NOVI LIGURE – “Una bella persona”: dice così, proprio così, sorridendo convinta la trentatreenne Debora Barbarito, capelli biondi tagliati corti, il look tranquillo davanti alla telecamera di Domenica Cinque, il programma Mediaset di intrattenimento nel tardo pomeriggio di festa.
La bella Federica Panicucci, conduttrice che la sta intervistando, stringe i suoi occhi blu in una smorfia di riprovazione e attacca: “Questa non gliela faccio passare, la invito a ritirare questo giudizio…..”.
La “bella persona” sarebbe Omar Favaro, il ragazzo di Novi, quello di Erika De Nardo, condannato a 14 anni dal Tribunale Minorile di Torino, oggi ventottenne compagno di questa Debora, che dopo le ultime rivelazioni a Panorama di Erika, approdata agli ultimi mesi di comunità prima della scarcerazione definitiva, a undici anni dalla tragedia, si fa intervistare, faccia a faccia per trenta minuti, come se partecipasse al Grande Fratello e non alla ricostruzione almeno indiretta di uno dei fatti di sangue più tragici degli ultimi decenni.
Eccola di nuovo la storia di Erika e Omar, che Novi Ligure, trentamila abitanti, solido Nord Ovest piemontese sul bordo della Liguria, vorrebbe seppellire per sempre, dimenticare, cancellare appunto undici anni dopo, come se si potesse rompere questa catena malefica che dal 21 febbraio 2001 lega il nome della città a quella novantasette coltellate dell’eccidio che costò la vita a Susy Cassini, 42 anni la mamma e al fratellino GianLuca di 11.
Novi Ligure la città di Fausto Coppi, del Campionissimo e ora la città di Erika e Omar. Era già ritornato tutto a galla nel febbraio scorso, il decennale della tragedia, nel cuore di un inverno cupo e ora quel marchio di sangue e fuoco su Novi riemerge in questa accecante luce di un’estate che non vuol finire, con le “confessioni” di Erika al settimanale della Mondadori, Panorama, con foto, testimonianze , sogni, incubi e racconti di Erika. C’è poi la clamorosa intervista a Domenica Cinque di Debora, l’altra, la ragazza di Omar libero da quasi un anno, dopo avere scontato quasi undici dei suoi 14 anni di condanna: scarcerato per indulto, sconto di pena e buona condotta. Così questa accecante luce di un autunno caldo come l’estate fa cadere altri veli di quella tragedia insopportabile e mostra ancora di più i protagonisti, la loro storia, la loro vita che va avanti quando sembrava che tutto fosse annegato in quel lago di sangue scoperto la mattina del 22 febbraio nella casa dei De Nardo, alla Pieve di Novi.
E poi sepolto come la vita dei due ragazzi-bambini-assassini, condannati dalla giustizia, rimossi dalla coscienza civile dopo essere stati bollati come “opera del diavolo”. Da tempo i visi, i volti di Erika e Omar sconvolti sulla porta di quella villetta, quando ancora non avevano confessato, quando ancora non li avevano arrestati, sono facce oramai note, al compimento dell’età maggiore, consumata nei carceri minorili, poi in quelli di Asti e Brescia, dove erano detenuti.
Volti che si ricompongono, lei una ragazza matura di ventisette anni, anche sorridente e con i tratti più pronunciati di quelli da quasi bambina che la maschera obbligatoria lasciava immaginare lui, Omar, un ragazzo-uomo con gli occhi vuoti di una tragedia che incombe ancora e non risparmia.
Ricordate lei, chiusa nel suo bomber marrone, i capelli castani raccolti, il viso segreto e lui accanto, poco più alto, il fisico ancora da ragazzino, sparuto sullo sfondo della campagna novese, seccata dal gelo dell’inverno 2001. Volti allora celati dalla legge sulla privacy, segreti o meglio secretati, per l’enormità di quello che avevano commesso e per la loro età tenerissima.
Le microspie piazzate dai carabinieri avevano svelato quasi subito l’orrore di quell’eccidio, mentre Novi era percorsa da un fremito di xenofobia, scatenato dalla loro puerile spiegazione iniziale: sono stati una banda di immigrati a fare quello scempio. Cadono i veli, si cancellano i volti plixettati e cosa emerge?
“Una bella persona”: dice Debora raccontando alla Panicucci del suo rapporto con Omar, di questo amore, di questa convivenza con il ragazzo che lei non sapeva cosa aveva commesso e che un giorno le confessa tutto, dopo una e mail che aveva raggiunto la ragazza con un interrogativo secco: “Ma non sai con chi ti sei messa?”. Poi: “Ti sei messa con Omar di Novi”.
L’intervista tv è terribile perchè da una parte c’è il dramma che rigalleggia con tutta la sua carica nefasta nelle domande secche e nelle distanze che l’intervistatrice tiene e dall’altra c’è questa ragazza che racconta, che fa vedere le foto di lei e di lui sulla spiaggia, che spiega il carattere di Omar con descrizioni apparentemente paradossali ( “La dura sono io, lui è tenero e mieloso”). La tragedia di sangue, inspiegabile se non con il giudizio di don Valentino Culaciatti, il parroco di allora a Pieve, che per primo corse nella casa insanguinata a benedire i corpi massacrati e e che oggi dice : “Un fatto demoniaco, solo così si spiega”.
E la normalità di un rapporto tra Debora e Omar, due giovani, una che non sapeva, l’altro che voleva cancellare. “E’ un gran lavoratore, è tanto bravo, è tanto sensibile”, racconta in tv Deborah, cercando di spingere via quell’incubo terribile del passato, come se volesse liquidare “una cosa tanto grave ma passata, lui si è pentito, ha pagato, questa è un’altra vita”.
La incalzano, la invitano a non essere troppo sbrigativa, quello è un fatto di una gravità inaudita, non si può liquidare, cosa ha pensato di Omar quando glielo ha confessato, come non ha cambiato i suoi sentimenti verso di lui? Il sorriso di Debora non si spegne sul video, tiene testa, difende il suo Omar, ammette, ma non molla. “Dategli una possibilità, siamo inseguiti, braccati, non troviamo lavoro, siamo tutti e due disoccupati, andremmo all’estero, ma non abbiamo i soldi per farlo”.
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