Nero di Seppia, tra Chiesa e mondo gay di Genova

Ma questo è veramente l’inferno di Satana. Don Riccardo Seppia, il parroco-pedofilo chiuso nel nel carcere di Marassi, quello a due metri dallo stadio del calcio, scrive sul bollettino della propria anamnesi carceraria di essere sieropositivo , quindi di non essere stato solo il corruttore, il violentatore, lo stupratore fisico e morale dei bimbi e dei ragazzini presi nel suo lercio laccio di prete mascherato, ma anche il possibile killer. Scrive sieropositivo su quel bollettino che ogni detenuto compila all’ingresso e che lui è tanto cosciente delle sue porcherie e dello stato in cui si trova, da riempire bello chiaro, diretto, senza nessun tremolio della mano, con i detenuti delle celle vicino, anche i più infami, che gli urlano gli insulti più nauseabondi, freddo, gelido, come se denunciasse che ha avuto la varicella e il morbillo: è anche portatore di una malattia così pericolosa. Quanti ne ha infettati? Quanti ne ha contaminati questo parroco-mostro, i cui complici spuntano come topi schifosi dalla suburra della sua parrocchia, del suo quartiere inconsapevole o silenziosamente terrorizzato dalla presenza luciferina di quel prete lungo, magro, con gli occhiali enormi, la fretta malata di celebrare i sacramenti, battesimi, funerali, che ora chissà cosa pensano i genitori dei bimbi da lui benedetti, comunicati, confessati, e di correre fuori a caccia del suo vizio urgente, inarrestabile, travolgente?

Arrestano, gli uomini di una polizia sconcertata come mai, Enrico Alfano, 19 anni, il suo complice, il suo partner, una specie di controfigura, alto, massiccio, la faccia impudente, quasi una confessione nei tratti del volto, nella smorfia ambigua, della perversione che lo accomunava a don Seppia. Lo aveva conosciuto in seminario, era suo insegnante, don Seppia e cosa si sono scambiati questi due sciagurati, se poi il sodalizio è diventato una società criminale per catturare bambini, come nella favola cattiva che nessuna fantasia perversa ha mai potuto immaginare?

Alfano era riuscito a farsi assumere come croupier in una di quelle grandi navi che sembrano grattacieli e che magari costruiscono proprio nei cantieri di Sestri Ponente, sotto la chiesa di don Seppia, quelle gigantesche cattedrali del mare, che sovrastano i moli, le banchine e pezzi di quartieri come Sestri, quando prendono il largo e sfilano davanti alla città. Anche Alfano, il complice, stava prendendo il largo e chissà come si figurava la sua fuga con il capo in galera e lo scandalo che stava travolgendo tutto intorno al suo mondo sporco di traffici, di contatti, di file proibiti, di play list di bimbi piccoli, sotto i tredici anni, “con il collo tenero da morsicare”, di ragazzini marocchini, albanesi, latinos da circuire per quattro euro al volo, dopo contatti proibiti tra i “non luoghi” della periferia postindustriale genovese, come chiedeva il don lassù nella canonica di Satana.

Prima ex seminarista, oggi ex croupier, come se ci fosse un filo logico tra queste due attività, se non il viscido schifo del pretesto di nascondersi dietro una veste, una divisa così diverse per stare in agguato e catturare bambini o partner viziosi o andare a caccia per il don e poi scappare lontano.

Un altare, una messa e la pallina bianca che gira in una roulette, su una nave: come se fosse tutto lo stesso luogo per commerciare “carne fresca”, come dicevano queste bestie di Satana nelle intercettazioni.

Arrestato e nascosto questo secondo doppiogiochista-controfigura, chissà dove, perchè don Seppia nella sua cella è già il bersaglio di minacce, di anatemi non certo solo a parole, al punto che lo stanno per trasferire a Sanremo, piccolo carcere con sezione organizzata per “i malati di sesso”, denominata “sex offenders”, un altro girone di questo inferno che è spuntato a Sestri e che lascia Genova senza fiato, senza spiegazioni, attonita.

E altri complici di questo giro saltano fuori come topi che schizzano fuori dalle loro tane putride. Sembra la peste di Camus e i tombini sono intorno a quella chiesa di santo Spirito, con la facciata grigia e ora il silenzio quasi osceno che il parroco e i suoi partner ci hanno lasciato dentro. Un altro diciottenne è indagato con il sospetto che stesse diventando l’aiutante di Alfano nell’operazione di procacciamento. Insomma, altro che soldati di Cristo, questi erano veramente i soldati di Satana.

Un silenzio di scandalo che è come un muro fisico appena ti affacci sotto la navata semibuia e ti chiedi? Ma era qua, era dentro a questi confessionali, su quell’altare, dove lui celebrava, benediceva, comunicava, assolveva, che la tela di ragno di Satana moltiplicava la sua trama fitta nell’incoscienza inconsapevole?

Mentre il don finisce davanti al Pm, Stefano Puppo, un magistrato tutto d’un pezzo, tra l’altro di profonda formazione cattolica, ex capo scout e curriculum da indagini nel profondo della mafia siciliana, quindi uno tosto, della sua personalità di prete deviato sbucano altri capitoli, altre testimonianze che portano anche lontano da Sestri P. .

Seppia era iscritto all’Arcigay: sembra incredibile ma vero, anche se nella sua scheda di iscrizione con nome e cognome corretti non c’era certo scritta la professione. Racconta Massimo Calandri su Repubblica che don Seppia frequentava il Virgo, un discoclub in via Carzino a Sampierdarena. Pare che vi abbia trascorso tante notti degli ultimi anni, mentendo a se stesso e agli altri. Unico locale gay di Genova, un po nascosto negli angiporti di una ex città ex operaia ancor oggi costellata di locali notturni più o meno frequentabili da educande e boy scout, il Virgo è un punto di riferimento fondamentale per la comunità omosessuale e lesbica. Scrive Calandri: “Don Seppia lo frequentava regolarmente. Ballando, bevendo, incontrando persone e intrecciando relazioni. E come lui, altri sacerdoti e seminaristi del capoluogo ligure. Incapaci di controllare, come ha raccontato a Repubblica un religioso psicanalista che recentemente si è occupato di due casi liguri, il proprio naturale orientamento omosessuale”. Aggiunge: “Sono diversi gli uomini di Chiesa che passano qui le notti. Senza riuscire a venire a capo dei propri demoni.

Salta fuori anche che don Seppia frequentava da anni una sauna gay molto riservata, in quella rete di luoghi riservati e nascosti di un giro anche altolocato della città. La “sua” sauna era nel centro della città, via XX Settembre, in una piccola traversa, via Aqua, con un portoncino verde, come ha raccontato un altro cronista di Repubblica, Marco Preve: oltre quel portoncino il parroco era ben conosciuto. Bazzicava la “zona cruising” della sauna, quella dove si fanno gli incontri che poi hanno un seguito fuori dal locale dove, ovviamente, l’attività, è solo quella salutista. E ci credo: sembra che lì insieme a don Seppia passassero illustri professionisti con studio nel cuore della città.

E naturalmente, tra frequentare locali gay e essere omosessuale c’è un abisso rispetto alla vita da fogna di un pedofilo. Lui, il parroco rimbalzava qua nella sua vita rovesciata dalla periferia dura e pura di Sestri ai quartieri alti, così come rotolava dall’altare dei sacramenti appena consacrati nel fango della suburra, dove assaltare i ragazzini catturati dai suoi complici. Gli restava il tempo per fare il prete?

A carpire le prime traccie della sua difesa, la linea che avvocati, imbarazzati essi stessi e sotto choc per la catasta delle accuse, è di spiegare che Seppia, sotto effetto della coca, era spesso in preda a fantasie e farneticazioni sessuali. Insomma le intercettazioni sarebbero il risultato di colloqui folli con Alfano, di elugubrazioni fantastiche, non il programma di incontri reali. Agli atti resterebbero solo la coca e l’aggressione sessuale a un quattordicenne.

Interrogato per cinque ore, dalle 10.15 alle 15 di sabato, il sacerdote ha risposto alle domande del pm Puppo, assistito dall’avvocato difensore Paolo Bonanni.

Il legale ha poi detto: “Don Riccardo ha ridimensionato le accuse che gli vengono mosse in merito alla cessione di sostanze stupefacenti e ha ribadito di non avere mai avuto rapporti sessuali con minori.

Ha detto ancora l’avvocato Bonanni: “Anche l’episodio del bacio al chierichetto è stato ampiamente ridimensionato, e non solo per le dichiarazioni di don Seppia”.

Ma il vulcano erutta ben altro.

Nella sua cella, che prestò abbandonerà per il trasloco a Sanremo, l’imputato-Satana, si è fatto portare qualche libro e sopratutto la Bibbia, forse tanto per ricordare che lui è un ministro di Dio e non il messo di Satana.

Non esce per l’ora d’aria perchè teme aggressioni. Anche i detenuti per reati sessuali sono furibondi con lui. Il codice segreto del carcere lo ha messo al bando e il direttore del carcere ha raddoppiato tutti i controlli per evitare gli attacchi a Satana che, dicono le guardie, da qualche giorno ha incominciato a pregare.

Chi pregherà, Dio chiedendo perdono, come auspica il suo vescovo Angelo Bagnasco e come invocano nelle prediche del fine settimana, tutti i sacerdoti che celebrano la messa sotto il bombardamento di questo caso eclatante che sembra piegare la chiesa genovese, o invocherà Satana come faceva ritualmente?

A Sestri, intanto, la sua “delegazione” offesa da questo scandalo che sembra oramai continuare a eruttare schifezze e paure in continuazione, come se fosse un vulcano che ha ripreso la sua attività e nessuno sa quando finisce perchè la sorpresa è pari alla precedente inprevedibilità, ben altri drammi più pubblici di quelli segreti delle vittime di Seppia si consumano. E sembrano intrecciarsi a quello del parroco-Satana in una spirale perversa. Sui muri della chiesa, lassù nella collina cementificata di via Calda, sono comparse scritte minacciose contro il parroco mentre sotto nella zona industriale del quartiere gli operai della Fincantieri uscivano in corteo dalla fabbrica che costruisce le grandi navi, che ha partorito il Rex dei sogni felliniani, le grandi ammiraglie della flotta pubblica italiana Andrea Doria, Cristoforo Colombo ed ora le mega navi da crociera della Msc e della Costa Carnival, dove _ ironia delle coincidenze_ stava cercando rifugio il complice di Don Seppia.

Il governo ha annunciato il suo piano per stoppare la crisi cantieristica e chiude per tre anni lo stabilimento di Sestri Ponente, mandando a casa più di mille operai, archiviando un capitolo della storia genovese e sestrese e di quella industriale italiana. Nei giorni di Satana.

Sale fino alla chiesa di Satana-Seppia l’urlo dei megafoni operai e sembra che maledizioni tanto diverse e tanto distanti si allaccino nel destino di questo pezzo della città genovese. Così il cardinale Bagnasco, arcivescovo corre a combattere l’offensiva che minaccia la sua chiesa e i politici locali, come il presidente della Regione Burlando, vanno a confortare gli operai che sono sotto scacco e vedono tremare la loro cattedrale del lavoro, l’orgoglio di Genova operaia che fu e non c’è più.

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