Giornalismo e coronavirus, toni esagerati esasperano gli italiani

di Bruno Tucci
Pubblicato il 12 Maggio 2020 - 10:47 OLTRE 6 MESI FA
Giornalismo e coronavirus in Italia, toni esagerati esasperano gli italiani

Giornalismo e coronavirus, toni esagerati esasperano gli italiani (Foto Ansa)

Giornalismo e coronavirus, dove stiamo andando?

Che fine ha fatto il giornalismo di una volta? Non parlo delle vendite dei quotidiani precipitate in pochi anni da 6 a 2 milioni di copie.

Questo è un discorso che riguarda la crisi dell’editoria. Con quanto voglio dire non c’entra nulla.

E’ il tono con cui nei giornali ci si attacca senza esclusione di colpi. Non avversari, ma nemici giurati.

Le polemiche non hanno il giusto garbo che si dovrebbe avere se si è di destra, di sinistra o di centro. Niente affatto. Le parole valicano ogni limite, cosicchè da un primo braccio di ferro ne nasce un altro e poi un altro ancora, all’infinito.

Perché mai? Per quale ragione si è arrivati a questa svolta che definirei indecente? Probabilmente perché la politica ha invaso il mondo giornalistico e il giornalismo per cui chi redige una notizia o un commento segue pedissequamente ciò che il partito a cui “è legato” gli suggerisce di scrivere.

E’ come se la platea non fosse quella dell’informazione, ma il Parlamento, luogo in cui le forze politiche si combattono per la supremazia dell’uno o dell’altro.

Questo atteggiamento è sacrosanto se avviene in un’aula di Montecitorio o di Palazzo Madama. E’ al contrario sconvolgente se la stessa violenta polemica si svolge sulle colonne dei vari giornali.

Non voglio fare “amarcord” e citare quel che avveniva in passato. Ma posso assicurare chi mi legge che dopo 60 anni di professione assistere a questo spettacolo mi deprime e mi lascia perplesso.

Si arriva addirittura a chiedere l’arresto di un avversario sostituendoci a un pubblico ministero. Tutto questo mentre la crisi non è passata: sia da un punto di vista sanitario, ma  anche economico.

Infatti, le cifre sono deprimenti. Il pil crolla di nove punti mentre aumentano di pari passo i bilanci in rosso delle aziende, piccole o grandi che siano. Il virus allenta la sua morsa, ma non è il tempo di tranquillizzarsi e di dire che il peggio è alle nostre spalle e presto si tornerà ad essere quelli di una volta.

Assolutamente no. Gli scienziati non si stancano di ripetere che non bisogna abbass are la guardia per non perdere quel che abbiamo conquistato a prezzo di durissimi sacrifici.

Certo, la situazione politica non aiuta lo stato d’animo degli italiani. Un giorno dal Palazzo arriva una informazione, il giorno dopo ne segue un’altra che smentisce in modo clamoroso la precedente. E il giornalismo va in tilt.

Prendiamo ad esempio il problema delle mascherine indispensabili in un periodo come questo. Da una parte il commissario straordinario Domenico Arcuri sostiene in tv che questa crisi è superata e che ognuno di noi le potrà acquistare al modico prezzo di 50 centesimi.

Passano poche ore e dalle farmacie si replica piccati: “Non ce ne sono e a quel prezzo è impossibile venderle, perché il governo ha dimenticato che a quella cifra va aggiunta l’Iva”. In conclusione, le mascherine non si trovano e tutti i rivenditori autorizzati dicono che ne sono sprovvisti tranne poi a trovarle a suon di euro.

Ogni notizia, qualsiasi essa sia, fa divampare la polemica. Silvia Romano viene rilasciata dopo un anno e mezzo di prigionia e le congetture si moltiplicano. E’ stato pagato il riscatto, okay. Ma a chi sono andati i soldi e quanti sono in effetti? Uno o quattro milioni?

Lo Stato è obbligato a questo enorme sacrificio solo per la leggerezza di alcuni volontari che vanno in zone pericolosissime pur sapendo di rischiare?

Diversi esponenti di spicco denunciano il problema, mentre la Chiesa con Gualtiero Bassetti, cardinale della Cei, ricorda: “Ora che è libera la sentiamo tutti una nostra figlia”.

Come, ribattono i cattolici più credenti? “Non è passata all’Islam”?

I fedeli leggono e non si raccapezzano più anche perché gli scritti che appaiono sui giornali non sono proprio acqua e fiori. Dire che il Paese vive giorni tranquilli significherebbe sostenere una tesi non vera.

“L’Italia affonda” scrive su Repubblica uno dei commentatori più autorevoli. “La fiducia nei politici è al minimo”, è il titolo di un articolo di fondo su un altro giornalone.

“Il Parlamento è al guinzaglio di re Conte” si legge in un terzo quotidiano. Allora, come si può rasserenare il povero italiano che si trova dinanzi ad un panorama del genere?

Bisogna darsi una calmata: ecco l’imperativo categorico e remare tutti nella stessa direzione: quella di una ritrovata tranquillità.