FERRARA – Sono stato a Ferrara e ho partecipato al sit-in di solidarietà con Patrizia Moretti, la mamma di Federico Aldrovandi, che era stata insolentita da un piccolo sindacato di polizia, forse per aver osato continuare a reclamare verità e giustizia per la morte del figlio, sino a quando un tribunale le ha dato ragione e ha condannato 4 agenti per uso eccessivo della forza, tanto per usare un eufemismo.
Questi signori hanno pensato di andare a schiamazzare sotto le finestre del suo ufficio, hanno detto di averlo fatto “a loro insaputa”, come ormai si usa dire quando non si sa quale fesseria inventarsi.
Così dopo le marce contro i tribunali, da parte degli amici illustri di un imputato potente, ora abbiamo anche le marce corporative, quelle contro i familiari delle vittime.
Travolti dall’indignazione e persino dalle proteste di altri sindacati di polizia hanno pensato bene di chiedere loro le dimissioni del ministro dell’interno, Anna Maria Cancellieri, e per fortuna che non hanno chiesto anche il licenziamento della signora Patrizia, rea di aver lasciato l’ufficio per affrontarli “armata”, con la foto del figlio massacrato tra le mani.
Abbiamo deciso di andare a Ferrara, a piazza Savonarola, perché questo virus andava fermato ora e subito, prima che producesse altri contagi. Perché ci sono cose e valori sui quali non si può più scherzare. Perché questo Paese ha già scherzato troppo con la Costituzione e con la dignità delle persone.
Per fortuna la piazza era piena, senza bandiere di alcun tipo, animata solo da centinaia di donne e di uomini che avevano sentito quella offesa come una ferita personale, una lesione privata e collettiva.
Siamo tornati a casa più contenti perché, dentro la palude di questi giorni e di questi anni, sono restati segni di vita e di vitalità civica.
Di questi tempi non ci sembra poco!
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