Il Partito democratico ed il Popolo della libertà hanno intenzione di condannarsi all’impoliticità. Non posso credere che non abbiano compreso quale sia la posta in gioco. Ed allora la risposta alle titubanze, ai dubbi, alle paure che manifestano è tutta nel politicismo che non ritengono di dover abbandonare neppure di fronte ad una crisi drammatica che potrebbe travolgere il Paese e, dunque, anche le loro piccole ambizioni imprigionate dietro le sbarre dell’ambiguità.
Hanno un bel dire i due partiti maggiori che sono disponibili ad appoggiare il tentativo di Mario Monti per poi avanzare tutta una serie di condizioni, di divieti, di interdizioni che rendono se non impossibile, quantomeno difficile il varo del nuovo governo.
Che senso ha negare l’impegno diretto dei partiti nell’esecutivo quando si sa bene che esso è la garanzia migliore per far sì che l’operazione riesca ed insieme che la politica ritorni protagonista? Temono di inquinarsi Pd e Pdl e, dunque, di perdere la faccia? Ma non capiscono che la faccia davanti agli elettori, i quali se ne fottono altamente delle alchimie partitocratiche, la perderanno definitivamente se con i loro giochetti manderanno per aria l’esperimento che si sta cercando d mettere in piedi?
E cos’altro vuol dire il diktat dei pidiellini, in stato altamente confusionale, sul bizzarro “governo a termine” e sul programma che non può discostarsi da quei punti concordati da Berlusconi con la Bce? Niente, non vuol dire niente. Sono pretesti per rovesciare il tavolo, andare alle elezioni, dimostrare una forza che non hanno e rassegnarsi infine ad una la stagione all’opposizione quando potrebbero cogliere l’occasione, non soltanto per fare politica, ma anche per mettere mano finalmente alla costruzione di un partito degno d questo nome. Il realismo latita paurosamente, insomma.
È singolare, infatti, come nomenclature che pure dovrebbero essere accorte e guardinghe, vista l’esperienza maturata nelle stanze del potere, non si rendano conto che l’opinione pubblica non le sopporta più e le sopporterà ancora di meno se non si proverà ad arginare la valanga che ci sta sommergendo e con noi, beninteso, tutta l’Europa. Non è detto che Monti metterà a posto le cose una volta per tutte : possono cullarsi nell’illusione soltanto gli imbecilli. Ma è certo che se si affrontassero le elezioni oggi o fra tre mesi, certamente l’Italia andrebbe a fondo. Ed il signor spread s’insedierebbe a Palazzo Chigi. Poi lo spiegassero agli italiani, i signori della democrazia tradita, perché il primato della politica è andato a farsi benedire definitivamente.
Allora il Pd ed il Pdl, che non avrebbero niente da perdere se intendessero davvero la “tregua” come momento necessario di ricomposizione nazionale, dovrebbero mettersi l’anima in pace e dare a Monti un pieno appoggio, ministeriale, parlamentare, culturale.
Già, quest’ultimo aspetto non mi sembra sia stato affrontato, eppure è essenziale. Se, infatti, non cambia il clima, quantomeno nella sfera della politica e della comunicazione, nulla di positivo verrà fuori in quanto la perpetuazione delle diffidenze e delle tendenze a demonizzarsi vicendevolmente pregiudica qualsivoglia tipo di rapporto si voglia intessere nell’ambito delle larghe intese. Di questo dovrebbero convincersi i giacobini di tutti colori poiché dalle loro idiosincrasie discenderanno conseguenze per il Paese che essi stessi non possono esimersi dal prevedere e, quindi, dal sottovalutare.
Pd e Pdl, insieme, rappresentano numericamente ben più della metà dell’elettorato. È perciò ad essi che si chiedono i sacrifici maggiori in termini politici. Per quanto possa apparire innaturale, è così. Alternative non ce ne sono. E nel programma che Monti illustrerà al Parlamento non ci sarà scritto che gli avversari irriducibili di una lunga stagione debbono diventare “amici”. per decreto. Chiederà molto meno affinché il Paese abbia qualcosa in più. Una speranza, quantomeno.