Pierluigi Bersani si é dimesso ed ora contro di lui vola di tutto: ironie, contumelie, persino il tradimento dei suoi beneficiati.
Sicuramente, in questa storia, non sono mancati clamorosi errori soggettivi.
Uno per tutti : Come si può passare, senza colpo ferire, dal candidato Franco Marini, gradito a Berlusconi, al candidato Romano Prodi, il più inviso al cavaliere, forse, anzi sicuramente più dello stesso Stefano Rodotà.
Quale logica ha ispirato queste mosse? Ma chi oggi lo critica, nel gruppo dirigente del Pd, dove stava? Perché non è stata reclamata a gran voce una discussione pubblica sul metodo seguito?
I 100 incappucciati che, protetti dal oro segreto, hanno affossato Romano Prodi sono l’emblema di questo Pd, ormai diventato una confederazione di tribù destinata ad andare in frantumi.
Non si tratta di un auspicio, perché solo un idiota potrebbe divertirsi ad un simile spettacolo, ma di una constatazione.
In queste ore è solo arrivato a conclusione un processo iniziato tanti anni fa e che ha sempre minato il cammino del nuovo soggetto che non è riuscito ad amalgamare culture politiche distanti e distinte e che tali sono restate.
Chi ha non ha votato Marini e chi non ha votato Prodi appartengono ormai a mondi diversi.
Nelle prossime ore si confronteranno quanti vogliono un Presidente condiviso anche con il Cavaliere e chi pensa che con Berlusconi non si possano fare intese di alcuna natura.
Chiunque prevarrà, questo Pd, almeno in queste forme, non ci sarà più.
Forse Matteo Renzi ne assumerà la guida, forse darà vita ad una sua Lista Nazionale, inevitabilmente nascerà una nuova formazione che occuperà lo spazio di un partito socialista e libertario, magari un giorno troveranno pure forme di alleanza elettorale, ma sarà difficile che possano restare nella stessa barca o Barca, in tutti i sensi.
Nel frattempo Berlusconi se la ride, anche perché, con buona pace di Beppe Grillo, sarà Lui, nell’immediato a raccogliere i frutti del suicidio non assistito voluto dal Pd.
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