La partita di Berlusconi nella squadra non del centrodestra ma del Pdl

Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini

Silvio Berlusconi sta giocando una sua partita. Non da allenatore in panchina, come aveva promesso, ma da commissario unico della squadra che non è più il centrodestra, bensì una compagine più modesta: il Pdl. Il modulo tecnico-tattico prevede la dispersione di tutti coloro che possono, in qualche maniera, fargli ombra. Ed il fine è quello di essere rilegittimato come unico leader di un partito che pure sotto il venti per cento può indubbiamente avere un ruolo negli scenari futuri. E’ per questo che spera, desidera, fortemente vuole che le primarie – dalle quali ovviamente si tiene a debita distanza – si rivelino una sorta di babelica contrapposizione tra ambizioni diverse. A tal fine è naturale che assecondi la partecipazione di quanti più candidati è possibile: se fosse uno solo, come si riteneva, il concorrente potenzialmente vincitore, in grado di sbaragliare figure di scarso peso e guadagnarsi il primato, Berlusconi non potrebbe che prendere atto della fine della sua leadership e rassegnarsi all’oblio. Al contrario, numerosi aspiranti, sia pur consapevoli di non raggiungere risultati ragguardevoli, finirebbero col neutralizzarsi a vicenda poiché i distacchi sarebbero minimi se non addirittura irrilevanti. Alfano, la Santanché, forse Feltri (per il bene che gli vogliamo lo sconsigliamo dal farsi tentare), un paio di altri esponenti che hanno tutto da guadagnare dal mettersi in evidenza inevitabilmente balcanizzerebbero il Pdl dimostrando che intorno al segretario nominato nel luglio scorso e dall’Assemblea nazionale acclamato non si è costruita una solida e vasta maggioranza.

Se le cose dovessero andare in questo modo, Berlusconi uscirebbe dalla vicenda delle primarie (che non ha mai amato) come un gigante, in maniera tale da poter sostenere di fronte al suo popolo che lui e lui soltanto è l’essenza, l’identità e l’immagine del partito che ha creato. Dopo di lui non può esserci nient’altro che assomigli al Pdl o ad una delle tante creature gettate nell’agone politico negli ultimi vent’anni. La forza e la debolezza del berlusconismo stanno nella negazione di un’alternativa al partito del Cavaliere e, dunque, ad un altro centrodestra che in qualche modo lo preveda. Berlusconi, consapevole dell’affievolimento del suo carisma punta perciò legittimamente a dividere utilizzando, se può, uno strumento come le primarie, ma tenendosi anche pronto a lanciare l’ennesima lista personale nella quale raccogliere i fedelissimi e non è detto che una tale idea sia destinata al fallimento. Al contrario, ritengo che abbia ottime chances di riuscita, mentre coloro i quali avrebbero potuto realisticamente immaginare uno spacchettamento concordato del Pdl dovranno accodarsi, sempre se accolti, o rimanere fuori.

Ma c’è qualcosa in più che Berlusconi, dopo aver studiato per sua stessa ammissione i discorsi e le performances di Beppe Grillo, si prepara a fare per raccogliere quel consenso che gli sta sfuggendo. Non è un mistero che si prepari alle elezioni imbarcandosi in una guerra all’euro e perfino vaticinando un ritorno alla lira. Pur sconsigliato dai pochi colonnelli che paventano disastri inenarrabili qualora l’ipotesi prendesse consistenza, Berlusconi sembra intenzionato ad andare avanti, come raccontano le cronache ed i retroscena giornalistici di questi giorni. Sembra che abbia mollato gli ormeggi e non voglia sentire ragioni perché convinto che questo discutibile asset propagandistico è il solo che gli garantirebbe un’agibilità elettorale nella competizione politica che vede avvicinarsi a grandi passi. Non è escluso, infatti, che si vada alle elezioni ad ottobre. E, guarda caso, proprio nel Pdl sono più numerosi i sostenitori di questa scelta.

Ci si domanderà che cosa ha da guadagnare un partito che nell’ultimo sondaggio Swg viene accreditato del 15% dalla fine prematura della legislatura. Un bel niente in termini politici, ma la nomenklatura si blinderebbe e si salverebbe, grazie alla vigente legge elettorale, prendendosi il merito di aver staccato la spina a Monti prima del tempo. Qualcuno infatti pensa, forse non impropriamente, di rifarsi una verginità approfittando, per esempio, della mozione di sfiducia alla Fornero predisposta dall’Italia dei valori e dalla Lega per votarle contro. Ma non immagina che le conseguenze potrebbero essere diverse: i cosiddetti rappresentanti dei moderati che fanno cadere un governo, da loro stessi sostenuto, regalando la vittoria alla sinistra che, al contrario, potrà sventolare la più redditizia bandiera della responsabilità e del sacrificio a cui si sarebbe sottoposta nel novembre scorso, quando aveva l’Italia in pugno, accettando il governo dei tecnici anteponendo le ragioni dell’interesse nazionale a quelle di parte.

Insomma, grande è la confusione sotto i cieli della politica, incommensurabile il casino nel Pdl, ma una certezza si fa strada e probabilmente si concretizzerà prima di quanto sia lecito ritenere: Berlusconi, per via diretta o indiretta, non ci sta a lasciare il gioco agli altri, nel suo stesso partito intendo. Ed è fermamente intenzionato a continuare a dare le carte utilizzando da consumato politico tutte le occasioni che i dilettanti di destra e di sinistra gli offrono. Prepariamoci, dunque, ad un ritorno in grande stile. Ottobre è vicino e l’estate sarà bollentissima.

 

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