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Regionali Liguria: Raffaella Paita alluvionata dal fiume e dalle primarie

di Alessandro Avico |16 Aprile 2015 15:57

Raffaella Paita (Foto Ansa)

GENOVA – Maledette alluvioni, ma non solo quelle che distruggono, allagano, annegano e poi mettono sott’acqua le candidature delle wonder woman genovesi, ieri la sventurata ex sindaco Marta Vincenzi, oggi la candidata presidente della Regione per il Pd, Raffaella Paita. Maledette alluvioni, che martellano la Liguria, Genova prima di tutto e mitragliano, di conseguenza, anche la politica locale della sinistra di lotta e di governo, che vacilla quando il ticchettio delle inchieste giudiziarie, scaturite dalle catastrofi, arriva all’ora X: rinvio a giudizio e processo-martirio per la ex SuperMarta, accusata di concorso in plurimo omicidio colposo, falso e omissione di atti d’ufficio e ora, per la rampante Raffaella, avviso di indagine per omissione d’atti d’ufficio, concorso in omicidio e disastro colposi.

Due alluvioni, due processi per vicende distanziate di tre anni e pochi giorni, lo straripamento del Rio Fereggiano con sei morti, il 4 novembre del 2011 e il tracollo del Bisagno e poi di tutti i rii e i torrenti e i bei di Genova e della Liguria, tra il 7 ottobre e il 9 novembre del 2015. Il crac del 2011 annulla la carriera della Vincenzi, oggi chiusa nella sua difesa dolorosa, lontana dalla politica e da ogni presenza pubblica che non sia assistere alle udienze durissime del suo processo.

Lo straripamento del Bisagno sei mesi fa con la morte, alle 23,15 dell’infermiere in pensione Domenico Campanella di 57 anni e il disastro nel centro di Genova, ghermisce per ora come un’onda, che alza solo la sua cresta di fango, la candidata Raffaella Paita, appena benedetta da Matteo Renzi, che non si era fatto vedere nel dopo alluvione e che è venuto martedì scorso a annunciare – beffa delle coincidenze – grandi opere anti alluvionali per quattrocento milioni di euro.

E’ in corsa da almeno due anni verso la presidenza della Liguria, questa giovane Paita, con un percorso veramente a ostacoli, nel quale l’avviso di garanzia, piazzato a trentanove giorni dal voto, appare il più alto. Anche se potrebbe non essere l’ultimo. Infatti da qualche parte, in qualche altro ufficio giudiziario, c’è un altro ticchettio di inchieste che procedono e che potrebbero interferire con la sfida della ragazza di La Spezia, la protetta del presidente uscente, Claudio Burlando.

Si tratta delle inchieste penali, scaturite nelle Procure di Genova e di Savona, dopo le Primarie dell’11 gennaio 2015, che hanno indicato la Paita come vincitrice e quindi candidata del centro sinistra alla suprema carica. Furono Primarie “inquinate”, nelle quali Paita sconfisse Sergio Cofferati anche largamente, ma che poi fecero scattare accertamenti giudiziari per il presunto inquinamento nello svolgimento di quella consultazione, un fatto “privato” dei partiti, ma anche un fatto che avrebbe potuto contenere reati nel suo abbastanza sorprendente svolgimento. Infatti tutti ricordano come quella Primaria si aprì a tanti elettori che con il centro sinistra non avevano nulla a che fare e che si presentarono alle urne in Liguria anche in forme clamorose con code di immigrati assolutamente ignari di tutto, se non di andare a votare, immigrati che chiedevano i soldi, il compenso per il loro impegno. In alcuni seggi, come quello di Albenga su 1500 votanti oltre 1350 votarono per Paita. Curioso no?

In altri seggi furono segnalate tante irregolarità che la commissione di garanza del Pd, presieduta da un ex giudice costituzionale, come Fernanda Contri, esaminò una pioggia di ricorsi e annullò il voto di 23 seggi, non compromettendo, però, l’esito finale che assegnava la vittoria alla Paita, con 2234 voti in meno.

Cofferati si dimise clamorosamente dal Pd, lui figura storica, non perchè aveva perso, come sostennero subito molti dei suoi ex compagni, ma perchè non sopportava la portata delle irregolarità tanto plateali, quanto a suo giudizio deformanti il responso di quel voto, “inquinato” anche dalla conclamata partecipazione a quelle urne di molti esponenti della Destra del Ncd, ma anche ex di Forza Italia, una vera truppa accorsa in aiuto del vincitore. Una prefigurazione di future alleanze di potere che si stanno materializzando proprio nei giorni in cui la Procura scarica il suo fulmine. Sia la Procura di Savona, come quella di Genova aprirono fascicoli di indagini su quei fatti presunti dolosi, con un particolare impegno dei giudici savonesi, che stanno da mesi accertando che cosa sia successo, cosa ci sia (se c’è qualcosa di penalmente rilevante) nelle azioni che hanno portato al voto tanti irregolari.

Il ticchettio di queste indagini a orologeria potrebbe interrompersi, potrebbe finire anche in una archiviazione, ma potrebbe pure continuare e formalizzare l’inchiesta nei confronti di qualcuno, magari di qualche capobastone, capace di manovrare il flusso un po’ tanto irregolare dei voti a quelle Primarie di centro sinistra.

Va detto chiaro che non esiste nulla per sostenere che ci sia una responsabilità qual si voglia, un collegamento della candidata Paita, o anche di altri esponenti del Pd, nello svolgimento “irregolare” della consultazione. Ci sono, però, due indagini, di Procure sicuramente molto determinate, che vanno avanti, che non risultano per ora archiviate, che non sono ancora sfociate in alcuna misura.

Anche l’inchiesta sull’esondazione del Bisagno, nel giorno 7 ottobre 2014 quando su Genova cadono, dalle ore 13 alle 22, oltre 180 millimetri di pioggia, sembrava procedere senza scosse, prima del fulmine che mercoledì mattina ha raggiunto, sotto forma della notifica dell’avviso di garanzia, Raffaella Paita e la dirigente regionale Gabriella Minervini, responsabile dellUfficio Ambiente. Quest’altro giorno maledetto di bombe d’acqua, che potrebbe compromettere la corsa della Paita, ancorchè subito blindata dal suo partito e da Renzi in persona, tutti fermi nel più ferreo garantismo (“ un avviso di garanzia non è certo una affermazione di colpevolezza”), era già stato un calvario per la candidata, che quando il Bisagno ruppe gli argini si trovava lontana dalla città ed anche dalla sala della Protezione Civile, lei già lanciata nella campagna elettorale.

L’assessore alla Protezione Civile era a Villanova d’Albenga dove la raggiunse la segnalazione dei suoi uffici che la situazione metereologica stava peggiorando al di là delle previsioni. Il funzionario del suo ufficio delegato alla situazione meteo, Stefano Vergante, la informò che “buttava male”. Paita raggiunse la sala operativa della Protezione tra le 23, 30 e le 23,45 di quella notte, il Bisagno aveva sfondato alle 23,14, quando i vigili avevano chiuso solo un importante incrocio stradale vicino all’alveo del fiume, tra via Montegrappa e via Canevari.

Nessuna altra misura era stava decisa dal Comune su richiesta della Regione, su segnalazione, a sua volta, del centro Meteo Arpal. Da ore ed ore pioveva in modo violento in tutta la città, salvo una pausa intorno alle 18, che aveva fatto prevedere ai previsori ed anche agli amministratori pubblici un indebolimento della perturbazione. Per questo il suddetto ufficio della Protezione Civile aveva comunicato alla sua assessora che tutto era sotto controllo e che quindi si poteva andare a casa.

La concatenazione di questi eventi, degli spostamenti, degli allarmi ritardati, delle previsioni modificate, è la matassa che ora la procura della Repubblica, con i pubblici ministeri Paola Ciccarese e Gabriella Dotto, ha dipanato, non dopo avere già interrogato una volta nel novembre scorso la stessa Paita. Come si sa l’avviso significa solo che si sta indagando e che la persona raggiunta dalla comunicazione si deve aspettare ogni tipo di accertamento sulla sua condotta. Potranno seguire anche l’archiviazione, il proscioglimento, il rinvio a giudizio davanti al gip.

Questa situazione su un terreno fragile come quello del territorio ligure, ma anche su quello ancora più delicato della politica ligure oggi più che dissestata equivale, in realtà, a un’altra paurosa ondata di piena, come quella che tolse la vita, alle 23,15, allo sciagurato infermiere che si era avvicinato alla spalletta del Bisagno per vedere cosa succedeva e l’acqua e il fango se lo portarono via, mentre invadevano ancora una volta nella lunga storia alluvionale genovese le vie centrali della città, seminando fango, paura e mettendo a repentaglio decine di vite, in piazza Verdi, a Brignole, in piazza della Vittoria, lungo la via delle Brigate Partigiane e Liguria, nella centralissima via XX Settembre, dove  in diversi salvarono per caso la pelle, riuscendo a uscire dagli abitacoli delle automobili ghermite dall’onda che saliva, saliva.

E’ proprio in questi luoghi, che con il presidente uscente della regione Claudio Burlando e con la stessa candidata Paita, il presidente Matteo Renzi, giunto apposta a Genova martedi scorso, venti ore prima dell’emissione degli avvisi di garanzia, è arrivato a promettere un superfinanziamento per proteggere il Bisagno dalle esondazioni ,con il rifacimento della sua copertura, datata nell’era mussoliniana.

Oggi l’onda dell’inchiesta, la sua cresta minacciosa, hanno sconvolto ovviamente la campagna elettorale, nella quale Paita era segnalata come la favorita, davanti al candidato di Forza Italia e Lega, Giovanni Toti, lo speaker di Berlusconi, paracadutato da dieci giorni a fare il candidato presidente in Liguria, davanti allo scissionista Luca Pastorino, deputato e sindaco di Bogliasco, appena uscito dal Pd proprio per candidarsi contro la Paita da sinistra. Pastorino si è schierato, con alle spalle Pippo Civati, sottolineando lo strappo provocato da quelle Primarie così inquinate e considerate “una sterzata” a destra dei democratici, scesi a patti con NCD ed anche con veri e propri ex colonnelli di Berlusconi e Scajola, come l’ex scudiero del fu ministro ligure, Pierluigi Vinai, inventore di un movimento “Open Liguria”, messo in piedi per far confluire verso il PD renziano i moderati delusi dalla Destra.

Intorno alla Paita ora c’è quel cerchio di protezione garantista del suo partito, e anche esterno ad esso. Le ha dichiarato solidarietà anche il sindaco di Genova, Marco Doria, della sinistra molto più radicale, che ha dichiarato come sia difficile oggi amministrare in un territorio tanto devastato e sottoposto ai rischi alluvionali. Il genovese Beppe Grillo, invece ha chiesto, ovviamente, il ritiro della candidata.

Siccome piove sempre sul bagnato un fin troppo tempestivo sondaggio della IPSOS di Nando Pagnoncelli proprio, all’indomani della stangata giudiziaria, riduce il distacco tra la Lella e Toti a pochi decimali, 30,5 lei, 30,1 lui. Toti si è affrettato a dichiarare. “Sono garantista, ma la Paita ha già perso politicamente per come gestì l’alluvione e il dopo alluvione , scomparendo per cinque giorni dopo il disastro.”

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