Pdl oltre Berlusconi e Polverini: Renzi di destra cercasi

di Gennaro Malgieri
Pubblicato il 22 Settembre 2012 - 10:44 OLTRE 6 MESI FA

Un partito ha molte strade per il suicidio. Il Pdl ha scelto la peggiore: ricoprirsi di ignominia non soltanto per responsabilità di volgari lestofanti che lo hanno rappresentato nelle istituzioni, ma per averli scelti nel mazzo tra i peggiori a disposizione, annichilendo le tante persone perbene – esponenti, militanti e semplici elettori – che in quel partito, consapevolmente, si erano riconosciute.

Provenienti da storie politiche e ambiti culturali tra i più vari, coloro che pure avevano assistito non senza perplessità alla “fusione a freddo” tra Forza Italia ed Alleanza nazionale, avevano accolto di buon grado l’opportunità che il sistema bipolare gli schiudeva: la costruzione di un soggetto liberal-conservatore che civilmente poteva competere con un altro progressista. Adesso hanno sotto gli occhi un fallimento dalle proporzioni inimmaginabili.

Travolto da scaldali e da vere e proprie guerre per bande, il Pdl non riesce a rialzare la testa. Dovrebbe riprendere l’iniziativa, ma è frastornato dagli avvenimenti che si abbattono sul suo corpo già martoriato. A Berlusconi non resta altro che prendere atto della fine precoce della sua creatura, nata in laboratorio e mai emancipatasi da un parto che nessuno salutò con vero entusiasmo. Lui, il leader affaticato e indeciso a tutto, ne è talmente consapevole che cerca di inventarsi le acrobazie politiche più incredibili, come un accordo con Luca Cordero di Montezemolo al fine di spiazzare Casini ed indurlo a tornare nell’alveo del centrodestra. Non ha capito, o forse non vuole accettare, la banale realtà che il Pdl è solo e le fortune del centrodestra, semmai ne avrà in un futuro non certo prossimo, passano attraverso la destrutturazione pilotata del partito e la costruzione di un nuovo soggetto composito e federato.

Non si è infranto un sogno: è semplicemente svanita la gloria televisiva costruita da maldestri sceneggiatori che immaginavano la nascita, l’ascesa e l’affermazione di un partito prescindendo dalle idee, dalle culture su cui si sarebbe dovuto reggere, dalle passioni che avrebbe dovuto suscitare.

E’ finita a carnevalata con pubblicazione delle foto della presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, ad una festa (chiamiamola così) in costume, organizzata da un consigliere regionale. Una festa “sobria” come può esserlo il Carnevale di Rio, nella quale l’incredula (vogliamo credere) ospite venne accolta da una folta schiera di sgradevoli personaggi mascherati da maiali e da poco seducenti signorine scosciate, vestali di un regime agonizzante, quello dell’edonismo straccione. La foto segnala non soltanto il cattivo gusto “cafonal” di una certa Roma “godona”, ma la sempiterna arroganza che il potere mostra quando non ha più niente da dire e si appaga di se stesso, illudendosi di perpetuarsi lungo facezie d’ogni tipo tra le quali le ruberie selvatiche e naif, la frequentazione di locali ritenuti tanto più modaioli quanto più sono corrivi e chiassosi, l’ingordigia per ogni prelibatezza vietata ai comuni mortali purché costosissima e a sbafo.

Il “caso Lazio” è il sigillo posto su una sconfitta nella quale si mescolano il primato monarchico, le pretese oligarchiche nella costruzione in vitro di classi dirigenti, l’assenza di un progetto culturalmente solido da diventare politicamente credibile e spendibile.

Sono tre elementi che hanno fatto naufragare il Pdl subito dopo la sua costituzione nel marzo 2009. Tre anni di tormenti segnati da una continua guerra intestina che non ha trovato un’accettabile composizione neppure all’ombra del carisma di Berlusconi, peraltro sempre più distante dal partito salvo riprenderlo quando avrebbe dovuto mollarlo definitivamente e tutti credevano che così andasse a finire dopo l’invenzione di Angelino Alfano segretario e leader acclamato dal composito centrodestra.

Era evidente perfino a chi si voltava dall’altra parte che le suddette bande miravano soltanto a gestire quel che c’era in tavola, sistemando intorno ad essa uomini e donne quali voraci commensali di null’altro preoccupati se non di accaparrarsi tutte le portate. E’ finita che la mensa si è fatta sempre più stretta per l’accorrente platea e sono cominciati i litigi fino al punto che nessuno è stato più in grado di governare il trogolo nel quale sono affondate le speranze di resuscitare un partito provato dalla non riuscita fusione che più gelida non la si sarebbe potuta immaginare.

Qualcuno ha provato a dire che i partiti senz’anima hanno vita breve, ma non è stato ascoltato. Anzi, ha fatto la parte del rompicoglione che nella gerarchia di un movimento come il Pdl è nobile fino a quando non pone domande imbarazzanti, diventa insopportabile se vuole dire la sua e magari fare qualche proposta. Si procede, allora, ignorandolo. E poco importa che sia parlamentare, consigliere regionale, provinciale, comunale o semplice militante. Del resto alla corte non viene ammesso e, dunque, non conta nulla per definizione.

Di questo stato delle cose sono perfettamente consapevoli tutti i parlamentari del Pdl che aspettano soltanto l’approvazione della nuova legge elettorale per togliersi di dosso l’ansia che li opprime. La maggior parte sa che l’avventura romana è finita; gli altri già guerreggiano sui posti in lista e le correnti promettono di darsi battaglia fino all’ultimo minuto utile. Non sanno che anche se dovesse andare oltre il 20%, come si enfatizza a Palazzo Grazioli, il Pdl sarà comunque irrilevante: con il 38% dei voti conquistati quattro anni e mezzo fa non è stato in grado di compiere quel salto qualitativo che ci si attendeva, adesso vuole accontentasi di vivacchiare all’ombra di Monti attendendo la consumazione definitiva?

Ci sarà pure nel centrodestra un Renzi capace di rianimare un mondo politico devastato. Non è credibile che dopo Berlusconi debba esserci il nulla. Soprattutto, non è accettabile.