Francia, Marine Le Pen rischia di essere il primo partito: ondata populista investe l’Occidente

di Giampiero Martinotti
Pubblicato il 22 Maggio 2019 - 07:07 OLTRE 6 MESI FA
Marine Le Pen primo partito in Francia? L'ondata populista avanza

Francia, Marine Le Pen rischia di essere il primo partito: ondata populista investe l’Occidente

PARIGI – Domenica sera, il Rassemblement National di Marine Le Pen rischia di essere il primo partito francese, come cinque anni fa. Allora, il suo successo fu il sintomo dell’ondata populista che stava per investire tutto l’Occidente: dalla Brexit al trionfo di Donald Trump, dalla presenza della stessa Le Pen al ballottaggio delle presidenziali francesi all’improbabile duopolio nostrano Salvini-Di Maio.

Umiliata nel duello del 2017 con Emmanuel Macron, la leader dell’estrema destra non ha mai smesso, negli ultimi mesi, di sognare e di propagandare il suo obiettivo: prendersi la rivincita, relegare il partito del presidente al secondo posto, recuperare l’aura di capo del primo partito francese. Ce la può fare: nelle ultime due settimane, tutti i sondaggi danno il Rassemblement National davanti al partito macroniano, La Republique en Marche. Di poco, forse un punto o poco meno. Ma quanto basta dal punto di vista simbolico.

Cosciente del pericolo, preoccupato per una campagna elettorale in cui il suo partito ha dimostrato di non avere leader di rilievo, Macron è sceso in campo personalmente. Lo ha fatto sapendo quanto sia difficile, nella sua posizione, esporsi troppo. Dopo la crisi dei gilet gialli e la drammatica caduta della sua popolarità, il capo dello Stato sa che il suo impegno è a doppio taglio. Può mobilitare i suoi, ma anche ridare forza ai suoi oppositori. In un’intervista alla stampa regionale ha detto che « tutte le altre liste hanno fatto delle europee un referendum contro il presidente della Repubblica e il governo ». Cerca insomma di mettersi nella posizione di chi non ha cercato lo scontro, a differenza di quel che fece Matteo Renzi. Le cose, tuttavia, non stanno esattamente così.

Dopo l’estate, infatti, Macron aveva in testa un’idea molto precisa: fare delle europee lo scontro tra progressisti e sovranisti. In pratica, ripetere lo schema del 2017, Macron contro Le Pen, gli altri fare i comprimari. L’incredibile contestazione dei Gilet gialli ha rimescolato le carte, costretto il presidente a cambiare parzialmente la sua strategia politico-economica e a relegare sullo sfondo i suoi piani elettorali. Lo scontro Macron-Le Pen oscura tutti gli altri partiti, ma la politica interna domina il dibattito. E se il suo partito arriverà secondo, sia pur di poco, Macron sarà indebolito. Avrà difficoltà a continuare la sua politica di riforme e non potrà più presentarsi nella Ue come l’uomo del “Rinascimento europeo”.

Il voto francese avrà una doppia valenza. A differenza di quel che avverrà in Germania, Spagna e Italia, la scelta degli elettori non sarà dettata solo dalla politica interna : la frattura tra europeisti e sovranisti è alla base del confronto Macron-Le Pen, si sovrappone perfettamente al loro duello squisitamente francese. Altrove, sarà diverso : tedeschi e spagnoli sosterranno maggioritariamente i partiti europeisti, al di là delle lotte intestine ; gli italiani, storditi dal Circo Barnum della nostra politica, sceglieranno senza minimamente pensare all’Europa.

Non si può tuttavia negare che i due protagonisti transalpini pensino anche al loro futuro, cioè al 2022, data delle prossime presidenziali. Macron, come già nella fortunata campagna del 2017, vuol dimostrare che l’unica sua rivale è Marine Le Pen. In fondo, non fa altro che seguire la tattica di André Malraux, fedelissimo del generale de Gaulle e suo ministro della Cultura per undici anni di fila. Il quale aveva trovato una formula vincente per spiegare e perpetuare il potere della destra: “Fra noi gollisti e i comunisti non c’è nulla”.

E in effetti, prima con de Gaulle, poi con Pompidou e il liberale Giscard d’Estaing, la destra è rimasta al potere per ventitré anni. Macron, pur senza dirlo esplicitamente, segue la stessa strada, tenta continuamente di dimostrare che tra lui e la Le Pen non c’è niente e garantirsi così il ruolo di bastione democratico contro l’estrema destra. Per il momento, ha buon gioco: la destra moderata non sembra in grado di superare il 14-15 per cento, la sinistra è divisa tra almeno cinque liste, di cui forse nessuna raggiungerà il 10 per cento. Ma il gioco di Macron è pericoloso : la crisi dei Gilet gialli, anche se superata abbastanza bene, ha dimostrato quanto sia forte la tentazione dei francesi di tagliare simbolicamente la testa del monarca repubblicano.