Scajola e Berlusconi, poteri sotto assedio, tra mafia e villino a sua insaputa

di Franco Manzitti
Pubblicato il 25 Giugno 2012 - 07:46 OLTRE 6 MESI FA

Un villino a tre piani nel verde incantato di palme, ginestre, pini della collina rivierasca di Ponente Ligure, a ridosso del villone di famiglia tra una piscina e un campetto di calcio, vista dall’alto del golfo di Imperia, con il porto del Grande Scandalo che neppure si vede?

Oppure un rustico senza luce, gas e acqua, un ripostiglio che “giace” nel giardino dove piazzare gli attrezzi da lavoro, a due passi dalla autorimessa interrata?

Ecco un altro dubbio fatidico che riguarda le “proprietà immobiliari” dell’onorevole Claudio Scajola, brutalmente oramai conosciuto come il ministro a sua insaputa, per via di quella casa di via del Fagutale a Roma, con vista sul Colosseo, che gli sarebbe stata pagata in parte (900 mila euro), senza che lui lo sapesse, dalla famosa cricca di Anemone, Balducci e altri intrallazzatori di uno dei governi Berlusconi. A Roma la vista della proprietà Scajola è sul Colosseo, qua invece è sulla costa ligure di Ponente e ancora una volta c’è una divergenza frontale non solo sulla valutazione erariale della proprietà, ma anche sulla sua classifica ai fini del pagamento dell’Imu.

Sono la Repubblica, edizione ligure e il Fatto Quotidiano che tirano fuori l’ennesima grana scajolana, forse imbeccati dai solerti uffici amministrativi del Comune di Imperia (dove Scajola è stato sindaco due volte, da democristiano e poi da lista civica, dopo che già lo furono suo fratello Alessandro, oggi vicepresidente Carige e prima ancora suo padre Ferdinando, fedelissimo tavianeo) che “smappano” il territorio imperiese per calcolare la nuova tassa.

Come mai quella costruzione, che sta nel bel mezzo di una ampia proprietà dove abitano gli Scajola, la moglie Maria Teresa Verda, storica dell’arte e i suoi figli Lucia e PierMario, è denunciata come abitazione ultrapopolare e paga una miseria di Imu, mentre le foto e le mappe la certificano in tutt’altro range?

Scajola, accusato senza mezzi termini e perfidamente, di essere proprietario, ancora una volta a sua insaputa, di un villino per di più nel mezzo del giardino di famiglia, risponde duro che quella costruzione è ancor meno di un rustico, è inagibile e inabitabile, senza scale, mattoni intonacati, pavimenti, scale, insomma niente più di una cantina-ripostiglio. Gli ribattono che le foto sono chiare, il villino si alza su tre piani, contare per credere, scrutando le foto della mappatura che i giornali hanno pubblicato impietosamente dall’alto, dovrebbe pagare come un A5 e non come una casa-tugurio.

“Invece si potrebbe anche non pagare perchè è inagibile e inabitabile”, fa scrivere l’onorevole, che versa all’erario per quella costruzione meno di 200 euro di tassa.”

E la replica dura, ma nei toni alla fine stanca, che scende da quella collina, dove l’ex ministro di Berlusconi è inchiodato oramai dal maggio del 2010 dello scandalo con vista Colosseo, con una sfilza di accuse che sembrano non finire mai, è alla fine una specie di Sos sul sistema mediatico che lo sta triturando: “Dico no a un modo di fare informazione rispetto al quale per un cittadino per bene non c’è difesa – scrive ai giornali Scajola -e per il quale non conta la verità, ma solo la sensazione, lo spirito di calunnia e di distruzione.”

Quello a Scajola sembra in qualche modo l’assedio a Leningrado, fatte salve la conclusione storica e la cautela sull’esito di inchieste giudiziarie a Imperia, a Roma, a Perugia ed ora su questa ipotesi di violazione delle legge catastali con l’ipotesi di uno scambio tra villa paradisiaca e tugurio-ripostiglio-cantina.

Anche se siamo lontani in ogni senso dalle rovine di Leningrado,  anche se questo è un pezzo di Riviera incantata nell’inizio d’estate e quella collina sembra, appunto, un terrazzo in paradiso e saranno pure tuguri, ma sembrano angoli da sogno, lo scenario che circonda il potente ex uomo di fiducia del Cavaliere Berlusconi è pieno di rovine.

Non solo le rovine di un partito del quale lui era uno dei colonnelli-generali che non sa più dove andare e in Liguria, il suo feudo, pare non esistere proprio più. Le ultime battaglie di Scajola nella stessa Imperia, il feudo dei feudi, ex roccaforte democristiana trasformata in fortino azzurro-scajolano, sembrano combattute proprio come nella campagna di Russia. Il Comune di Imperia, che era retto da una giunta scajolana con un sindaco, Franco Strescino, scajolano di An, superpentito, diventato un nemico accerrimo, è commissariato per colpa dello scandalo del maxiporto che Francesco Caltagirone Bellavista, il costruttore romano stava edificando sotto la presunta regia o ispirazione o appoggio ( la magistratura sta chiarendo).

Il Bellavista ultrasettantenne si è fatto due mesi di carcere, poi gli arresti domiciliari ed ora è libero, ricoverato in una clinica romana, anche se il tribunale ha revocato la decisione di cancellare la detenzione. Nella stessa posizione è l’ex direttore del fantasmagorico porto, Carlo Conti. A ottobre riprende il processo per questa vicenda che di fatto è un processo per associazione a delinquere allo scopo di commettere truffe nella costruzione del maxiporto, il più grande del Mediterraneo per la Nautica, nel quale si inchioda un intero sistema di potere.

Si tratta di fatto ed anche molto esageratamente di un processo al potere di Scajola, che sta paralizzando non solo quel porto stupendo, ma inchiodato da sequestri, sigilli, stop penali e amministrativi, ma la città capoluogo che era l’epicentro del potere scajolano e delle sue derivazioni.

Dal 2001 a due anni fa il leader ex azzurro è stato: ministro dell’Interno, dell’Attuazione del Programma, dello Sviluppo economico, nonché coordinatore nazionale di Forza Italia, di fatto autore della trasformazione di quel partito dalla plastica alla struttura in carne ed ossa.

Ha inciampato in vicende come quella infelice sulla scorta del giuslavorista Biagi ucciso dalle Br, vicenda che lo fece dimettere dal Viminale e poi in quella della casa a sua insaputa, che lo ha fatto dimettere dal Ministero dello Sviluppo Economico nel maggio del 2010.

Da lì, disse dopo, hanno avuto inizio “non solo le mie difficoltà ma tutte quelle che hanno riguardato Berlusconi e l’allora neonato Partito del Popolo della Libertà”. Il caso Noemi, poi il caso Ruby, poi tutto il resto, Bunga, Bunga incluso, si sono cronologicamente succeduti dalla cosidetta Terza caduta di Claudio Scajola, che su quella collina continua a difendersi con la tenacia di un piccolo Napoleone, il quale non sa se quello è già un esilio o no. La villa di Diano Calderina e il rustico oggi contestato dalle mappe comunali come Sant’Elena o l’isola d’Elba?

Ma la scena non si ferma lì al Comune e al porto del dolce capoluogo imperiese, dove gli uomini di Scajola resistono dietro le barricate invisibili o fuggono, o vengono “giustiziati”: il senatore Gabriele Boscetto, avvocato, amico di una vita, azzoppato dallo scandalo della casa di cura sanremese, dove seviziavano gli anziani e della quale la moglie era la responsabile, il potente e un po’ inquietante Marco Simeon, giovane astro nascente vicino a Geronzi e ancor di più al Vaticano, oggi direttore delle relazioni internazionali e istituzionali della Rai, nella tempesta dello Ior e di tutti i corvi d’Oltretevere, il fido Luigi Sappa, presidente della Provincia che governa sulla carta velina dell’ente in estinzione……..

Se da Imperia viaggi verso la non lontana frontiera francese, nell’incanto di agavi, palme, buganvillea fiorita al massimo della potenza multicolor, lungo la strada Aurelia, attraversi Sanremo-capitale, dove il mitico Casinò, la vacca che tutti i Comuni mungevano, sta “saltando” economicamente, con un buco di oltre il 40 per cento degli incassi e con il gioco d’azzardo oramai polverizzato ovunque e marcito nei saloni con passiere rosse e croupier sempre più incazzati perchè il gioco langue, le mance pure e i clienti di una volta, giocatori incalliti, stanno alla larga.

La lotta all’evasione, i blitz della Finanza, gli agguati non possono avere migliore lancio che sotto le bianche Torrette del Casinò belle epoque di Sanremo.

Venghino signori finanzieri a contare le superautomobili, le Ferrari, i Suv posteggiati davanti alle porte girevoli, sotto la scalinata dei desideri e del rischio d’azzardo di uno dei cinque Casinò italiani, il più concorrenziale perchè deve lottare contro quelli della vicina Francia, dove il gioco lo “proteggono” un po’ di più.

E se continui ancora verso Ponente, lasciando alle spalle la casa da gioco “ferita” e magari anche l’Ariston, il teatro del mitico Festival di Sanremo, attraverso i giardini e le ville inglesi e russe, scopri che il panorama Leningrado è ancora più evidente.
Bordighera a otto chilometri da Sanremo è commissariata per mafia da oltre un anno, consiglio comunale sciolto, rarefazione di turisti, bellezze mozzafiato della costa cara a Celentano e un tempo rilanciata dal famoso Salone dell’Umorismo di Cesare Perfetto, abbandonate a se stesse, nel boom della stagione.

A Ospedaletti, altra oasi incantata, avevano deciso di storpiare la costa e la spiaggia con l’ennesimo porticciolo, colata di massi e di cemento, hanno incominciato a costruirlo, ma ora la magistratura lo ha bloccato. E così davanti alla spiaggia di pietre, all’ombra del parchi rigogliosi, c’è già il cadavere putrefatto di moli e banchine abbandonate. Potevano non costruire o sequestrare prima che incominciassero?

Mistero di una costa dove il potere, quello di Scajola o di chissà chi altro ha perso il controllo.

Se continui ancora e approdi a Ventimiglia, la famosa ex porta fiorita d’Italia, linea di confine, bussi invano in Comune. Anche qui il ministero dell’Interno ha sciolto il consiglio comunale, che era retto da Gaetano Scullino, un altro fedele di Scajola, per mafia. Sulle motivazioni che spiegano quelle infiltrazioni della malavita organizzata c’è una battaglia forsennata di avvocati e giudici, ma intanto Ventimiglia langue all’ombra della sua rocca magica, in faccia alla Francia frontaliera e subisce il diktat della signora ministro Rosanna Cancellieri. Prosperano solo i tabacchini e i venditori di liquori, invasi ogni giorno dai turisti francesi che sfruttano i prezzi bassi.

Come una pallina di ping pong rimbalzi indietro, verso Imperia-capitale di questa debacle, sotto la collina del rustico conteso di Claudio Scajola e ti puoi chiedere se è possibile che il capro espiatorio di tutto questo sia uno solo. E se sei veramente alle porte di Leningrado, non nel cuore della Riviera dei Fiori, tremila ore di sole all’anno, come urlavano gli slogan anni Ottanta e oggi, 2012 trenta scandali all’anno.