Gauche allo sbando, crisi della sinistra europea-italiana: pensano alle tasse, le classi popolari votano a destra

di Giampiero Martinotti
Pubblicato il 23 Maggio 2021 - 06:57 OLTRE 6 MESI FA
Gauche in crisi come la sinistra in

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La gauche è la grande malata della sinistra europea. A cinquant’anni dalla rifondazione del Partito socialista e a quaranta dall’arrivo di François Mitterrand all’Eliseo, lo schieramento progressista è frantumato. Senza bussola e senza una personalità in grado di fissare una linea e dare una speranza.

A undici mesi dalle presidenziali i sondaggi non possono fornire un quadro di quel che accadrà. Ciò non toglie che siano impietosi. Oggi, la sinistra è sotto il 30 per cento. Nel 2012, François Hollande ebbe al primo turno il 28,63 %, la sinistra nel suo insieme il 43,75 %. Un anno prima di quell’elezione, che vide la vittoria di Hollande, i sondaggi davano la gauche al 40 per cento o poco più.

   In nove anni sono cambiate molte cose. Emmanuel Macron ha rivoluzionato il panorama politico, messo alle corde la destra democratica e disgregato la gauche.

Ha avuto una buona dose di fortuna e non è detto che nell’aprile 2022 sia in grado di ripetere quell’impresa. Ma lo stato attuale dei socialisti e degli altri partiti e partitini è frutto di una storia cominciata quarant’anni fa.

   Nel 1983, due anni dopo il suo arrivo al potere, Mitterrand decise di voltare le spalle al sogno di una società diversa. Scelse l’Europa e una politica di rigore. Si fece insomma socialdemocratico e riformista. Purtroppo, continuò a dire di non aver cambiato strada e si guardò bene dall’avviare una revisione ideologica.

Gauche in crisi, classi popolari a destra

Al tempo stesso, riuscì a dissanguare il Partito comunista francese, ancora filo-sovietico e dogmatico. Un’impresa, quest’ultima, a doppio taglio. La sinistra si modernizzò, almeno nella pratica. Ma le classi popolari che votavano il Pcf cominciarono proprio alla metà degli anni ‘80 a ingrossare l’elettorato del Fronte nazionale di Jean-Marie Le Pen.

   Molti anni dopo, tra il 1997 e il 2002, con il governo del socialista Lionel Jospin si assite alla stessa sceneggiatura. L’ala più radicale dello schieramento progressista viene accontentata con la legge sulle 35 ore, per il resto si segue una politica riformista.

Anche in questo caso, nessuna revisione ideologica, anzi un discorso sui principî spesso in contraddizione con la pratica. E nel mondo riottoso della sinistra, in parte ancora prigioniero di utopie tardo-sessantottine, Jospin viene accusato di essere troppo moderato. Risultato: alle presidenziali del 2002, il premier socialista viene eliminato al primo turno e Le Pen padre arriva al secondo contro Jacques Chirac.

Hollande ripiego per la gauche

   François Hollande, eletto presidente nel 2012, seguirà la stessa strada. In campagna elettorale tuona contro la finanza e sterza a sinistra, poi attua una politica riformista. Certo, Hollande non ha mai avuto un grande carisma (fu scelto dopo il catastrofico suicidio politico di Dominique Strauss-Kahn, accusato di stupro da una cameriera del Sofitel di New York). Ma non è stato un cattivo presidente. Tuttavia, per una parte dei suoi non era abbastanza a sinistra.

E i risultati si sono visti. Hollande non si ricandida e il Ps sceglie con le primarie il leader della sinistra interna, Benoît Hamon, che riesce a raggranellare appena il 6,36 % dei suffragi, malgrado l’appoggio degli ecologisti.

   Oggi, la situazione della sinistra è proprio questa. I socialisti valgono il 6-7 per cento e perfino il sindaco della capitale, Anne Hidalgo, non pesa molto di più nei sondaggi. Gli ecologisti valgono il 7-8 %, ma i litigi tra l’ala radicale (maggioritaria) e quella riformista li rendono poco credibili.

La gauche intransigente al 10%

Infine, la sinistra più intransigente di Jean-Luc Melanchon resta sopra il 10 per cento, ma non può pretendere la leadership. E in questo quadro già affollato bisogna aggiungere quel che rimane dei comunisti e dei trotzkisti, coi loro piccoli candidati.

   Manca un leader, manca una linea politica. E in assenza di una revisione ideologica e di una vera adesione al riformismo, una parte dell’elettorato di sinistra continua a vagheggiare improbabili utopie.

Lo stesso discorso vale per i Verdi, ancora ben lontani dal realismo dei loro compagni tedeschi, che non a caso possono addirittura sperare nella cancelleria.

Come dappertutto in Europa, le classi popolari sono da tempo fuggite a destra, la corsa a inseguire le minoranze non basta per costruire un programma, al massimo serve a sedurre i cittadini dei centri città.

Qual è oggi la funzione della sinistra? Dov’è la sua proposta per una società con meno disuguaglianze e uno sviluppo meno caotico e più rispettoso dell’ambiente ? Mistero. Al massimo, si sente parlare di introdurre nuove tasse.

E’ il dramma di buona parte della sinistra continentale, in primis quella italiana, ma la situazione francese è particolarmente sconfortante. Undici mesi sono al contempo pochi e molti, a patto di trovare persone carismatiche e idee solide.