La Francia elegge il presidente della Repubblica, Macron sembra saldo in sella, pandemia e Ucraina lo aiutano

La Francia elegge il 10 aprile il nuvo presidente della Repubblica, che probabilmente sarà sempre Emmanuel Macron: sembra saldo in sella, pandemia e Ucraina lo hanno aiutato

di Giampiero Martinotti
Pubblicato il 27 Marzo 2022 - 12:18 OLTRE 6 MESI FA
La Francia elegge il presidente della Repubblica, Macron sembra saldo in sella, pandemia e Ucraina lo aiutano

La Francia elegge il presidente della Repubblica, Macron sembra saldo in sella, pandemia e Ucraina lo aiutano

La Francia elegge il presidente della Repubblica il 10 aprile (eventuale ballottaggio il 24). La sera del 10 aprile, la prima rete televisiva francese, Tf1, chiuderà la serata elettorale alle 21h20 per mandare in onda un film. Una decisione più che simbolica.

A due settimane dal primo turno delle elezioni presidenziali, il più importante appuntamento politico-istituzionale in Francia, la campagna elettorale annaspa nel vuoto. Prima la pandemia, poi la guerra in Ucraina l’hanno anestetizzata. Le passioni politiche, ravvivate in autunno dall’emergere di una nuova estrema destra più radicale, incarnata dal giornalista Eric Zemmour, si sono volatilizzate.

I programmi elettorali dei candidati sembrano vecchie scartoffie, i dibattiti televisivi suscitano solo noia, i giochi sembrano fatti. Secondo tutti i sondaggi, ci si avvia verso una riedizione delle presidenziali 2017 : Emmanuel Macron è dato largamente in testa al primo turno davanti a Marine Le Pen e vincitore senza troppi problemi al ballottaggio.

Tutto può ancora succedere, l’astensione si annuncia alta e potrebbe influenzare i rapporti di forza. Ma oggi, pur con tutte le precauzioni, sembra proprio che il presidente uscente possa conquistare un secondo mandato. Forte della sua esperienza di cinque anni all’Eliseo, segnati da crisi a ripetizione (gilet gialli, pandemia, Ucraina), Macron offre al Paese l’immagine più tradizionale del presidente : quella del protettore, dell’uomo che tiene il timone nella tempesta.

Tra i suoi avversari, troppo numerosi e destinati a farsi concorrenza l’uno con l’altro, nessuno ha la statura per occupare la più alta carica dello Stato.
Cinque anni fa, Macron era riuscito a farsi eleggere in Francia grazie a una serie di fortunate coincidenze e a
un programma che poteva sembrare velleitario. Mandare in frantumi la classica contrapposizione
fra destra e sinistra, particolarmente radicata in Francia a causa di un sistema istituzionale
piramidale, E di uno scrutinio elettorale a doppio turno, che lascia poco spazio ai compromessi.

In cinque anni, i due partiti su cui si articolava la politica transalpina, quello socialista e quello
repubblicano, cioè la sinistra di governo e la destra moderata, sono moribondi. Se i sondaggi
vedono giusto, la candidata socialista, la sindaca di Parigi Anne Hidalgo, non raccoglierà più del 2-
3 per cento. Quella dei repubblicani, Valérie Pécresse, arriverà solo quinta con il 9-10 per cento.

In sostanza, Macron è riuscito a imporre una nuova configurazione politica. Da un lato, gli
europeisti, cioè i moderati di centrodestra e centrosinistra aperti al mondo. Dall’altro, i nazionalisti,
divisi tra estrema destra e sinistra radicale. Senza contare che questi ultimi, in passato, sono stati
teneri con la Russia di Putin.

Anche se non è riuscito a creare un grande partito, il presidente uscente ha imposto la sua logica politica. Pandemia e guerra lo hanno certamente aiutato, evitandogli un vero dibattito sul suo quinquennio e offrendogli l’occasione di dimostrare le sue capacità. I francesi non lo considerano un fuoriclasse e una parte del Paese non lo ama per niente, ma in maggioranza pensano che nessuno dei suoi concorrenti avrebbe saputo far meglio.

Nonostante il rischio di un voto troppo influenzato dalle circostanze storiche, le presidenziali
daranno un’idea precisa dello stato politico e psicologico del Paese. Da questo punto di vista, le
cose non sono rassicuranti.

L’estrema destra rischia infatti di ottenere un risultato clamoroso, avvicinandosi al 30 per cento. Malgrado le loro insanabili divisioni, Marine Le Pen (18-19%) e Eric Zemmour (10-11%) raccoglieranno consensi da non sottovalutare.

A sinistra, solo il radicale Jean-Luc Mélenchon dovrebbe arrivare verso il 12-13 per cento, lasciando a distanza verdi, socialisti e trotzkisti. Il paese scontento, quello che si sfoga votando i candidati che si vogliono anti-sistema, raggiunge il 40 per cento. Un dato che si ritrova nei sondaggi per il ballottaggio. Macron dovrebbe vincere contro Le Pen con il 58 per cento dei suffragi, otto punti in meno rispetto al 2017.