Coronavirus, la paura di Macron. La Francia si chiede: e dopo?

Coronavirus, la paura di Emmanuel Macron. La Francia si chiede: e dopo?
Coronavirus, la paura di Macron. La Francia si chiede: e dopo? (nella foto, il tweet di Macron)

PARIGI – Ci sono voluti quattro giorni a Emmanuel Macron per capire che i francesi non sarebbero stati capaci di combattere il Covid-19 spontaneamente. 

Giovedì, il presidente aveva annunciato la chiusura delle scuole, chiesto di rispettare le norme di sicurezza.

Risultato: venerdì sera e sabato, bar e ristoranti erano pieni zeppi. 

Secondo avvertimento: sabato sera, il primo ministro ha deciso la chiusura di tutte le attività commerciali “non essenziali”. 

Il risultato di domenica ? Parchi, giardini, rive dei laghi e dei fiumi affollati come se niente fosse. 

E Macron ha capito che solo la soluzione italiana, con il confinamento di tutta la popolazione, può arginare la progressione del virus, che fa paura soprattutto in tre zone (Alsazia, Nord, Ile-de-France). 

Le misure sono molto simili alle nostre, le reazioni iniziali pure : corsa ai supermercati, fuga dalle grandi città che servirà solo a diffondere il virus.

Non è una consolazione, ma i francesi non sono molto diversi dagli italiani. Recalcitrano all’idea di chiudersi in casa e c’è sempre chi si crede più furbo degli altri. 

Stavolta, almeno una parte della popolazione sembra molto più preoccupata e più attenta a rispettare le regole igieniche e di comportamento. 

Il capo dello Stato ha cercato di convincere gli altri martellando il tema della guerra, sia pur contro un nemico invisibile. 

Ed ha approfittato del suo discorso per annunciare il rinvio del secondo turno delle comunali (il cui primo turno si è svolto, ha detto, perché i leader politici di opposizione lo volevano) e la sospensione di tutti i dibattiti parlamentari sulle riforme, compresa quella pensionistica. 

Lunedì sera, Macron era molto più teso di quattro giorni prima. 

Di fronte a una crisi planetaria inedita, il presidente cerca di giocare su tutti i registri, dalla persuasione alla repressione, dal tono suadente a quello marziale. 

Sa di avere a sua disposizione una struttura statale efficace e un sistema sanitario eccellente. Ma vede anche quel che succede in Italia e in Spagna, sa che molti ospedali sono già al limite delle loro capacità, non si fa più illusioni sul senso di responsabilità dei suoi cittadini.

Le ricette per affrontare la crisi sono ormai le stesse in tutti i paesi più colpiti. Quelle sanitarie, ovviamente, e quelle economiche. 

Tutti i governi, quello francese forse ancor più di altri, mettono sul tavolo decine di miliardi per salvare aziende, lavoratori dipendenti e autonomi, nella speranza che con la scomparsa del virus il rimbalzo sia possente. 

Ma tutti navighiamo a vista, senza certezze su come e quando potremo di nuovo uscire liberamente. 

In fondo, quello che ci preoccupa non è tanto la clausura, quanto il non sapere quel che ci aspetterà quando sarà finita.

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