Macron piange al funerale di Samuel Paty, minaccia islamica, come sterilizzarla?

di Giampiero Martinotti
Pubblicato il 22 Ottobre 2020 - 11:01 OLTRE 6 MESI FA
Macron (nella foto al funerale di Samuel Paty) piange al funerale, minaccia islamica, come sterilizzarla?

Macron (nella foto al funerale di Samuel Paty) piange al funerale, minaccia islamica, come sterilizzarla?

È raro vedere nello sguardo, nella tensione e nell’emozione di un capo dello Stato lo sguardo, la tensione e l’emozione di tutto un Paese.

Non ho mai visto Emmanuel Macron sconvolto e commosso come la sera del 16 ottobre, quando si è recato a Conflans-Saint-Honorine, dove un professore di storia era stato appena sgozzato da un terrorista islamico. Lo era di nuovo durante l’omaggio nazionale a Samuel Paty, nel cortile della Sorbona. A un momento del suo breve discorso, il presidente si è passato il dorso della mano sul naso per scacciare le lacrime.

La gente che ha seguito la cerimonia di fronte al Panthéon o sulla piazza della Sorbona non era meno emozionata. Ha applaudito il feretro all’arrivo nel cortile dell’università parigina. E poi ancora dopo la Marsigliese. Un gesto inusuale. Oltralpe, l’applauso a un funerale è quasi sconosciuto. In quell’applauso e in quelle lacrime scacciate con la mano c’è tutto il dolore e lo smarrimento di un Paese. « Ma quale mondo abbiamo costruito ? », si chiedeva un’anziana signora prima della cerimonia.

   La morte atroce di Samuel Paty ha gettato la Francia in una profonda crisi d’identità. Uccidere un professore di storia per quel che ha detto durante una lezione significa infliggere una ferita profonda e inaudita a uno de principî più intoccabili della Repubblica. Quello della scuola pubblica, obbligatoria e gratuita per tutti. Senza la scuola laica, in tutti i sensi, non c’è libertà e ancor meno uguaglianza.

E a quella scuola devono avere accesso, senza nessun tipo di discriminazione, anche i ragazzini di origine musulmana, figli nipoti e bisnipoti di immigrati. Ma oggi la Francia torna ad interrogarsi sui suoi rapporti con gli immigrati. Ancor più di quel che avvenne dopo la tragica serie di attentati del 2015. E si divide. L’unione nazionale di cinque anni fa mostra la corda, soprattutto a 18 mesi dalle prossime presidenziali.

   Cosa fare, come reagire? Come parlare ai ragazzini delle scuole. Come isolare la piccola minoranza ultraviolenta che tiene in ostaggio i 5-6 milioni di musulmani che vorrebbero soltanto vivere tranquilli nel loro paese d’adozione? Per i professori, sconvolti, si tratta di interrogativi esistenziali. Soprattutto per chi lavora nelle periferie. Com’è possibile insegnare senza voler fare gli eroi e senza autocensurarsi ?

Paty non voleva certo essere un eroe. Voleva solo spiegare perché quelle caricature di Maometto avevano originato l’orrore degli attentati. E perché nel mondo occidentale la libertà di espressione non ammette eccezioni. Nemmeno per le religioni. Lo aveva fatto con rispetto, lo ha pagato con la morte. Ucciso non da un pazzo isolato, ma da un diciottenne aiutato e incitato da altri fanatici, tra cui il padre di un’allieva. I cui messaggi sono stati ripetuti e amplificati dai social network.

   Ecco tutto il dilemma della classe politica. E per definizione, di chi governa. Reprimere l’estremismo islamico senza stigmatizzare i musulmani in quanto tali. Essere fedele ai valori della Repubblica e della democrazia (« in Francia, i Lumi non si spengono mai », ha detto Macron) senza intaccarne i principî. Un’impresa delicata. In tutte le manifestazioni di questi giorni si sono visti essenzialmente donne e uomini di origini europee. I musulmani erano rari. Non vogliono esser presi per traditori della loro fede e della loro comunità. Anche se prendono le distanze dal fanatismo religioso.

   All’inizio di ottobre, Macron aveva presentato le linee di una nuova legge contro il ‘separatismo’. Cioè contro la tentazione di costruire comunità religiose estranee, se non addirittura contrapposte, alla comunità nazionale. Lo aveva fatto con equilibrio, senza ferire nessuno, nemmeno i musulmani, le cui frange radicali erano il vero obiettivo di quel discorso.

Adesso, tutto è cambiato. Occorre la repressione, la mano dura contro imam o militanti radicali che si nascondono dietro l’islamofobia per propagandare l’islamismo. E al tempo stesso bisogna evitare che il mondo musulmano si richiuda su sé stesso. E’ una sfida epocale. Dopo la contestazione dei gilet gialli e lo tsunami provocato dal Covid, Macron affronta la sua terza crisi, per molti versi la più complicata.