ROMA – Altri commenteranno il senso politico del comizio videomessaggio di Berlusconi. A noi interessano invece alcune riflessioni sul metodo e sulle forme. Per la prima volta nella storia repubblicana, una persona condannata in via definitiva ha potuto inviare ed ottenere la immediata trasmissione di un video registrato nel quale ha potuto giudicare e condannare i suoi giudici naturali. La rilevanza giornalistica dell’avvenimento ë indiscutibile, ma da oggi a quale altro cittadino potrà godere di analogo privilegio?
Come, dove e quando sarà concesso ai suoi giudici di replicare? Potranno avvalersi del videomessaggio e troveranno analoga ospitalità nelle tv, a cominciare da quelle di proprietà del loro accusatore? Le Autorità di garanzia del settore potranno e vorranno garantire la parità di trattamento?
Probabilmente non accadrà nulla, e così il principio di uguaglianza sarà stato ulteriormente colpito e sfregiato. Quello che è accaduto è la ennesima, beffarda dimostrazione che il conflitto di interessi è più forte che mai e che sarà la clava da utilizzare contro gli avversari, prima e durante la prossima campagna elettorale.
Chi pensa di poter “asfaltare” gli avversari guardi e riguardi il videomessaggio, si informi sui precedenti e prenda le contromisure prima che sia troppo tardi. In questo Parlamento, volendo, ci sarebbe persino una maggioranza in grado di approvare una legge sul conflitto di interessi, ovviamente servirebbe la volontà politica, quella che è mancata nello scorso ventennio.
Nel frattempo questo 18 settembre sarà ricordato come una sorta di “Festa nazionale del conflitto di interessi” e, forse non sarà stata neppure l’ultima.
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