Giornata contro la violenza sulle donne, il confine fra femminismo e buon senso

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Giornata contro la violenza sulle donne, femminismo o buon senso?

Alla vigilia della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne ha fatto discutere la vicenda di una madre inglese che ha chiesto cha a scuola non venisse letta alla figlia la fiaba della Bella Addormentata perché il principe che bacia la Bella senza il suo consenso, di fatto, agisce secondo un “comportamento sessuale inappropriato”.

Si potrebbe parlare a lungo del sessismo di certi racconti più o meno antichi. Fiabe che rispecchiavano usi e costumi della loro epoca, forse non molto diversa da questa. Ma ci si può anche domandare fino a che punto ci si deve spingere in questa guerra sempre più feroce e cieca contro ogni atto dell’uomo che vada a sfiorare la donna, in senso fisico e metaforico.

Uno stupro è uno stupro, anche se la donna all’inizio dice sì. Il suo diritto di dire no fino all’ultimo non lo sto proclamando io, ma la legge italiana (e non solo). E vale per donne e uomini. La molestia è molestia, e anche se non è stupro è ugualmente lesiva nei confronti della persona che la subisce.

Asia Argento è stata lapidata sulla pubblica piazza del web e della televisione per aver confessato tardivamente di essersi sottomessa agli abusi del celebre produttore Harvey Weinstein. E ci vuole poco a dire, come ha fatto qualcuno, che un abuso simile, subito per recitare in un film a Hollywood, poco ha a che fare con altri stupri, quelli subiti magari da donne o ragazze che passeggiano per strada, che rientrano a casa dal lavoro, che escono da una discoteca. Anche se diversa, sempre di violenza si tratta, e se non lo si capisce si può immaginare se stessi in quella situazione.

Ma il punto è un altro. Fino a dove si può parlare di violenza? Leggere Cenerentola non è edificante, ma nemmeno la Bibbia in molti passi lo è. Eppure non tutti i cattolici considerano la donna nata per tenere compagnia all’uomo.

Forse siamo arrivati ad una situazione di acredine eccessiva, una lotta combattuta nell’agone virtuale in cui le parole, apparentemente, non feriscono come spade, la responsabilità non esiste, e quindi ognuno dice quel che vuole. Senza mettersi nei panni di chi quelle violenze o quegli abusi li ha subiti ma comunque non si augura la strage del sesso maschile.

Tornare al buon senso, forse non sarebbe male. Vedere violenza dove c’è violenza, al di là di come la vittima fosse vestita. Vedere molestia dove c’è molestia, anche se meno grave, magari, di uno stupro. Ma non condannare tutti i baci del mondo.

Vogliamo anche le rose, dicevano un tempo le femministe. Probabilmente adesso sarebbe tornato il tempo di riaverle, quelle rose, oltre alla giustizia, per una questione di buon senso, e non di femminismo. Anche noi donne, forse, dovremmo mettere via il veleno e capire che una favola può anche raccontare di un bacio dato da un principe ad una bella ragazza addormentata. Basta poi ricordare che nella realtà uno sconosciuto che ti bacia mentre dormi commette una violenza ed essere belle non è un requisito fondamentale. Ma soprattutto praticare tutto questo. Praticare il rispetto al di là delle parole, rispetto della donna verso l’uomo e dell’uomo verso la donna, la donna che potrebbe essere tua madre, tua moglie o tua figlia. Perché alla fine il vero femminismo equo non è altro che una questione di buon senso.

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