Papa Francesco, i 7 tormenti e la Chiesa che brucia: riforma e controriforma, Messa in latino, rischi di scisma

Papa Francesco sta male. Il papa è stato salvato da un infermiere che lo ha convinto a operarsi contro il parere degli archiatri vaticani che lo avrebbero lasciato morire. Il papa scherza sul “vento di Conclave” suscitato dalla sua malattia.

Il Papa sorride sui nomi dei suoi successori, il cardinale Parolin e il cardinale Zuppi. Nell’ipotesi fantasmagorica di un nuovo pontefice eletto e di due emeriti. Cristallizzati in un ruolo che lui stesso starebbe per codificare canonicamente, lui stesso, Francesco e Benedetto XVI.

Una situazione apocalittica che neppure nei tempi bui dei Borgia e nei secoli degli Antipapi era immaginabile., uno, due , tre papi e anti papa insieme.

Il Papa Francesco, venuto, come disse lui nel giorno della sua elezione oramai otto anni fa, “dal mondo alla fine del mondo”, continua la sua battaglia “rivoluzionaria”. Che molti vedono come di presunta divisione della sua Chiesa. Che per lui è, invece, una voce più forte che si alza nel mondo. In una svolta secca che serve a chiarire quello che da decenni va chiarito.

Dopo Giovanni Paolo II, il grande papa pastore. Che faceva cadere i muri e urlava la parola del Vangelo in ogni angolo. “Dovete pentirvi!” ai killer della mafia, “Non abbiate paura!” ai popoli affamati e disperati dei subcontinenti. Dove viaggiava impugnando la sua croce come una spada, E dopo papa Benedetto XVIJoseph Ratzinger, uno dei più grandi teologi dell’era moderna, che aveva molte cose da sistemare. E lo ha fatto, per esempio a Ratisbona, ammutolendo la platea degli studiosi, dei nasi raffinati della teologia ingessata. E poi con i suoi libri monumentali sulla dottrina dopo il Concilio Vaticano II e le sue deviazioni e le sue contraddizioni.

Dopo di loro ecco il papa argentino, desarollista, qualcuno ironizza perfino peronista. Imbevuto della politica descamisada del general “criollo” anni Cinquanta. Che incantava, insieme alla bella e divina Evita, le folle da Buenos Aires, alla pampa, a Rosario, Catamarca, Concepcion Tucuman, nella geografia “loca” del cono sudovest americano.

E ora Francesco che arriva, appunto, dal quell’altra parte del mondo. Dove viaggiava come semplice prete nella sudicia metropolitana di Buenos Aires. Per assistere i desperados della città miseria intorno alla megalopoli e affronta tutti i nodi.

Sembra quasi che Papa Francesco voglia ogni fronte possibile dentro alla Chiesa.

Questa Chiesa aveva bisogno di farsi ascoltare. Punto primo. Per non finire nell’oblio della secolarizzazione spinta in Europa. Dove le radici cristiane seccano nella grandi capitali della tradizione profonda. Senza più chiese, o con le chiese cattoliche trasformate in palestre, supermarket o rapidamente sconsacrate. Con il problema urbanistico di non lasciarle crollare.

Per fermare l’onda contraria che riduce i fedeli a un 8-10 per cento dell’ antico gregge a frequentare la Messa domenicale nella migliore delle situazioni. Che rade al suolo le vocazioni sacerdotali o religiose, zero seminaristi in molte diocesi europee. Si ordina qualche diacono e si brinda per quello.

la vecchia Europa, nelle grandi città sopratutto, affida le parrocchie a blocchi di quattro, cinque, sei, allo stesso prete per non chiuderle o si salva per gli arrivi dai mondi lontani.

Così sugli altari delle grandi chiese, ma anche delle parrocchie sperdute, la liturgia rimasta è affidata ai consacrati filippini, agli indiani, ai ghanesi, ai sudanesi. Insomma ai missionari a rovescio, venuti proprio come il papa dal mondo o dai mondi alla fine del mondo. Per salvare il credo di Roma.

Sul Papa ora girano vortici di voci. Dal suo ritiro, alle malattie gravi che lo avrebbero colpito, altro che l’intervento per i diverticoli. I fronti che il Papa sta aprendo sono innumerevoli. E seguono l’onda alta e mai arrestata della “madre” di tutte le tempeste che soverchiano la Chiesa. Quella della pedofilia, gli scandali a ripetizione, le denunce, poi i processi, le condanne di preti, vescovi, cardinali.

L’ultimo fronte, o forse già il penultimo, è quello del “motu proprio” con il quale Francesco il 26 luglio 2021 ha cancellato Summorum Pontificium. Cioè il provvedimento di Ratzinger per riautorizzare il cosidetto “rito antico” nella liturgia. Con una mossa che secondo illustri teologi segnava la pace liturgica tanto attesa. Chiudendo decenni di polemiche dalla fine del Concilio Vaticano II. Dal cardinale scismatico Lebvefre in sù e in giù.

Niente affatto, il Papa della fine del mondo ha chiuso in una parentesi quella pacificazione, limitando le vecchie cerimonie, la messa in latino, la messa celebrata con le spalle ai fedeli, ai minimi termini.

In questo modo Ratzinger è il primo papa (emerito) che assiste alla cancellazione delle sue decisioni. Una rivoluzione epocale che sta creando nella pancia profonda della chiesa vere tensioni.

Molti parroci sono stati convocati dai loro vescovi, che sventolavano questo nuovo motu proprio, e invitati a rientrare nei ranghi. Ma non sono preti solitari, prigionieri di antichi formalismi. Spesso sono parroci leader di comunità forti, vive, pimpanti. Che si radunano riempendo le loro chiese nelle grandi e piccole città, animando le esangui file dai cattolici praticanti.

Insomma Bergoglio sembra avere dato una accelerata potente al suo pontificato, dopo una pausa seguita alla sua partenza a razzo e alle aperture quasi violente del post insediamento. Il Papa in convento e non negli augusti palazzi, il Papa con le scarpe ortopediche al posto delle pantofole di damasco. Che va a comprarsi gli occhiali da solo. Che sbarca con la borsa 24 ore in mano dalla scaletta degli aerei dei suoi viaggi pastorali. Solo per citare i cambiamenti estetici minimi.

Poi ci sono le grande questioni che la Chiesa congela, appunto da decenni. Il celibato dei preti, il ruolo delle donne , la comunione ai divorziati. E ai favorevoli all’aborto, come il presidente Usa, Joe Biden, ultra cattolico stoppato.

La Chiesa brucia?” ha intitolato il suo bel libro Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di sant’Egidio, storico del cristianesimo, ministro del governo Monti. È una ennesima crisi, che, in secula seculorum, la Chiesa ha sempre attraversato o è il segnale di una definitiva decadenza sotto Papa Francesco?

Questo si è chiesto Riccardi nel suo phamplet, appunto bruciante di attualità? La Chiesa di Papa Francesco brucia come in quella terribile notte tra il 15 e il 16 aprile del 2019 è bruciata a Parigi la cattedrale di Notre Dame, con i fedeli inginocchiati a pregare sui quais del lungo Senna. Convinti di assistere a un inizio di fine del mondo. Almeno del loro mondo.

Brucia nelle polemiche interne che possono perfino sembrare marginali tra un rito e l’altro. Tra una talare nera indossata e la divisa da battaglia dei preti di frontiera. O le promiscuità e le distanze nelle comunità religiose, nelle gerarchie.

Ma brucia soprattutto quando le tempeste sono quelle di scismi minacciati. Come quello della chiesa tedesca che “vuole” le riforme forti. E spinge un cardinale come Reinhard Marx a dimettersi contro Roma caput mundi, che gli fa respingere l dimissioni. Ma congela la rivolta in un limbo indeterminato.

Brucia perché il lontanissimo Sinodo dell’Amazzonia conclama la creazione dei viri probati. Cioè dei fedeli che possono celebrare e amministrare i sacramenti in zone del mondo dove l’evangelizzazione diretta è impossibile, irraggiungibile. Il papa accetta quel Sinodo, ma poi frena.

D’altra parte è settanta anni che si discute del ruolo dei preti. Introducendo molti elementi nuovi, cercando di dare un colpo, cambiando il rapporto gerarchico tra preti stessi e vescovi, che era paralizzato dalla forma.

Ma, inghiottito il Concilio Vaticano II, metabolizzate le sue riforme, i preti sono sempre di meno, le vocazioni crollano quasi a zero. Si sono incolpati il conservatorismo del clero, l’apatia dei laici, la secolarizzazione a doppia velocità della società moderna. Ma il precipizio è sempre più scosceso.

Questo fronteggia il Papa con quella che i suoi critici definiscono una fuga in avanti. Accusandolo di dedicarsi a quel mondo alla fine del mondo, nelle sue decisione formali. Ma anche nelle scelte dei cardinali , incolpandolo di lasciate a se stessi la vecchia Europa e gli Stati Uniti, che erano i capisaldi della riforma ratzingheriana. E ora sono spaccati o dallo scisma teutonico o dalla rovina della pedofilia, smascherata nei conventi, nelle sacrestie, nei catechismi.

Lo accusano di nominare solo cardinali a sua immagine e somiglianza. Per “creare le condizioni di un suo successore anch’esso a immagine e sostanza “francescana”. E così Torino, Venezia, Genova hanno perso la berretta cardinalizia, ma non l’ha persa Bologna, dove tuona Zuppi, il suo prediletto.

Un gruppo di cattolici ha addirittura firmato all’inizio di agosto un documento-lettera indirizzato a Francesco in cui lo si invitava a porre fine alla “guerra civile” in atto nella Chiesa. A fare il padre e non il “capocorrente”, che sembra usare la sua autorità monarchica.

Era l’ennesima prova della instabilità della Chiesa. Provocata dai critici di questo pontificato dalla scelta permanente del Papa di salpare verso i mari ignoti di scelte drastiche. Affrontate dopo decenni di incertezze, di non scelte, di rinvii.

Il calo della frequenza alle Messe, il crollo delle vocazioni, per esempio, sono emergenze progressive da tempi immemorabile. Allora la tesi che si tratti di una decadenza finale torna prepotente, smaltita la novità del nuovo Papa, così diverso, così estremo nelle sue mosse iniziali.

Il papa ha deciso di portare alla luce i conflitti, di smascherarli, di bere fino in fondo l’amaro calice. Come quello degli scandali della pedofilia, che hanno squassato tutti i Continenti. E allora ecco che tutto si rovescia e in qualche modo si contraddice.

Il Papa, che sta vicino agli ultimi esilia, a Torino il priore di Bose. Una delle comunità più avanzate, ma più dominate dalla personalità del “capo”, Bianchi, trattandolo come un reprobo. Papa Francesco fa processare uno dei suoi fedelissimi delle prime riforme, il potente cardinale Becciu. Ma poi, nella lunga e un po’ improvvisa intervista alla televisione spagnola Cobe, si augura che venga assolto. Ma come, prima sotto processo e ora in auspicio di assoluzione?

E atto finale, ma non certo definitivo di questa fase turbolenta, Papa Francesco lancia nei primi giorni di settembre il grande Sinodo dei Sinodi. Per chiamare in assemblea diocesi per diocesi, fino a un orizzonte mondiale, tutta l’assemblea dei cattolici. Che, come dice il presidente cardinale eminentissimo Sacher, prenda atto, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, delle aspettative per questo tempo così difficile. La base, non la gerarchia, deve parlare, deve dire dove va la Chiesa di Papa Francescoche brucia.

A Dio piacendo e al successore di Pietro anche.

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