrà salire per la lunga strada che porta in cima alla montagna.
Il nuovo stile silenzioso, ma con segnali precisi, riguarda una chiesa nella quale certo il problema non è l’agitarsi di Farinella, ma l’effettiva uscita da una storia lunga e complessa, l’eredità di Siri, il cardinale forte che aveva lasciato una impronta molto profonda nel clero, duratura anche decenni dopo la sua morte avvenuta nel 1989.
Lo stile Siri era ancora replicato da Bagnasco, non solo perché anch’egli era stato presidente della Cei, come il cardinale-principe, ma nei modi e negli atteggiamenti, sopratutto quelli di seguire con attenzione operosa anche le vicende civili, sopratutto quelle del mondo del lavoro, le grandi fabbriche genovesi, il porto con i suoi lavoratori.
Non si sa se Tasca rinnoverà questa presenza, che aveva portato nel Dopoguerra a fondare i capellani del lavoro, preti inseriti nei luoghi di lavoro.
Nè si sa se eserciterà il ruolo chiave di presidente di due grandi ospedali genovesi il Gaslini e il Galliera, vere roccaforti della sanità ligure, delle quali l’arcivescovo è per statuto il capo indiscusso.
Anche in questo caso si potrà capire come si declina sotto la Lanterna e all’ombra della grande cattedrale nei caruggi la via francescana al governo della diocesi.