Fini oppositore di Berlusconi ha una chance: la legge sulle intercettazioni

Più volte ci era capitato di scrivere, proprio su Blitz, che la rottura tra Berlusconi e Fini era ormai una rottura non componibile, perché ancor prima che politica era ormai una frattura antropologica, privata, i due non hanno in comune neanche il vocabolario. Parlano linguaggi diversi, paradossalmente il più vicino ai modi e alle forme che un tempo furono care al fascismo e al neo fascismo è ormai Berlusconi.

L’ultima riunione, le impietose immagini trasmesse dalle tv hanno evidenziato la distanza abissale che separa i due. Berlusconi incarna la figura del capo, del conduttore, del duce che non sopporta il dissenso, che ama l’acclamazione e il balcone, che non può sopportare neanche fisicamente l’idea che possa esistere, nel partito di sua proprietà, un suo pari, uno che si possa permettere di andare sotto il palco e di puntargli contro il dito.

A noi tutto questo può far sorridere, ma quel dito puntato rappresenta per Berlusconi una ferita, uno sfregio, uno sgarro che non sarà mai più sanato, una vera e propria ferita dell’anima. Nulla sarà più come prima, i destini di Berlusconi e di Fini sono ormai divaricati e la forzata coabitazione avrà comunque le settimane contate, piuttosto che sopportare una dissidenza interna Berlusconi scioglierà le camere o meglio proverà a licenziare i parlamentari, purtroppo per lui dovrà chiedere il permesso al presidente Napolitano e non sarà facile ottenerlo, come ha giustamente anticipato, in un editoriale magistrale, Eugenio Scalfari.

Non sappiamo che tempi si sia dato il presidente Fini ma vogliamo sperare che abbia messo in preventivo che da oggi in poi si intensificherà la caccia all’acquisto dei suoi parlamentari e sarà oggetto di una vera e propria campagna di linciaggio mediatico tesa a screditarlo e ad oscurarlo. Faranno di tutto per buttarlo fuori dal ring e dalla presidenza, prima o poi finirà anche lui in quella lunga lista di traditori “comunisti”, che fu inaugurata da Indro Montanelli reo, di aver osato solo pensare che il padrone potesse mai essere criticato.

Questa campagna politica e mediatica non si arresterà sino alla sconfitta completa dell’avversario, che sarà identificato con il male, come colui che non vuole bene alla Italia e la vuole paralizzare, condannarla a restare schiava della vecchia politica romana che intende imbrigliare la novità rivoluzionaria che si incarna nelle volontà del capo e del fedelissimo, per ora, Umberto Bossi.

Il presidente della Camera non ha certo bisogno dei nostri consigli, ma farà bene a stare molto attento a quanto accadrà la prossima settimana al Senato dove la maggioranza tenterà di approvare la legge berlusconisssima: quella sulle intercettazioni, già ribattezzata la madre di tutti i bavagli. Il testo uscito dalla camera dei deputati, anche per responsabilità dei finiani, è già un pessimo testo.

“In molte occasioni – ha dichiarato l’onorevole Bocchino, molto vicino al presidente della Camera – abbiamo votato in materia di giustizia e informazione leggi che non condividevamo del tutto…”, forse è giunto il momento di non farlo più. Quella legge sarà un vero spartiacque tra chi ancora crede nella divisione dei poteri, nel principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, nella costituzione repubblicana e chi invece vuole costruire una repubblica presidenziale di tipo autoritario, priva persino degli indispensabili poteri di controllo.

Il testo di legge che rischia di uscire dal Senato annulla l’azione dei giudici e tenta di spezzare le mani a quei pochi cronisti che ancora cercano di fare il proprio mestiere. Berlusconi e i suoi hanno i voti per fare i comodi loro anche nell’aula del Senato per altro presieduta da uno che non fa politica perché si limita ad obbedire ai voleri del capo, ma i pochi senatori vicini a Fini dovranno proprio condividere questa schifezza? La fedeltà al tricolore, alla Costituzione, alla legalità repubblicana, per usare espressioni care al presidente della Camera, si possono ancora conciliare con la necessità di tendere omaggio ad un sovrano che si sente ed ormai è letteralmente “sciolto dal rispetto delle leggi medesime”?

Il presidente del Consiglio, con la consueta finezza ha definito la posizione di Fini una sorta di metastasi della politica, forse è giunto il momento che quanti non abbiano intenzione di diventare sudditi o vassalli di un anziano sultano decidano almeno di affrontare la vera grande metastasi della democrazia italiana: l’irrisolto conflitto di interessi che costituisce la spaventosa arma impropria utilizzata per premiare e pagare gli amici e per manganellare e oscurare i nemici.

Adesso toccherà, e non sarà la prima volta, a Fini, se non riuscirà a reagire con rapidità e con estrema durezza anche il suo dissenso e la sua presenza politica saranno presto, molto presto annientate. Berlusconi sarà pure anziano e ansimante, ma in questo caso il tempo non lavorerà certo per il presidente della Camera. Chiunque voglia davvero bene alla democrazia e alle sue istituzioni, farà bene a promuovere e a realizzare la più ampia convergenza, prima che sia troppo tardi.

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