Tempeste di Genova: dalla Jolly Messina in mare aperto alle figlie Messina nel circolo dei ricchi

di Franco Manzitti
Pubblicato il 14 Dicembre 2010 - 09:51 OLTRE 6 MESI FA

Come si fa a passare dall’occhio di ciclone di una tempesta di complotti e colpi proibiti nei corridoi segreti del circolo nautico più esclusivo d’Italia, lo Yacht Club di Genova, alla tempesta perfetta in mare, cento settanta miglia al largo dell’Egitto, dove una loro nave, la Jolly Amaranto, carica di container con sostanze tossiche, lottava contro onde alte tredici metri, con il motore in avaria e l’equipaggio di ventuno uomini steso sul ponte ad aspettare i soccorsi? Mentre i container, per fortuna sigillati, cadono in mare…

Tempi duri per la dinastia dei Messina, siciliani di origine, genovesi di adozione, armatori dei famosi Jolly che battono tutte le rotte del mondo tra tempeste, pirati, scandali di rifiuti tossici, terminalisti nel porto martoriato di Genova. Tempi tanto duri che i capi della dinasty, il vecchio capostipite GianFranco e i nipoti e figli Stefano, Ignazio, Giorgio si sono dovuti asserragliare nel cuore del loro ufficio a Genova, dove è riunita l’unità di crisi della loro flotta appesa ai messaggi radio che arrivano dal mare d’Egitto dove il salvataggio della Jolly Amaranto è stato per giorni attaccato a un filo.

Ma meglio affrontare questa tempesta vera che l’altra dei gossip delle maldicenze, dei siluri, degli impallinamenti che aveva colpito la loro famiglia nel luogo più sofisticato, snob e inaccessibile per i comuni mortali di quel grande porto dove loro, i Messina, la fanno da padroni: la Yacht Club di Genova, porticciolo Duca degli Abruzzi, il secondo per storia e lignaggio d’Italia, dopo il Savoia di Napoli.

Qui tra i saloni sobri ma un po’ tanto snob del Circolo, parquet di legno, passiere rosse, camerieri in livrea bianca con le mostrine dorate e grandi finestre sulla flottiglia di barche e superbarche con lo storico guidone a poppa e in cima agli alberi, si sta consumando da un paio di mesi una resa dei conti tra soci e pretendenti tali che potrebbe essere andata in scena cinquecento anni fa, quando i Fieschi, nobile casta genovese furono affondati e lasciarono campo al mitico Andrea Doria.

La lotta è tra la loro dinasty, potente e prepotente, sostengono gli avversari, e quella dei Novi, la famiglia dell’ex presidente del porto coinvolto tre anni fa in una clamorosa inchiesta della magistratura genovese che lo arrestò proprio per avere “truccato” una gara nella quale c’erano anche i Messina e poi assolto quasi completamente dopo anni di calvario e sberleffi di tutta la città.

A sentenza di quasi-assoluzione ancora “calda”, cosa è successo negli ovattati saloni dello Yacht Club, del quale Giovanni Novi è stato dieci anni presidente e molti della famiglia Messina soci di alto lignaggio per il nome e per le barche ormeggiate sotto quei luccicanti saloni? Che due figlie della famiglia, Fernanda e Rossella, nate da Giorgio, recentemente scomparso, uno dei più diplomatici della dura dinasty, sono state impallinate nel voto di accettazione per diventare socie del club e poter quindi frequentare il circolo e occuparsi della barca stupenda, , il panfilo del loro amato padre, il Xargos, di 36 metri, ormeggiato quasi davanti alla porta della sede, in prima fila.

Impallinate? Nella votazione per l’accesso allo Yacht Club, un traguardo mancato da molti illustri noti nella storia gravida di Genova, come Faruk, re di Egitto o come Alcide Rosina, armatore potente e ex presidente Finmare, le sorelle Messina hanno ricevuto un niet perfido: settanta palline nere contro i 560 voti bianchi favorevoli. Una pallina nera cancella otto palline bianche.