Regionali Liguria. Destra Zangrillo fra 7 candidati Fi, sinistra 2 contro Paita

Regionali Liguria. Destra Zangrillo fra 7 candidati Fi, sinistra 2 contro Paita
Raffaella Paita (foto Ansa)

GENOVA – Andarsi a schiantare da soli contro la montagna dei non votanti, contro i frantumi della sinistra divisa per tre-candidati elettorali- tre, contro i 5 Stelle vero rebus in erba di questa partita, considerata l’età della concorrente Alice (nel paese delle Meraviglie?) o allearsi con la famigerata Lega di Salvini, che già galloppa in campagna elettorale sotto la bandiera del quarantenne ultrarampante di Edoardo Rixi, vice nazionale di Matteo II?
Autoridursi a una percentuale da quasi prefisso telefonico – si diceva una volta – o rischiare addirittura di vincere aggiungendo le proprie sparpagliate truppe ai lumbard scatenati in Liguria? Non è una margherita quella che sfoglia il coordinatore regionale di Forza Italia, Sandro Biasotti, deputato alla seconda legislatura, presidente di Regione tra il 2000 e il 2005, ma forse un mazzo di rose con molte spine.

Mancano due mesi alle elezioni regionali e in Liguria la Destra, se ancora si può chiamare così, non ha ancora deciso con quale candidato correrà in quella che, comunque, sarà la campagna elettorale più corta della sua storia. Un candidato lo hanno presentato oltre un mese fa con un certo sussiego, il costruttore edile Federico Garaventa, ex presidente di Ance, un quarantenne di solida famiglia, ma poi se lo sono congelato lì, senza neppure comunicargli che la sua corsa era finita. Troppi dubbi, troppi contorcimenti, troppi sondaggi contradditori e uno su tutti: quello che stabiliva che qualora Forza Italia si fosse accodata al candidato legista Rixi il suo score elettorale si fermerebbe sul 10 per cento, mentre se la corsa fosse con un cavaliere solitario allora il risultato migliorerebbe fino al 15 per cento. Meglio soli che mal accompagnati? Meglio un ramingo 15 per cento, con qualche candidato spuntato all’ultima ora, che dentro a una coalizione capace, nelle divisioni abissali della Sinistra, di agguantare un possibile successo?

Mentre il minuetto tra Arcore e Roma, tra Villa san Martino e Palazzo Grazioli del duo di comando, Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, continua da un week end all’altro, a Genova se ne sentono di tutti i colori. Il quadro dei partiti è in totale spappolamento a Destra come a Sinistra, ma mentre il Pd e le sue costole, comunque i candidati li sfornano, la destra sembra quasi divertirsi a bruciarli uno dopo l’altro in un processo alle intenzioni, che poi non sono intenzioni, ma conati delle medesime.

Già tutto era cominciato male con le infiltrazioni alle Primarie del centro-sinistra, largamente inquinate non solo dalle file di cinesi e marocchini in coda per votare nei seggi liguri, scegliendo tra la rampante Paita e il “cinese” Sergio Cofferati, ma proprio dai voti moderati.

Dichiarazioni clamorose d’amore come quella per la candidata delfina di Burlando Raffaella Paita di personaggi alla Franco Orsi, ex senatore di Fi, sindaco di Albissola, endorsment clamorosi di deputati “destri” come Minasso, sanremese o del consigliere regionale omologo Alessandro Saso, erano fioriti nel terremotato territorio delle elezioni liguri. Perfino l’ex scudiero numero uno di Scajola, Pierluigi Vinai, ex vice presidente della Fondazione Carige, membro numerario dell’Opus Dei, post democristiano rapito dagli ideali “azzurri”, si è convertito ed ora cavalca un nuovo movimento “Open Liguria” che occhieggia a chi se non a Renzi? subito battezzato come il vero leader di grande capienza universale.

Addio Forza Italia, addio Scajola, addio l’anello numerario e l’affiliazione all’Opera e ai suoi riti più o meno integralisti….Tradimenti, conversioni, prese di nuova coscienza. No, semplicemente che quello che con un elegante eufemismo si potrebbe chiamare “pragmatismo operativo” e che con una espressione atavica, un po’ più pesante, si potrebbe illustrare così: “Franza o Spagna purchè se magna…”. Mi alleo con chi mi garantisce fette o fettine di potere….alla faccia degli schieramenti del passato di venti anni sotto la bandiera di Forza Italia.

Intanto il fron destr di FI, Lega, Fratelli d’Italia e NCD ( se è a destra) rompeva le righe come un esercito in rotta. Due big di Forza Italia se ne andavano altrove. La macchina da voti Matteo Rosso, medico molto conosciuto, si schierava con il leghista Rixi. Raffealla Della Bianca, uno dei rari prodotti di qualità dello schieramento azzurro se ne era andata per conto suo da tempo, tentando una invero complicata scalata solitaria alla presidenza della Regione.

Un altro big del recente passato forzitaliota, il consigliere spezzino Gino Morgillo, aveva fondato Liguria Libera, aggregando liste civiche molto trasversali, lanciate appunto libere nella galassia elettorale, trainandosi dietro (toh chi si rivede!) l’ex senatore-professore Enrico Musso, già candidato sindaco prima di Fi, poi della sua lista civica Oltremare a Genova, sconfitto con dignità, ma oramai perso nei suoi percorsi liberal riformisti nei buchi neri della politica millenaria, malgrado le sue ottime qualità di fondo.

Folgorati dalle inchieste giudiziarie, i due leader contrapposti del Berlusca in Liguria, il senatore Luigi Grillo e Claudio Scajola, l’uno esiliato a Levante tra le sue belle vigne di Monterosso, l’altro nel suo giardino di Imperia Diano Calderina, la voragine si è aperta vertiginosamente e tutti i piccoli leader della Destra vengono inghiottiti, a incominciare da Biasotti che aveva la responsabilità della scelta e che continua a tentennare, in attesa che l’ex Cavaliere o il suo “cerchio magico” adatti la sua tortuosa politica delle elezioni regionali anche al caso Liguria. La Liguria? Ultima ovviamente, la meno importante, la terra delle sconfitte inevitabili….

Pochi sanno che Berlusconi aveva in testa un candidato forte, scelto da lui stesso: Umberto Zangrillo, il suo medico personale, che è un genovese, primario del reparto di rianimazione dell’Ospedale san Raffaele, un pezzo d’uomo, diventato l’ombra del presidente, con molte carte da giocare, ma che ha declinato decisamente: vuole continuare a fare il medico.

Poi sono entrati in campo altri, come il direttore generale del Genoa, Cricket and Foot Ball Club, Alessandro Zarbano, unj manager bocconiano, cresciuto nella “Giochi Preziosi”, che è stato anche ricevuto ad Arcore, ma che evidentemente non ha superato gli sbarramenti dei residui di partito.

Allora è cominciata una vera danza di possibili candidati consultati, indicati, auspicati, selezionati dal basso e dall’alto, mai conclamati definitivamente, a parte il malcapitato Garaventa. Sono stati citati e contattati giovani e brillanti imprenditori come Filippo DellePiane, del settore edile, quarantenne di grande famiglia, Tonino Gozzi il presidente di Federacciai, amministratore di Duferco, recentemente capitato nella disavventura dell’arresto subito cancellato in Belgio per tangenti in Congo, Paola Girdinio, ex preside della facoltà di Ingegneria, oggi consigliere di Enel e del Rina, Enrico Costa della nota famiglia, agente marittimo e leader del Ceis, grande organizzazione della solidarietà cattolica genovese, Gianfrancesco Nucci, presidente degli Agenti Marittimi, docente di Economia dei Trasporti alla facoltà di Economia, la star televisiva Mediaset Ilaria Cavo, genovese….Insomma una pioggia di nomi dei quali pochissimi realmente “trattati” a Arcore e dintorni.

Mano a mano che la matassa si ingarbugliava, dall’altra parte dello schieramento la Sinistra si è ulteriormente frazionata, alimentando l’impressione che nello stesso Pd la candidata vincente nelle Primarie dell’11 gennaio Raffaella Paita non fosse gradita al complesso schieramento dem, dove le anime, le correnti, le vocazioni perfino contrapposte sono tante. Così è stato candidato Giogio Pagano, sospinto dall’altare della chiesa del prete agit prop don Paolo Farinella, con un illustre passato da ex sindaco di La Spezia, uomo del mondo solidale che ha visto aggregarsi nel suo seguito frange di una Sinistra-sinistra più radicale, la cosdidetta Altra Sinistra, pezzi di Sel, i Verdi.

E a lui si è contrapposto il deputato pd, Luca Pastorino, sindaco di Bogliasco che per candidarsi ha lasciato il partito, impugnando la bandiera dei civatiani e di altri pezzi di sinistra anti Paita. Civati si è guardato bene dal venire a benedire questo lancio, anche se lo ha condiviso, perché in questo caso avrebbe dovuto stracciare anche lui la tessera, con gravi conseguenze sul piano nazionale.

Malgrado tutto questo guazzabuglio la Destra non ha approfittato e osserva ancora in piena paralisi decisionale la campagna a tamburo battente che Edoardo Rixi ha incominciato da solo per sfruttare l’onda leghista che in Italia sta montando, ma che in Liguria, a parte il caso delle elezioni del 1992, e a parte la vittoria sfiorata da Sergio Castellaneta, storico leader nelle elezioni comunali del 1997, non è mai stata tanto forte.

I sondaggi segreti, i calcoli che i partiti si fanno da soli, in un clima di globale incertezza, collocano i Lumbard liguri un po’ sopra il 10 per cento, ma non al 14 nazionale. La Liguria non è mai stata un terreno buono per il Carroccio… Se Forza Italia accodata a quel carro e non separata ottenesse una percentuale dell’11 per cento, i Fratelli d’Italia un 2 o 3 per cento e si aggiungesse a questo fronte, malgrado il Governo di Roma, una quota di Ncd e di liste in qualche modo moderate, il distacco dal 33,34 per cento accreditato alla sinistra monca della Paita non sarebbe tanto abissale da prefigurare un risultato scontato a favore della sinistra, che governa la Liguria dal 2005 con l’uscente Claudio Burlando…..
Se……..ma con i se non si fa niente e il panorama della battaglia ligure per conquistare il trono di Genova sembra molto frastagliato. Una guerra tra misci, per usare il linguaggio caro alle tradizioni zeneisi. Misci di tanti consensi nell’era dell’astensione, di strategie vincenti nell’era di scarse leadership, di alleanze forti che invece ci si divide ovunque, di facce nuove, che spaccano, che bucano. Alla Renzi. O no?

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